Sorto su un ampio pianoro ai piedi del nucleo abitativo dell'antico comune di Sant'Angelo dei Lombardi, ai confini con il territorio di Rocca San Felice, per benevolo lascito terriero di Ruggiero, signore Normanno, della vicina Monticchio, l'insediamento del Complesso Monastico della Congregazione Verginiana, dedicato al Santissimo Salvatore, con le sue vestigia sembra sfidare l'incuria del tempo e le avversità degli eventi. L' intero Complesso dell' Opera e i Casali annessi, ci ricordano che il luogo di Culto, fu la sede di una fiorente comunità religiosa di monache, fatta risalire al 1133, nata per volontà di S.Guglielmo da Vercelli, che dopo una vita di eremitaggio, qui morì nel 1142. Questa singolare oasi di pace e di meditazione, antichissima e importantissima traccia visibile del patrimonio storico-religioso- architettonico irpino, fu anche punto d'incontro e fulcro di una mirabile fusione degli influssi stilistici romanico-gotico. Le tante bellezze artistiche, rappresentate dai numerosi capolavori presenti nel sito, lo testimoniano. Tra essi, si annovera, la "Torre Febronia", opera in stile romanico, fatta edificare a difesa del Monastero, nel 1253 dall' Abbadessa pro-tempore. Il manufatto, strutturato in due livelli, fu edificato utilizzando blocchi lapidei, ricavati dal mausoleo romano del periodo augusteo, dedicato a Marco Paccio Marcello, della tribù Galleria, centurione della Legio Scitica. La Cappella di S.Luca, detta anche Chiesa Superiore, fatta costruire nel 1255, dall' Abbadessa Marina II, ove si conservano le spoglie del Santo Evangelista. Il suo interno è uno scrigno di affreschi seicenteschi, in cui sono rappresentati "momenti" della vita di S. Guglielmo e le immagini di due celebri Abbadesse che diedero prestigio alla Comunita Religiosa: Scolastica e Marina. Arricchiscono il luogo, colonne con capitelli e fogliame in rilievo e due altari, di marmo e pietra, finemente lavorati. La Cappella, nella sua struggente bellezza, è frutto dell'insieme elaborato di estasianti linee architettoniche, che si rifanno allo stile gotico-pugliese. L' ambiente è in pianta quadrata ed è diviso in due navate coperte da crociere ogivali. Infine, le rovine degli stessi resti della Chiesa Grande del Santissimo Salvatore, opera del maestro Domenico Antonio Vaccaro, illustre architetto napoletano, che la edificò tra il 1735 e il 1745. Del tempio, rimangono, lo scenario suggestivo delle colonne portanti e delle mura perimetrali, disegnate a croce greca e il pavimento di pregevole fattura. La struttura manca della copertura, composta da una grande cupola centrale, andata completamente distrutta, nel corso dei tanti eventi sismici susseguitesi nella zona. La visione di tali rovine, offre al visitatore incantato, l'illusione di trovarsi su un proscenio realistico, della storia passata del luogo, con lo sguardo che affonda nello spazio illimitato del tempo, come in un pindarico viaggio fantastico, in intima comunione con l' Immanente. Il cuore della "cittadella" medievale, era contraddistinto da due corpi conventuali, di stili sovrapposti, ben integrati. L' Atrio inferiore, fungeva da collegamento e raccordo con i vari ambienti del Monastero. Vi era una primitiva Chiesa, dedicata al Salvatore, del 1200, in stile romanico, chiamata Chiesa Inferiore, di cui oltre all'abside, ci rimane ben poco e al cui ingresso laterale si accedeva tramite una porta, in splendido stile gotico. Intorno a questo primitivo nucleo centrale, nacquero un grande monastero, casa e dimora delle suore con il rispettivo Chiostro e la "terra Santa" o "Paradiso", area cimiteriale, per le consorelle. In seguito fu edificato un piccolo monastero con chiostro, per i monaci, a cui era demandato il compito di officiare e amministrare i riti sacramentali. L' Abbazia del Goleto, per noi posteri, vuole essere testimonianza nel tempo e memoria storica, degli albori consolidati di quel tardo monachesimo italiano, che sviluppatosi durante il XII sec., nel nostro Mezzogiorno peninsulare, fu culla e fucina di progresso...
