Per poter capire, "vedere" con occhi simili a quelli di Francesco Petrarca la sua casa, si deve ricordare o immaginare l'addio più struggente della nostra vita. Ricordare: se abbiamo amato la donna più bella al mondo e poi la perdemmo per sempre. Immaginare di perderla - per sempre - se la donna più bella, la più amata, è ancora accanto a noi, rendendoci pari all'uomo più fortunato al mondo.
Si, per sempre.
Soltanto dopo aver ricordato o immaginato un dolore o una gioia così grandi, allora, soltanto allora, potremo entrare in quella che fu la casa di Petrarca, facendoci accogliere dalla semplicità che si respira in quelle stanze. Si tratta di un casolare con piano terra e primo piano raggiungibile da una scala laterale esterna. Tutt'intorno, su fronte e retro, c'è un bel giardino curato con affetto. Da finestre e finestrelle si gode di paesaggi campestri colmi di verdi colli illuminati da limpida luce solare. Siete mai stati ad Arquà? Vi siete mai immersi nelle dolci colline dei Colli Euganei?, ove anche le strade son gentili, sorridono, accarezzano. E così accade a chi si muove nelle stanze di questa casa. Il paesaggio, che dalle finestre vi cattura, si trasforma, diviene intimo, s'interiorizza, anch'esso sorridendovi, facendo mutare le vostre emozioni in sentimento profondo e richiamando in voi le parole più belle della vostra vita, quando s'illuminarono come stelle nel vostro Cielo notturno più struggente. Quelle parole che, se negli anni foste stati accorti e previdenti, raccoglieste e metteste da parte in un fazzoletto - quasi fosse un salvadanaio del cuore - per poi ripiegarlo in segreto. Ecco, in quella casa, stanza dopo stanza, leggendo le didascalie che descrivono la vita terrena e letteraria di Petrarca, aprirete in silenzio quel fazzoletto e nuovamente vi lascerete toccare dalle parole che stavate per dimenticare. Forse ne aggiungerete altre. Poi, di nuovo lo piegherete, lo infilerete in tasca come una piccola Patria nascosta, e uscendo da quelle stanze, dando le spalle a quella piccola casa, nel riattraversare il giardino d'affetto curato, nell'ascoltare i vostri passi mescolarsi ai suoni dimessi della campagna, vi direte: "Me ne sto andando via ... ma vorrei restare." ... senza averne ben chiaro il motivo. È allora che vi ricorderete che Dante era certo di ritrovare la Sua Beatrice nel Cielo. Boccaccio la Sua Fiammetta. Petrarca, invece, sapeva bene che non avrebbe più rivisto la Sua Laura, perché con Petrarca la Donna Ideale muore veramente.
Per sempre.
Ebbe ragione Byron a scrivere sulla tomba di Petrarca, parlando della sua solitudine, parole così belle:
“[...] Se impariamo a vivere dalla società,/ questa solitudine ci insegnerà come morire;/ essa non ha adulatori; la vanità non può dare nessun vano aiuto;/ l'uomo è solo, deve lottare con il suo Dio:// o, forse, con demoni che compromettono/ la forza dei nostri pensieri migliori,/ e cercano le loro prede tra i cuori malinconici,/ quelli che furono di carattere lunatico fin dai loro primi giorni,/ e amano vivere nell'oscurità e nella costernazione.”
Per questo, più di tutto, in quella casa che uomini e Tempo hanno trasformato in reliquia, colpisce la citazione dello scambio epistolare fra Boccaccio e Petrarca, quando la salute di quest'ultimo, già malato da tempo, improvvisamente si aggravò. L'amico gli scrisse pregandolo di dismettere i suoi studi, per non affaticarsi ulteriormente e non mettere a rischio la vita. Francesco rispose che non gli era possibile interromperli, perché scrivere era cosa meravigliosa; perché “quando la penna si stacca dal foglio”, è consolante e dà soddisfazione rileggere le parole che si sono scritte, quelle stesse di cui fra mille anni i posteri potranno un giorno goderne.
Morì reclinando il capo sui suoi libri, sulle sue amate parole.
