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Dolmen Sa Covaccada, Mores — Attraction in Mores

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Dolmen Sa Covaccada, Mores
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Dolmen Sa Covaccada, Mores
ItalySardiniaMoresDolmen Sa Covaccada, Mores

Basic Info

Dolmen Sa Covaccada, Mores

07013 Mores, Province of Sassari, Italy
3.6(43)
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Cultural
Outdoor
Scenic
Off the beaten path
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Ilaria CardellaIlaria Cardella
Il Dolmen Sa Covaccada, attribuito temporalmente alla Cultura di Ozieri nel Neolitico Recente (3500-2900 a.C.), si erge su un pianoro trachitico della regione del Meilogu, a circa 7 km da Mores. Il termine Dolmen - TOL/MEN – viene coniato in Francia nel XVII° secolo e significa “tavolo di pietra”. Il nome in sardo “Sa Covaccada” che viene invece conferito alla struttura megalitica di Mores (ad oggi una delle più importanti al mondo), significa “ciò che è coperto”. In Sardegna fa la sua comparsa come evoluzione delle domus de Janas e precursore delle tombe dei giganti. Fu l’archeologo e Professore Enrico Atzeni ad iniziare le indagini di scavo nel 1962. Il colosso di pietra è formato da 3 grandi lastre ortostatiche in trachite tufacea grigio-rosa molto ben squadrate, disposte in appositi incavi profondi circa 10 cm scavati in antecedenza nel suolo roccioso per consentire un miglior fissaggio e stabilità nel terreno. Un quarto lastrone di 6 mt x 3 con spessore di 65 cm, funge da copertura con le sue 18 tonnellate di peso residue che in origine, tenendo conto anche della parte mancante, sarebbero state almeno 27. La pietra posteriore che doveva chiudere il sepolcro è andata in parte persa (sono ancora visibili alcuni pezzi che giacciono per terra) mentre la lastra frontale, alta circa 2,60 mt e con parte superiore sagomata a doppio spiovente, è provvista di una piccola apertura alla base di 0,50 x 0,50 mt che fungeva da ingresso alla tomba, rivolto a S.E. All’interno, un vano di 4,18 mt x 1,14 ospitava i cadaveri dei defunti introdotti a seguito di processo di scarnificazione, fungendo così da sepoltura collettiva. Il chiusino o portello a sigillo che doveva chiudere il sepolcro, è andato perduto. Alla sinistra dell’apertura, all’interno del vano, è possibile notare una nicchia ricavata nella parete, che veniva utilizzata per deporre le offerte e il corredo funerario dei defunti. Nel 2011 si diede il via ai lavori di restauro e di messa in sicurezza del monumento con una impalcatura temporanea che lo avrebbe protetto dall’azione erosiva degli agenti atmosferici che continuamente mettono a dura prova la fragilità della roccia in trachite tufacea. Per la programmazione 2021/2023, il Ministero della Cultura ha stanziato un milione di euro per i lavori di completamento del restauro e la sistemazione dell’area, compresa la rimozione della copertura provvisoria, con l’intento di valorizzare l’area circostante con la creazione di un percorso di visita al Dolmen e al vicino Menhir e, infine, la realizzazione di adeguati pannelli esplicativi a supporto della fruizione. Si attende con fiducia di poter godere presto della sua imponenza e bellezza priva della gabbia di ferro che da anni la imprigiona.
Gabriele CristofaroGabriele Cristofaro
Uno dei dolmen più importanti dell’intero bacino del mediterraneo con circa 5000 anni di età. In altri paesi ci sarebbe più attenzione e rispetto per beni di questa entità, ma in Sardegna, ahimè, ciò non avviene. Così come molti altri luoghi di interesse storico-culturale, il dolmen è in completo stato di abbandono. 1. Il sito è reso inaccessibile da un cancello che blocca l’ingresso. A quanto mi è stato riferito da una guida in un altro sito lì vicino, il terreno è stato espropriato ma nessuno vigila sul rispetto di dell’esproprio. In più, sembrerebbe che ci sia qualcuno che facci pagare un biglietto di ingresso all’insaputa delle autorità che dovrebbero gestire il sito. 2. Di fianco ed intorno al Dolmen, le mucche di proprietà di qualche allevatore sono lasciate, come “vacche sacre”, a pascolare tranquillamente intorno al monumento e potenzialmente rappresentano una minaccia all’incolumità delle persone che vorrebbero visitare il sito. 3. Le impalcature per il restauro (concluso nel 2011) sono state abbandonate nel sito. In conclusione, sconsiglio la visita per chiunque abbia grandi aspettative. C’è un