Visitare l’Eremo di San Bartolomeo è stata un’esperienza che porteremo nel cuore: un luogo mistico, sospeso tra natura e spiritualità, incastonato nella roccia come un piccolo gioiello che sembra custodire segreti millenari. Il panorama che lo circonda è semplicemente mozzafiato: lo sguardo spazia su vallate selvagge, boschi rigogliosi e pareti di montagna che si alternano in un abbraccio grandioso e austero. L’eremo stesso, seppur piccolo, sprigiona un fascino incredibile: semplice, raccolto, intimo, capace di infondere silenzio e meraviglia, come se il tempo lì si fosse fermato.
Detto questo, però, bisogna raccontare la realtà del percorso per arrivarci. All’inizio, al chioschetto, ci era stato garantito che il sentiero fosse facilissimo, fattibile fino alla fine, con solo un ultimo tratto che avrebbe richiesto un po’ più di attenzione. Fidandoci di queste indicazioni — e trovandoci lì per la prima volta — ci siamo incamminati senza alcun dubbio, certi di affrontare un cammino tranquillo.
La verità è che il primo tratto è sì semplice, una strada sterrata con leggere pendenze, sia in salita che in discesa, percorribile senza grandi difficoltà. Ma da lì in avanti, l’esperienza è cambiata radicalmente: la seconda metà del percorso è stata un vero incubo. Impervia, scoscesa, con grandi gradoni di roccia di montagna da affrontare uno dopo l’altro, salite e discese ripide che richiedevano forza fisica e concentrazione costante, fino ad arrivare a punti davvero critici. In certi tratti il sentiero si restringeva pericolosamente con lo strapiombo a lato, rendendo ogni passo un esercizio di equilibrio e attenzione.
Non siamo stati i soli a pensarla così: lungo il tragitto abbiamo incrociato altre persone che condividevano le stesse difficoltà, qualcuno persino spaventato dall’imprevista pericolosità del cammino. Non era affatto la passeggiata semplice che ci era stata descritta, bensì un percorso che richiede preparazione, scarpe adeguate e soprattutto consapevolezza di quello che si sta affrontando.
Ed è qui che va posta la mia osservazione: le informazioni ricevute non corrispondevano minimamente alla realtà. Nessuno ci ha parlato della difficoltà concreta del sentiero, né della sua pericolosità nei tratti più esposti. Sarebbe bastato poco per fornire una descrizione più onesta e accurata, consentendo a ciascuno di affrontarlo con la giusta preparazione fisica e mentale.
Nonostante la fatica immensa e i momenti di vera apprensione, arrivare all’eremo è stata una ricompensa straordinaria: lo spettacolo della natura e la bellezza intima del santuario hanno ripagato ogni sforzo. Ma resta l’amaro in bocca per un dettaglio che non è da poco: quando si parla di percorsi di montagna, la precisione delle informazioni è fondamentale, e qui purtroppo è...
Read moreL'Eremo di San Bartolomeo in Legio è situato nel Parco Nazionale della Majella, tra i borghi di Abbateggio e Roccamorice. È un eremo molto suggestivo, posto sulla parete rocciosa del Vallone dello Spirito, in cui scorre il torrente Capo La Vena. L’oratorio dell’eremo è quasi interamente incastonato nella roccia. È presente inoltre un altare cinquecentesco con una nicchia contenente la statua lignea ottocentesca raffigurante il santo. Il 25 agosto a Roccamorice viene celebrato San Bartolomeo e in tale occasione gli abitanti del paese portano in processione la statua lignea del santo, dall'eremo fino alla chiesa del paese. Vicino al torrente c’è la Sorgente del Catenaccio, il cui nome deriva dalla particolare forma che ricorda il serramento in ferro di una porta. Secondo la tradizione popolare, la sua forma è dovuta al fatto che durante un’estate particolarmente torrida, un eremita scaraventò il chiavistello del portone dell’eremo in preda alla disperazione per la mancanza d’acqua. L’impatto del chiavistello impresse la sua forma nella roccia, da cui miracolosamente iniziò a scorrere un filo d’acqua purissima e fresca, che fino ad oggi non hai mai smesso di scorrere. La storia Il nucleo originario dell’eremo risale al VI secolo, a cui, nello stesso periodo fu aggiunta una cappella dedicata a San Bartolomeo, culto portato sulla Majella da eremiti trasferitisi dalla Sicilia dopo l’occupazione araba. L’eremo fu poi restaurato intorno al 1250 da Pietro da Morrone, futuro Papa Celestino V, che lo portò alle dimensioni e all'aspetto attuali. Pietro da Morrone visse lì per circa due anni, e andò via poichè costretto a lasciare l’eremo di Santo Spirito, a causa dei pellegrini, sempre più numerosi. Dal 1274 al 1276 Pietro si raccolse qui in preghiera, ma la sua crescente fama fece accorrere anche qui migliaia di fedeli, malgrado l'impervio e difficile accesso. Il futuro papa decise così di spostarsi in un luogo più remoto, l'allora impenetrabile vallata dell’Orfento, più precisamente nell’eremo di San Giovanni. Nel corso degli anni, l’eremo di San Bartolomeo fu utilizzato come dipendenza dell’Eremo di Santo Spirito a Majella, situato poco...
Read moreLuogo meraviglioso, immerso nella natura più selvaggia. Abbiamo costeggiato un dirupo. NB: appena arrivati c'era un parcheggio sulla destra a pagamento (€3) poi proseguendo a piedi abbiamo scoperto apochi metri più avanti un parcheggio libero 😏. C'era pure una casetta con un giovane, pensavo dovessi pagare un biglietto e invece no: parcheggio libero e ingresso libero. Era un punto informazioni. Però, secondo me, una maggiore vigilanza ci vorrebbe perché il percorso non è proprio semplice e dovrebbero dare informazioni dettagliate, assicurarsi dello stato di salute delle persone, assicurarsi che non soffrano di vertigini, tenere il conto di quante persone si avviano all'eremo e quante ne tornano (per esempio lasciando il documento da ritirare poi al ritorno). Il percorso, lungo poco più di un chilometro, è inizialmente sicuro e tranquillo in un boschetto, poi arriva una discesa sterrata con sassi che sporgono dal terreno e ti aiutano come fossero gradini. Poi si giunge su una stradina stretta con pendio a sinistra e dirupo a destra (per me bellissimo ma potrei comprendere chi soffre di vertigini). A metà strada ci ha beccati un diluvio per cui tutto era più scivoloso e pericoloso ecco perché mi son chiesta come mai non ci sono controlli. E se qualcuno scivola e si fa male o peggio, chi se ne accorge? Ho visto un signore con gli infradito 😱. Al nostro ritorno abbiamo trovato la casetta di legno del punto informazioni chiusa, cioè con la pioggia hanno chiuso e sono andati via. Beh, non mi è sembrato molto rasdicurante. Il comune dovrebbe mettere del personale, far pagare un biglietto minimo, trattenere i documenti delle persone che si avviano, dare indicazioni e raccomandazioni, controllare...
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