La basilica di Santa Maria del Fonte dedicato al culto di Santa Maria del Fonte, che, secondo la tradizione cattolica, apparve in tale località il 26 maggio 1432, di fronte alla giovane contadina Giannetta de' Vacchi.
Il tempio monumentale sorge al centro di una vasta spianata circondata da portici simmetrici su tutti e quattro i lati, che corrono, con 200 arcate, per quasi 800 metri. Nel piazzale antistante il viale di collegamento con il centro cittadino si trova un alto obelisco in marmo con putti bronzei, opera di Rustico Soliveri, che, attraverso le sue iscrizioni, ricorda i diversi miracoli attribuiti dalla tradizione cattolica alla Madonna di Caravaggio. Poco oltre l'obelisco si trova una fontana di grosse dimensioni, la cui acqua passa sotto la chiesa, raccoglie quella del Sacro Fonte e confluisce nel piazzale posteriore, dove viene raccolta in una piscina a disposizione degli infermi per immergere le membra malate. L'esterno della chiesa è grandioso: l'edificio misura 93 metri per 33, e raggiunge un'altezza di 22 metri che, con la cupola, arriva a 64 metri. L'edificio non è rivolto verso il viale di collegamento con la città, che venne costruito in seguito, ma, come dettato dalle consuetudini liturgiche, è disposto in maniera tale che il celebrante sia rivolto verso oriente. Esternamente, l'architettura è caratterizzata dal grigio dell'intonaco e il rosso dei mattoni. È questa l'estetica acquisita dopo i restauri degli anni settanta che eliminarono non senza polemiche il "giallo di Milano" che intonacava i muri. All'interno il tempio mariano si presenta ad una sola navata, con una caratteristica pianta a croce latina, ed è caratterizzato da uno stile classico, con pilastri dai capitelli ionici.
Il tempio appare, in verità, diviso in due corpi separati: quello occidentale, più vasto, ospita quattro cappelle riccamente decorate per lato, le cantorie e l'ingresso principale; quello orientale, di dimensioni minori, consente la discesa alla cripta. Le due parti sono separate dal maestoso altare maggiore.
La decorazione del tempio è opera dei pittori caravaggini Giovanni Moriggia e Luigi Cavenaghi.Giovanni Moriggia dipinse, fra il 1845 ed il 1854, i quattro pennacchi sottostanti la cupola, che rappresentano Giuditta (la fortezza), Rut (la temperanza), Abigaille (la prudenza) ed Ester (la giustizia), oltre alla gloria della cupola stessa (l'Apoteosi di Maria), alle volte dei due bracci a lato dell'altare (La Cacciata di Adamo, La Natività di Maria, La Presentazione di Maria al tempio, Gesù fra i dottori, L'Assunzione di Maria Vergine) e ai lunettoni sull'arco interno delle due facciate (L'Annunciazione, Visita a santa Elisabetta, Lo sposalizio di Maria, La Natività di Gesù). Luigi Cavenaghi, fra il 1891 ed il 1901, della decorazione della volta dell'intero edificio., L’altare maggiore, situato al Sacro speco, e in corrispondenza della cupola centrale, si sicuramente l'elemento più ricco e fastoso tra i complessi monumentali del santuario. Si tratta di una struttura rotonda in marmo, caratterizzata da colonne alternate a statue che sorreggono un trono slanciato verso la cupola; quest'ultimo termina in una gloria di angeli che portano una corona di stelle. Il progetto originario dell'altare è dell'architetto Filippo Juvarra, che si ispirò agli studi di Michelangelo per l'altare della Confessione della basilica vaticana; il complesso fu realizzato fra il 1735 ed il 1750 dall'ingegnere milanese Carlo Giuseppe Merlo, con la collaborazione degli scultori Nava e Mellone. Il Speco, che ospita il gruppo statuario ligneo che ricostruisce la scena dell'Apparizione. L'opera, dello scultore di Ortisei Leopoldo Moroder, fu inaugurata nel 1932, in occasione dei festeggiamenti per il quinto centenario dell'Apparizione. Il cardinale Schuster, Legato Pontificio, celebrò personalmente l'incoronazione della statua, cui è possibile accedere direttamente dal braccio orientale della navata principale.
Sotto lo Speco si trova il Sacro...
Read moreIl santuario di Caravaggio, anche chiamato, Santuario di Santa Maria del Fonte, deve la sua nascita all'apparizione della Beata Vergine ad una contadina di Caravaggio di nome Giuditta di 32 anni. L'apparizione avvenne il 26 maggio 1432, mentre Giuditta stava percorrendo la via del ritorno a casa, carica dell'erba che aveva tagliato nei campi vicini alla località di Mazzolengo, luogo dell'apparizione.
Alzando lo sguardo la sua vista fu colpita da una grande Signora, stupita la contadina esclamo "Maria Vergine", nello stesso momento una signora splendente di luce apparve davanti a Giuditta e la invitò a fermarsi a ad ascoltare quanto aveva da dirle.
Giuditta era una povera contadina, maltrattata dal marito, al tempo stesso molto stimata in paese per la sua onestà e la santa condotta, per il suo stile di vita irreprensibile. La Beata Vergine, nonostante le reticenze di Giuditta, le affido un messaggio di pace per gli abitanti di Caravaggio, località sempre contesa con continui scontri e guerre, tra la repubblica Veneta e il ducato di Milano, con conseguenti immaginabili sofferenze di tutta la popolazione.