totale abbandono del monumento con cacca di mucca letteralmente ovunque. L’allenatore dovrebbe essere multato per deturpamento dell’opera. Tuttavia ci sono grandissime colpe del comune di Mores e della Soprintendenza. Loro sono i veri responsabili e dovrebbero solamente vergognarsi. Da sardo rimango esterrefatto su come ci sia cosi poca cura per la nostra storia. La Sardegna è conosciuta sopratutto per il suo mare, ma potrebbe offrire moltissimo dal punto di vista culturale. Vicino al dolmen (circa 15 min) sono presenti delle bellissime domus de janas e poco più in là il nuraghe di Santu Antine entrambi gestiti da due cooperative che hanno valorizzato i siti. Consiglio di proseguire verso questi ultimi ed evitare di perdere tempo al dolmen
Gianfranco FrauGianfranco Frau
Allora: il dolmen è qualcosa di spettacolare e favoloso! Il sito è magico e la struttura è un esempio di maestosità e di come sapevano costruire nei posti giusti queste meraviglie architettoniche del passato! Ma il resto… Ad oggi, aprile 2025, un esempio su come non si deve tutelare una bellissima struttura archeologica dal valore inestimabile.. era da tempo che volevo visitarla, ho seguito il percorso tramite il navigatore e purtroppo sono rimasto veramente deluso dallo stato in cui si trova! Non capisco come si possa pensare di proteggere con dei ponteggi arrugginiti e una tettoia tenuta da tiranti in ferro arrugginiti e tagliati..i blocchi di cemento senza senso poi.. ma bastava mettere una bella recinzione attorno giusto per evitare che il bestiame potesse arrecare danni e qualche telecamera di sicurezza giusto per controllare un po’ di più.. Peccato, un vero peccato..
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Il Dolmen Sa Covaccada, attribuito temporalmente alla Cultura di Ozieri nel Neolitico Recente (3500-2900 a.C.), si erge su un pianoro trachitico della regione del Meilogu, a circa 7 km da Mores. Il termine Dolmen - TOL/MEN – viene coniato in Francia nel XVII° secolo e significa “tavolo di pietra”. Il nome in sardo “Sa Covaccada” che viene invece conferito alla struttura megalitica di Mores (ad oggi una delle più importanti al mondo), significa “ciò che è coperto”. In Sardegna fa la sua comparsa come evoluzione delle domus de Janas e precursore delle tombe dei giganti. Fu l’archeologo e Professore Enrico Atzeni ad iniziare le indagini di scavo nel 1962. Il colosso di pietra è formato da 3 grandi lastre ortostatiche in trachite tufacea grigio-rosa molto ben squadrate, disposte in appositi incavi profondi circa 10 cm scavati in antecedenza nel suolo roccioso per consentire un miglior fissaggio e stabilità nel terreno. Un quarto lastrone di 6 mt x 3 con spessore di 65 cm, funge da copertura con le sue 18 tonnellate di peso residue che in origine, tenendo conto anche della parte mancante, sarebbero state almeno 27. La pietra posteriore che doveva chiudere il sepolcro è andata in parte persa (sono ancora visibili alcuni pezzi che giacciono per terra) mentre la lastra frontale, alta circa 2,60 mt e con parte superiore sagomata a doppio spiovente, è provvista di una piccola apertura alla base di 0,50 x 0,50 mt che fungeva da ingresso alla tomba, rivolto a S.E. All’interno, un vano di 4,18 mt x 1,14 ospitava i cadaveri dei defunti introdotti a seguito di processo di scarnificazione, fungendo così da sepoltura collettiva. Il chiusino o portello a sigillo che doveva chiudere il sepolcro, è andato perduto. Alla sinistra dell’apertura, all’interno del vano, è possibile notare una nicchia ricavata nella parete, che veniva utilizzata per deporre le offerte e il corredo funerario dei defunti. Nel 2011 si diede il via ai lavori di restauro e di messa in sicurezza del monumento con una impalcatura temporanea che lo avrebbe protetto dall’azione erosiva degli agenti atmosferici che continuamente mettono a dura prova la fragilità della roccia in trachite tufacea. Per la programmazione 2021/2023, il Ministero della Cultura ha stanziato un milione di euro per i lavori di completamento del restauro e la sistemazione dell’area, compresa la rimozione della copertura provvisoria, con l’intento di valorizzare l’area circostante con la creazione di un percorso di visita al Dolmen e al vicino Menhir e, infine, la realizzazione di adeguati pannelli esplicativi a supporto della fruizione. Si attende con fiducia di poter godere presto della sua imponenza e bellezza priva della gabbia di ferro che da anni la imprigiona.
Ilaria Cardella