Read moreRicarica dell'Anima
Recensione di Abbazia del Goleto
Recensito 29 agosto 2022 da dispositivo mobile
Benvenuti. Così padre Salvatore Sciannamea ci accoglie ogni volta al nostro arrivo all' Abbazia di San Guglielmo al Goleto (per noi irpini, basta dire solo "al Goleto" e già sappiamo di cosa si sta parlando). La passione sua, nel raccontare del luogo, della storia e delle successioni oltre che coinvolgere, rende Padre Salvatore, attuale come non mai. Il suo navigare nel tempo e nello spazio dal 1050 o giù di li, ad oggi è un viaggio vero e proprio, tra il linguaggio di Gmaps e Wikypedia. Riesce a proporre all'ascoltatore una suggestione di immagini a colori, ricche di particolari netti e di personaggi del passato, tra re e santi e adadesse, per arrivare sino a Padre Lucio De Marino e alla seconda vita , in verità, seconda ricostruzione, del Goleto. Sono una guida ciclotristica, quindi il mio visitare questo luogo ha una frequenza elevata rispetto al turista, meno forte e assidua del praticante della comunità, ma comunque ho una esperienza ampia e navigata nel tempo, ma comunque ciò non mi toglie mai la scoperta. Ogni volta che vengo qui, si aggiunge un tassello, percepisco un particolare, che come il sole torna a uscire da dietro le nuvole, mi stupisce e arricchisce ogni volta. Il luogo è ricco di storia, ha tanto da dire nelle pietre romane della tomba di Marco Paccio Marcello, riusate negli edifici, ha tanto da dire nelle figure zoomorfe dell'ingresso o della torre Febronia, negli sforzi posti in gioco nel tempo, sovvenzionano nuovi edifici e ingrandiscono il pregio architettonico dell'abbazia stessa, come l'edificazione della cappella di San Luca e la successiva Chiesa grande del Vaccaro. Le abadesse, unicum della storia della chiesa cattolica, che si susseguono in questo "eremo" avviato da San Guglielmo da Vercelli, portano ad un splendore altissimo l'abbazia, tanto da far preoccupare i papi, fino al punto che papa Giulio II 1510 circa ne decretò la loro capitolazione, conclusasi qualche anno dopo con la morte dell'ultima abadessa. La cappella di San Luca evangelista, che ne ha ospitato le sante reliquie delle braccia, è un gioiello prezioso. Fermarsi a meditare, respirare un luogo di santità, ti fa ritornare a casa con le batterie ricaricate, mente alleggerita dai mille problemi che ognuno si porta appresso e tanta speranza. Tutto può essere recuperato, ogni cosa può essere riedificata, non esiste terremoto o persona chenpossa annientare la speranza e l'Amore del Sognore per un luogo, una comunità, così come per ognuno di noi. Nei progetti belli del bookcrossing e della biblioteca da cui attingere e leggere, continua l'opera fattiva e culturale di ritorno agli antichi splendori, facendone oltre che luogo di culto, anche luogo di cultura. Tanti sono gli avvenimenti che si susseguono nell'arco di un anno, tanti ne verranno proposti, tra questi giunge a compimento, anche l'abbattimento virtuale delle barriere architettoniche, (progetto della Start up innovitava Irpinia BikeHouse srl) così da rendere l'abbazia di San Guglielmo un luogo ancor più inclusivo, (bastano solo un visore 3D e uno smartphon) nel quale sentirsi BENVENUTI proprio come le parole di Padre Salvatore ogni volta ci accolgono.
Albino Moscariello Tour leader di Irpinia...
Read moreIl complesso della cittadella monastica, intestata al Santissimo Salvatore al Goleto, sorge intorno al 1133 per opera di Guglielmo da Vercelli. Fu Ruggero, signore normanno di Monticchiio, a donare il suolo. Per volontà del donatore, il grande fabbricato era destinato ad ospitare una comunità monastica che comprendeva monache e monaci. L'autorità suprema era rappresentata dalla Badessa, i monaci si occuparono della parte liturgica e amministrativa. Le più celebri abbadesse furono: Febronia, Marina I e II, Agnese e Scolastica. A loro si deve la costruzione della Torre Febronia, capolavoro di arte romanica, costruita con conci prelevati dalla demolizione di un mausoleo romano dedicato a Marco Paccio Marcello, la cappella di San Luca, edificata nel 1255. Questo importante edificio, a causa della peste nera, nel 1348, inizia un lento declino. Questa decadenza portò alla soppressione della comunità monastica da parte del Papa Giulio II. Furono i monaci del monastero di Montevergine, però, ad assicurare la presenza di una piccola comunità. Verso la metà del 1700, si riuscì a restaurare il complesso e a costruire una grande chiesa ad opera di Domenico Antonio Vaccaro. Per oltre 150 anni, il monastero fu abbandonato diventando luogo di spoliazione e furto di opere d'arte, pietre e portoni. Fu l'intervento, ancora una volta, di un monaco benedettino, a portare nuova vita e restauri necessari ad una odierna fruizione di questo meraviglioso complesso. Secondo me, la parte più preziosa e interessante, è la cappella di San Luca. Fu fatta costruire dalla badessa Marina II, nel 1255. Mostra, all'interno, una piccola sala a due navate coperte da crociere ogivali che poggiano su due colonne centrali e dieci mezze colonne inserite nei muri perimetrali. In fondo alle navatelle, due absidi munite di monofore. Un tempo, la cappella, era arrichita da affreschi seicenteschi. Oggi rimane qualche traccia. Bellissimi i due piccoli altari, posti all'interno delle absidi. Si notano stili diversi tra cui il gotico pugliese, e lo stile romanico della torre Febronia. Per me, visitarla, è stata una piccola caccia al tesoro...osservare le grosse pietre e trovarvi epigrafi, alti e bassi rilievi di epoca romana e non solo, inseriti in ordine sparso ovunque, mi ha divertito e portato a studiare attentamente ogni struttura. Oggi è tutto ben conservato e curato, e spero che non si ripeta più la triste storia all'italiana di questo continuo abbandono di beni culturali così preziosi per la nostra (anche) cultura personale. Attenzione...potrebbe NON esserci più un monaco disposto al...
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