La Beata Vergine, rassicurò la povera donna dicendole che il suo messaggio sarebbe stato creduto e dimostrato dagli innumerevoli prodigi che sarebbero accuditi. In effetti da quel momento fu così, nel luogo dove apparve la Beata Vergine e dove appoggio i suoi piedi, scaturì una nuova sorgente di acqua. Per la verità la zona era ricca di sorgive, ma nessuna sorgiva era mai apparsa la dove la Beata Vergine apparve e dove poggio di suoi piedi.
In quel luogo, che inizio ad essere frequentato dai malati che si immergevano in quella sorgiva, iniziarono a verificarsi innumerevoli guarigioni puntualmente registrate dai cornisti dell'epoca.
Questa in sintesi un po' di storia che il visitatore moderno dovrebbe a mio avviso conoscere.
Oggi per raggiungere al Santuario in auto, è necessario percorrere un bellissimo viale alberato, che anticipa l'atmosfera di maestosità e sacralità del luogo. Colpisce la collocazione del Santuario, inserito in una grande area verde contornata da una maestosa ed ininterrotta lunga costruzione di portici che un tempo servivano anche come ricovero notturno dei pellegrini, sembra quasi che siano stati edificati a proteggere dal mondo esterno il Santuario e tutto il grande spazio verde intorno.
Splendido e irripetibile il Sacro Fonte, dove apparve la Madonna a Giannetta. Un luogo di transito dei pellegrini, che si sviluppa in un tunnel che attraversa in sotterranea il Santuario da parte a parte. Splendidamente decorato con mosaici, offre ai pellegrini la possibilità di sostare in preghiera proprio nel punto della apparizione, mentre prima dell'uscita è possibile raccoglie l'acqua benedetta che sgorga in quantità.
Molto interessante, curiosa ed istruttiva, anche la visita che è possibile fare al modellino del Santuario, tutto realizzato in legno da un simpatico personaggio, che è possibile incontrare, e ovviamente appassionato di modellismo. In 11 anni ininterrotti di lavoro giornaliero ha riprodotto tutto il Santuario, interno ed esterno in ogni più piccolo particolare con estrema precisione. Il suo realizzatore, merita sicuramente un elogio per la precisione, la perizia e la pazienza che ha impiegato per la sua realizzazione. Un vero esempio di dedizione ed una dote sicuramente non comune.
Per concludere una visita al Santuario di Caravaggio, procura certamente al visitatore un'occasione di profondo ristoro spirituale, ed una opportunità per conoscere opere d'arte di grande valore...
Read moreSiamo in Italia, il Paese che più di ogni altro incarna la celebrazione del corpo umano — basti pensare a Michelangelo, Caravaggio o Bernini — eppure è proprio qui che ci è capitata una curiosa lezione sul “rispetto”. Mia moglie, mio figlio ed io abbiamo deciso di visitare il santuario di Caravaggio, attratti più dal nome che dall’effettiva devozione.
Mia moglie indossava un delizioso vestito lungo, leggero e svolazzante, che lasciava scoperte le spalle. Nulla di particolarmente provocante: solo le spalle, le stesse che milioni di donne hanno mostrato sotto il sole italiano per secoli senza che le mura delle chiese crollassero per l’orrore.
Eppure, una signora di una certa età si è avvicinata, con quel sorriso tra il tenero e il rimproverante che solo le nonne italiane sanno avere, e ha chiesto se non fosse il caso di coprirsi “per rispetto”. Ah, il rispetto! Che parola magica, che parola sfuggente. Rispetto di chi? O di che cosa? Di Dio? Ma se davvero crediamo che Dio abbia creato il corpo della donna — e che corpo splendido! — come potrebbe offenderlo la vista di ciò che Egli stesso ha così meravigliosamente scolpito?
E poi, basta sollevare lo sguardo in qualsiasi chiesa per vedere uomini nudi o seminudi ovunque: Adamo e la sua intera discendenza, Davide con i suoi fianchi perfetti, e Gesù stesso, spesso ritratto con un pudico velo che a stento cela la sua nudità. I santi e i martiri, avvolti da drappi teatrali, esibiscono membra e torsioni che celebrano la carne molto più di quanto la mortifichino.
Viene da chiedersi, allora, dove risieda davvero l’offesa. Forse non è nelle spalle scoperte di mia moglie, ma negli occhi di chi guarda, negli sguardi che giudicano, che misurano e condannano. Forse il vero peccato è proprio in questa incapacità di vedere la bellezza del corpo senza rivestirla immediatamente di colpa.
Ah, la religione che trasforma la naturalezza in peccato! Io, per parte mia, continuo a riflettere su cosa significhi davvero “rispetto”. Credo sia molto di più che un foulard buttato sulle spalle per placare il disagio altrui. Rispetto è riconoscere la dignità e la libertà dell’altro, è non costringere qualcuno a nascondere ciò che è per non urtare la sensibilità di chi non sa guardare con occhi puri.
E così, mentre ci allontanavamo sotto le volte affrescate, non potei fare a meno di sorridere. Se davvero Dio ci osserva dall’alto dei cieli — o dal silenzio del suo mistero — sono certo che abbia ben altro di cui occuparsi che delle spalle nude di mia moglie. E chissà, forse riderà con noi, divertito dall’idea che il peccato possa trovarsi in un po’ di pelle, quando invece — come sempre — alloggia tutto negli occhi e nel cuore...
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