Perché in quelle vi era, nascosta e viva allo stesso tempo, la sua Laura, la sua e nostra Patria: nel cuore di chi sognava l'Italia libera dal giogo straniero. In silenzio, con forza e dolcezza infinite.
Parole. Per Noi.
Come un segreto nel petto. Che ancora batte...
Read moreLa villa, nonostante i rimaneggiamenti dei secoli successivi, mantiene ancora oggi gran parte delle sue originarie strutture trecentesche. La loggetta del lato frontale non esisteva al tempo del Petrarca: è un'aggiunta cinquecentesca, così come la scala esterna. Tutte opere commissionate da Paolo Valdezocco. Sempre nel XVI secolo furono affrescate le stanze con un ciclo ispirato alle opere più famose del Petrarca, il Canzoniere e l'Africa. La decorazione del salone centrale rappresenta scene ispirate a composizioni del "Canzoniere", mentre la stanza dell' Africa rievoca le imprese di Scipione l'Africano contenute nel poema epico in latino intitolato appunto “L'Africa”; la stanza da letto denominata “di Venere” prende invece il nome dalla dea qui raffigurata accanto al dio Vulcano che forgia le frecce di Cupido. In questa casa Petrarca continuò i suoi studi e vi morì nella notte tra il 18 e il 19 luglio 1374, reclinando il capo sui suoi amati libri. In questa piccola casa-museo si susseguono lo studiolo (visibile da un vetro), la libreria e, tra i rari oggetti familiari al poeta, la sua sedia e la leggendaria gatta imbalsamata. Quest'ultima, all'interno di una teca incorniciata da stucchi simbolici, è oggi incassata in una sala del primo piano ma originariamente sovrastava la porta della Sala di Venere. Tuttavia non appartenne affatto al poeta ma fu una "trovata" successiva. Nei giorni di grande affluenza si forma la coda di persone fin sulla strada. Una volta acceduti dal cancello (biglietto euro 5), si può iniziare autonomamente il percorso di visita dal piano terra o dal primo piano. Al piano terreno trova spazio una mostra fotografica che ricorda le tappe cruciali della vita di Petrarca e ripercorre gli itinerari e i soggiorni del Poeta nel Veneto. Usciti, si sale la scala esterna e, attraversata la loggetta, troviamo varie e bellissime sale affrescate che, seppure spoglie di arredi, espongono una scelta di disegni, incisioni e oggetti legati alla casa e al suo mito. All'interno della dimora sono presenti la sala delle Metamorfosi, di Cleopatra e delle Visioni. Opportuni pannelli indicano il senso della lettura delle scene raffigurate. Nelle sale si trovano alcuni bei camini. L'ultimo proprietario privato, il cardinale Pietro Silvestri, nel 1875 lasciò la casa in eredità al Comune di Padova, che ne entrò ufficialmente in possesso il 6 febbraio 1876. Il fenomeno del "petrarchismo" si diffuse all'inizio del Cinquecento grazie all'opera del cardinale ed insigne letterato Pietro Bembo, il quale indicò quali modelli di perfezione della letteratura italiana il Petrarca per la poesia ed il Boccaccio per la prosa. Fin dalla morte del poeta si capì che sarebbe diventata meta di curiosità e pellegrinaggio, e infatti molti visitatori antichi lasciarono le proprie firme e iscrizioni sui muri, sui camini, ecc. Sì pensò pertanto di allestire fin dal 1787 dei registri per consentire ai visitatori di scrivere su di essi. A oggi ammontano a trenta i volumi ("Codici di Arquà") che sono conservati nella Biblioteca Civica di Padova. Contengono, tra le altre, le firme di visitatori illustri come lord Byron, Carducci, Tommaseo, Fogazzaro, Mascagni, Guglielmo Marconi e diversi membri di Casa Savoia. Punti negativi: a) l'orario spezzato, con accumulo di persone incalcolabile, code ed entrate contingentate (man mano qualcuno esce, ne entrano altrettanti. Almeno domenica e festivi fate orario continuato (suggerimento). b) nessuna possibilità di sedersi lungo il percorso di visita (soprattutto per le persone anziane), anzi le sedie esposte sono interdette da antipatiche corde legate in modo da non fare proprio sedere nessuno. Se si tratta di mobili antichi, mettete una semplice etichetta e collocate sedie fruibili per i visitatori che possono avere necessità di riposarsi. Parcheggio a pagamento a diverse centinaia di metri e con pochi posti, rispetto all'affluenza. Alternativa: parcheggiare nella parte bassa del borgo e salire a piedi con una...