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Uno dei dolmen più importanti dell’intero bacino del mediterraneo con circa 5000 anni di età. In altri paesi ci sarebbe più attenzione e rispetto per beni di questa entità, ma in Sardegna, ahimè, ciò non avviene. Così come molti altri luoghi di interesse storico-culturale, il dolmen è in completo stato di abbandono. 1. Il sito è reso inaccessibile da un cancello che blocca l’ingresso. A quanto mi è stato riferito da una guida in un altro sito lì vicino, il terreno è stato espropriato ma nessuno vigila sul rispetto di dell’esproprio. In più, sembrerebbe che ci sia qualcuno che facci pagare un biglietto di ingresso all’insaputa delle autorità che dovrebbero gestire il sito. 2. Di fianco ed intorno al Dolmen, le mucche di proprietà di qualche allevatore sono lasciate, come “vacche sacre”, a pascolare tranquillamente intorno al monumento e potenzialmente rappresentano una minaccia all’incolumità delle persone che vorrebbero visitare il sito. 3. Le impalcature per il restauro (concluso nel 2011) sono state abbandonate nel sito. In conclusione, sconsiglio la visita per chiunque abbia grandi aspettative. C’è un totale abbandono del monumento con cacca di mucca letteralmente ovunque. L’allenatore dovrebbe essere multato per deturpamento dell’opera. Tuttavia ci sono grandissime colpe del comune di Mores e della Soprintendenza. Loro sono i veri responsabili e dovrebbero solamente vergognarsi. Da sardo rimango esterrefatto su come ci sia cosi poca cura per la nostra storia. La Sardegna è conosciuta sopratutto per il suo mare, ma potrebbe offrire moltissimo dal punto di vista culturale. Vicino al dolmen (circa 15 min) sono presenti delle bellissime domus de janas e poco più in là il nuraghe di Santu Antine entrambi gestiti da due cooperative che hanno valorizzato i siti. Consiglio di proseguire verso questi ultimi ed evitare di perdere tempo al dolmen
Gabriele Cristofaro

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Il Dolmen Sa Covaccada, attribuito temporalmente alla Cultura di Ozieri nel Neolitico Recente (3500-2900 a.C.), si erge su un pianoro trachitico della regione del Meilogu, a circa 7 km da Mores. Il termine Dolmen - TOL/MEN – viene coniato in Francia nel XVII° secolo e significa “tavolo di pietra”. Il nome in sardo “Sa Covaccada” che viene invece conferito alla struttura megalitica di Mores (ad oggi una delle più importanti al mondo), significa “ciò che è coperto”. In Sardegna fa la sua comparsa come evoluzione delle domus de Janas e precursore delle tombe dei giganti. Fu l’archeologo e Professore Enrico Atzeni ad iniziare le indagini di scavo nel 1962. Il colosso di pietra è formato da 3 grandi lastre ortostatiche in trachite tufacea grigio-rosa molto ben squadrate, disposte in appositi incavi profondi circa 10 cm scavati in antecedenza nel suolo roccioso per consentire un miglior fissaggio e stabilità nel terreno. Un quarto lastrone di 6 mt x 3 con spessore di 65 cm, funge da copertura con le sue 18 tonnellate di peso residue che in origine, tenendo conto anche della parte mancante, sarebbero state almeno 27. La pietra posteriore che doveva chiudere il sepolcro è andata in parte persa (sono ancora visibili alcuni pezzi che giacciono per terra) mentre la lastra frontale, alta circa 2,60 mt e con parte superiore sagomata a doppio spiovente, è provvista di una piccola apertura alla base di 0,50 x 0,50 mt che fungeva da ingresso alla tomba, rivolto a S.E. All’interno, un vano di 4,18 mt x 1,14 ospitava i cadaveri dei defunti introdotti a seguito di processo di scarnificazione, fungendo così da sepoltura collettiva. Il chiusino o portello a sigillo che doveva chiudere il sepolcro, è andato perduto. Alla sinistra dell’apertura, all’interno del vano, è possibile notare una nicchia ricavata nella parete, che veniva utilizzata per deporre le offerte e il corredo funerario dei defunti.

