L’overbooking in aeroporto è decisamente fastidioso e non sempre comprensibile. L’overbooking in ristorante è altrettanto fastidioso e non è MAI comprensibile. Dopo forse trent’anni ritorno “Alla Vedova”. Riconosco che, pur non essendo superstizioso, offrire un pranzo a mia moglie “Alla Vedova” non mi mette affatto a mio agio. Però con i suoi duecento anni di storia e una costante presenza sulla guida Michelin non posso certo farmi condizionare dal nome. Prenoto, indicando con precisione l’orario di arrivo. L’immobile è in ristrutturazione, ma l’accesso è comunque agevole e non richiede eccessivi slalom tra ponteggi e impalcature. Qualche precauzione in più deve invece essere adottata all’interno per evitare collisioni con stoviglie, portate e camerieri decisamente troppo impegnati per accorgersi del cliente in attesa all’ingresso. Finalmente qualcuno si accorge dei nuovi arrivati. Però … la prenotazione non c’è. Quasi come novella archeologa alla ricerca dell’arca perduta, la titolare, con la massima cortesia, ma non senza un evidente imbarazzo, analizza l’agenda, ne interpreta le scritturazioni non sempre di facile decifrazione, indaga su chi abbia ricevuto la telefonata … e la prenotazione finalmente appare. Su un foglietto colorato che non è stato trascritto in agenda! Peccato però che, trovata la prenotazione, il ristorante sia al completo e il posto non ci sia. Ma qualcuno è già arrivato al secondo: pochi minuti e il posto sarà senz’altro disponibile. Vengo fatto sedere nella zona bar, separata dalla zona pranzo e priva di riscaldamento, e mi viene offerto l’aperitivo con il classico grissino con prosciutto. Oggettivamente la situazione non è piacevolissima. Sulla parete di fronte c’è il trofeo di un cervo, o forse di un daino, con addobbi natalizi e lanterne appese al palco, che con il suo sguardo triste sembra dirmi “A me è andata male, ma neanche a te sta andando troppo bene …”. Passa circa mezz’ora. L’imbarazzo delle titolari è palpabile. Sinceramente mi dispiace. Me ne andrei, ma lo trovo irrispettoso per il lavoro altrui, che ritengo debba comunque sempre essere rispettato. Chiedo se c’è la possibilità di avere una stufetta, che mi viene cortesemente fornita, ottenendo il risultato che il grissino con il prosciutto, tutt’altro che disprezzabile ad onor del vero, viene aromatizzato dal bouquet del combustibile della stufa catalitica. Dopo cinquanta minuti dall’arrivo, e non senza ulteriori aggiustamenti all’assetto della sala, il posto viene trovato. Cucina. Che dire. Né il mio umore, né lo spirito sono certamente dei migliori. Indubbiamente da un ristorante/trattoria da sempre presente sulla guida Michelin mi sarei aspettato di più. La polenta morbida con funghi e scaglie di grana è depennata dal menù e sostituita con un piatto assolutamente accettabile, ma che non è quello indicato sul menù. La Rosa di Gorizia con pere, montasio e balsamico è buona. Però non è Rosa di Gorizia, ma è Rosa dell’Isonzo, che probabilmente non può essere presentata come tale perché finché il Consorzio non la valorizzerà adeguatamente nessuno la conosce. Il cabernet sauvignon al calice (il codice della strada lo impone!) ha la sua validità, ma non si può dichiarare “Le apro una bottiglia”, apertura per altro gradita, ma non richiesta, e poi mandare un cameriere che, se non proprio con un fondo di bottiglia, serve il calice quanto meno con l’ultimo quarto della bottiglia. Buoni, ma non certamente da guida Michelin, i tortelloni ripieni di ricotta e carciofi. Sicuramente da rivedere l’interazione tra i sapori negli gnocchi di zucca con ricotta affumicata. Gustosa e ben preparata la tartare di manzo e indubbiamente interessante la salsa all’erbetta rossa e kren. Anche se servita in una ciotolina talmente piccola da dare veramente l’impressione che si trattasse ...
What a magical place! I was enchanted from the moment we walked in the door and saw their collection of old copper pots and spoons and scissors, and then were hit with the smell of meat on the grill in the middle of the room. Everything about Alla Vedova is marvelous! Our server was incredibly helpful and explained all the regional specialties, which we promptly ordered. Across 18 days traveling through Italy, I don’t think I ate anything as profound as the pasticcio (a lasagna-like dish made of layers of crepe) with asparagus, sclopit (an herb), and nettles. I almost didn’t exist while I ate it. The cjarsons, another specialty of Friuli, are downright medieval and totally wonderful! Little pyramids of potato dough encase a small amount of filling, half dusted in cinnamon, half in a generous grating of ricotta salata (I think!), all of it in a pool of delicious butter. We had the chicken, which was perfect, and then, for dessert, the best tiramisu of my life! It wasn’t too sweet, it wasn’t too soggy, the texture was so elegant, and the heavy dusting of unsweetened cocoa gave it an interesting play between sweet and bitter that I loved. This place is the greatest! Old world atmosphere meets the best of local and regional with plenty of quirk! Worth going to Udine just...
Read moreTraditional family restaurant serving excellent meals from local family recipes. The offer is quite wide, from starters to desserts, not to forget the excellent wine and spirits selection. A must try when in Udine!
Also, extra reasons to book your table: the kindness of the hosts the fogolâr (local dialect word for 'Fireplace') the collection of pictures and memorabilia on display all over the place, including the first taxi running across Udine parked...
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