Read moreL'edificio, che risale al Duecento, mantiene ancora oggi gran parte delle sue originarie strutture trecentesche, nonostante i numerosi restauri e rimaneggiamenti e la cinquecentesca aggiunta della loggia. Sempre nel XVI secolo furono affrescate le stanze con un ciclo ispirato alle opere più famose del Petrarca, il Canzoniere e l'Africa.
Nel 1369 Francesco Petrarca (Arezzo 1304-Arquà 1374), stanco del continuo peregrinare e ormai anziano e malato, si fece riadattare una casa nel villaggio euganeo di Arquà e la elesse a rifugio degli ultimi giorni. Qui trascorse in pace gli ultimi anni di vita, circondato da nuovi e vecchi amici e dai familiari: la figlia Francesca, il genero Francescuolo, la nipotina Eletta. Qui continuò ad attendere ai suoi studi e infine morì nella notte tra il 18 e il 19 luglio 1374, reclinando il capo sui suoi amati libri.
La casa fu forse donata al Petrarca da Francesco I da Carrara, signore di Padova e amico sincero del poeta. Il Petrarca decise di restaurarla adeguandola alle sue esigenze e seguendo personalmente i lavori. Fece unire i due corpi di fabbrica preesistenti che la costituivano e adibì ad abitazione per sé e la sua famiglia il piano sopraelevato dell'edificio sito a sinistra (rispetto a chi guarda) e riservò alla servitù e ai servizi l'edificio di destra, sito più in alto, dove si trovava anche l'ingresso principale. Sul davanti c'era il giardino, sul retro il brolo: alla cura delle piante il Petrarca dedicava molta attenzione, anche se non sempre con successo. All'interno della casa il poeta fece modificare la distribuzione degli ambienti: nella parte padronale la stanza centrale divenne salone di rappresentanza e di collegamento, illuminata da una grande finestra dalla parte del giardino e chiusa da un camino dalla parte del brolo, la stanza a sinistra fu divisa in due per ricavarne uno studiolo. Furono rifatte in stile gotico le finestre, furono aggiunti due balconi e tre camini. Dopo la morte del Petrarca si succedettero diversi proprietari, ma la casa non subì sostanziali cambiamenti, nel rispetto del ricordo del poeta. Cominciava già a prendere corpo il mito della casa come luogo di memorie petrarchesche e meta di pellegrinaggio letterario e sentimentale. Alla metà del '500 l'allora proprietario Paolo Valdezocco operò alcune modifiche nella distribuzione interna dei locali, fece aggiungere la loggetta e la scalinata esterna, da quale a tutt'oggi si accede al primo piano e fece dipingere gli affreschi che ancora si possono ammirare, ispirati alle opere del Petrarca. Seguirono numerosi altri passaggi di proprietà , ma la casa mantenne sostanzialmente la sistemazione datale nel Cinquecento e si confermò la sua trasformazione in museo delle memorie del poeta. L'ultimo proprietario privato, il cardinale Pietro Silvestri, nel 1875 lasciò la casa in eredità al Comune di Padova, che ne entrò ufficialmente in possesso il 6 febbraio 1876.
La Casa del Petrarca compare all'interno dell'eBook “Musei letterari e di musicisti in Italia” (pag. 144), curato da Micaela Guarino, coordinatrice Commissione italiana ICOM “Musei letterari e di musicisti” e che potete scaricare qui a lato.
I restauri, iniziati nel 1906 e conclusisi dopo le varie fasi nel 1985, hanno eliminato dall'edificio le inutili aggiunte, senza però ripristinare l'antico ingresso. All'interno sono esposte alcune edizioni degli scritti del poeta e alcune testimonianze dell'ammirazione tributatagli nei secoli. In questa piccola casa-museo si susseguono lo studiolo, la libreria e, tra i rari oggetti familiari al poeta, la sua sedia e la leggendaria gatta...
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