Oggigiorno, come ormai di consueto nella corte, essendo sodomiti ghiotti di ogni tipologia di pesce, mi sono recato con il Conte Dracula e il Sir Macellaio all’altolocata locanda orientale sita ai lati dell’impervia strada verso Pioltello. Prima di narrare questa eclatante avventura, necessito compiere una analessi, per i meno sapienti la definirei una retrospezione (un flashback per gli anglofoni).
Essendomi levato di buona lena dal mio giaciglio, ho deciso di dirigermi coi veicoli pubblici all’alloggio del conte dracula, ove avremmo attesso la ruggente carrozza della genetrice del macellaio, la quale ci avrebbe trasportato fino alle mani operose dei locandieri asiatici. Come mi trovavo sotto la dimora del Conte, ho notato fin da subito il suo viso assai raggiante al balcone che mi osservava con lo sguardo sornione di chi attende solo l’opportunità di perpetrarmi qualche malefatta. Infatti non appena domandai ad egli di aprirmi il cancello permettendomi di entrare, di tutta risposta ho ricevuto un guanto in lattice viola colmo di acqua scagliato a tutta velocità. Menomale che, essendo avezzo a schivare pallottole nelle sedute di nascondino calabrese, sebbene il mio intelletto fosse in gran parte assopito, sono riuscito a racimolare abbastanza istinto animale da sventare quell’attacco meschino. Come il conte ebbe capito che non mi aveva arrecato alcun danno, rincasò con la coda tra le gambe impaurito della vendetta imminente.
Poichè sono un gran signore dai nobili costumi, ho stabilito di non alimentare la nostra faida ma scaricare essa nei confronti dei bottegai orientali. Fummo accolti così nel veicolo strepitante della procreatrice del sir il macellaio per poi raggiungere la nostra destinazione. Ivi decidemmo di nascondere il guanto d’acqua ancora intatto nella bisaccia interna dei calzoni del conte in prossimità della sua madida e grondante sacca scrotale pronti a escogitare qualche marachella. Purtroppo, data la nostra fama di briganti, siamo stati posti fin da subito in un punto strategico della straordinaria e nobile location. In quel loco potevamo essere ben controllati da tutti i maggiordomi e non avevamo scampo di praticare alcuna ruberia.
Unico affare illecito è stato, ormai talmente consono al nostro costume da considerarlo lecito, assaporare la linfa che sgorgava dai lavelli della toilette senza acquistarne alcuna copia confezionata.
In quanto al cibo, siamo stati largamente soddisfatti se non per la denominata “grigliata di carne mista” rivelatasi essere non altro che un wurstel, il quale poteva essere benissimo il prepuzio amputato del massaio, accampognato da un misero singolo bocconcino di carne di dubbia provenienza, probabilmente riconducibile al testicolo destrorso dello stesso massaio. Abbiamo percorso a ritroso la strada dell’andata sotto il sole cocente che ci assaliva inesorabile e impietoso delle nostre misere condizioni di impotenti esseri umani. Assetati, il conte procedette a estrarre il guanto interamente inumidito, forse per l’acqua al suo interno che fuoriusciva gradualmente, o più probabilmente per il perenne contatto con i suoi testicoli fradici, quindi ci siamo abbevverati senza ritegno da esso, rivelando un sapore assai plasticoso molto poco invitante. Sfiancati, siamo giunti alla nostra meta, ovvero la dimora del conte. Egli non ha potuto desistere dal fare gli onori di casa, sollazzando il nostro patire con una degustazione di cocktail da lui preparati. Anzichè ravvivarci, i cocktail erano assai fantasiosi e bensì riconosco nel conte un grande talento nel trovare gusti idonei abbinabili tra loro, questa volta ha assolutamente fallito nel suo intento, provocando nel macellaio un’ulteriore malanno. Avendo compassione per l’idraulico di casa grosu che avrebbe dovuto sgorgare il bagno dalle sue ingenti feci, il macellaio, uomo di buon senso, decidette di lasciare la dimora con largo anticipo andando a sfogare i suoi istinti primordiali nella sua abitazione. Indi per cui, io e il conte ci siamo rallegrati in balia della nostra abituale sessione di mischie stellari.