Nel 2011 si diede il via ai lavori di restauro e di messa in sicurezza del monumento con una impalcatura temporanea che lo avrebbe protetto dall’azione erosiva degli agenti atmosferici che continuamente mettono a dura prova la fragilità della roccia in trachite tufacea. Per la programmazione 2021/2023, il Ministero della Cultura ha stanziato un milione di euro per i lavori di completamento del restauro e la sistemazione dell’area, compresa la rimozione della copertura provvisoria, con l’intento di valorizzare l’area circostante con la creazione di un percorso di visita al Dolmen e al vicino Menhir e, infine, la realizzazione di adeguati pannelli esplicativi a supporto della fruizione.

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Uno dei dolmen più importanti dell’intero bacino del mediterraneo con circa 5000 anni di età.

In altri paesi ci sarebbe più attenzione e rispetto per beni di questa entità, ma in Sardegna, ahimè, ciò non avviene.

Così come molti altri luoghi di interesse storico-culturale, il dolmen è in completo stato di abbandono.

Il sito è reso inaccessibile da un cancello che blocca l’ingresso. A quanto mi è stato riferito da una guida in un altro sito lì vicino, il terreno è stato espropriato ma nessuno vigila sul rispetto di dell’esproprio. In più, sembrerebbe che ci sia qualcuno che facci pagare un biglietto di ingresso all’insaputa delle autorità che dovrebbero gestire il sito.

Di fianco ed intorno al Dolmen, le mucche di proprietà di qualche allevatore sono lasciate, come “vacche sacre”, a pascolare tranquillamente intorno al monumento e potenzialmente rappresentano una minaccia all’incolumità delle persone che vorrebbero visitare il sito.

Le impalcature per il restauro (concluso nel 2011) sono state abbandonate nel sito.

In conclusione, sconsiglio la visita per chiunque abbia grandi aspettative.

C’è un totale abbandono del monumento con cacca di mucca letteralmente ovunque.

L’allenatore dovrebbe essere multato per deturpamento dell’opera. Tuttavia ci sono grandissime colpe del comune di Mores e della Soprintendenza. Loro sono i veri responsabili e dovrebbero solamente vergognarsi.

Da sardo rimango esterrefatto su come ci sia cosi poca cura per la nostra storia. La Sardegna è conosciuta sopratutto per il suo mare, ma potrebbe offrire moltissimo dal punto di vista culturale.

Vicino al dolmen (circa 15 min) sono presenti delle bellissime domus de janas e poco più in là il nuraghe di Santu Antine entrambi gestiti da due cooperative che hanno valorizzato i siti. Consiglio di proseguire verso questi ultimi ed evitare di perdere...

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Il dolmen di Sa Covaccada è un monumento archeologico situato in una zona della Sardegna nota come Meilogu, nel territorio del comune di Mores da cui dista circa sette chilometri. Sia per le notevoli dimensioni, sia perché considerato elemento importante nell'evoluzione delle architetture sepolcrali della preistoria della Sardegna, il dolmen di Sa Covaccada è considerato uno tra i più importanti al mondo. L'accesso al dolmen era garantito da un'apertura piuttosto piccola (0,50 x 0,50), ricavata nella lastra frontale, che consentiva l'accesso alla camera funeraria. Realizzato in trachite tufacea grigio-rosa ha una pianta rettangolare dalle dimensioni di m 5 x 2,20 ed è formato da tre grandi lastre più una quarta di m 6 x 3 x 0,60 del peso di circa 18 tonnellate funge da copertura. È andata perduta la parete posteriore del dolmen e la relativa copertura, che doveva raggiungere un peso di circa...

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