Fino a metà degli anni Settanta era un luogo dal quale scappare a gambe levate, adesso è una delle mete preferite per gli amanti delle gite col brivido. La storia dell’ospedale psichiatrico Antoni di Limbiate, noto comemanicomio di Mombello, può essere riassunta così.
Un luogo di dolore e sofferenza diventato dopo il suo abbandono nel 1978 preda di writer, vandali e tossici, oltre che di semplici curiosi, fotografi e persino registi in cerca di set cinematografici suggestivi: nel gennaio del 2017 fra le mure devastate dei vecchi padiglioni è stato avvistato nientemeno che Johnny Deep, impegnato nelle riprese di “7 days, 7 girls” del regista genovese Luciani Silighini. Le condizioni di abbandono trentennale in cui si trovano gli oltre 40 mila metri quadrati di stanze, celle e corridoi della struttura sanitaria è percettibile non appena varcata la soglia d’ingresso. La costruzione del manicomio risale al 1872, vicino alla settecentesca Villa Crivelli-Pusterla, la tenuta scelta da Napoleone per proclamare la Repubblica Cisalpina, e tutte due fanno parte di un lotto di circa un milione di metri quadrati fra campi, capannoni e padiglioni a Nord di Limbiate. Storia del manicomio di Mombello: luogo di dolore e sofferenza diventato dopo il suo abbandono nel 1978 preda di writer, vandali e tossici, oltre che di semplici curiosi, fotografi e persino registi. Il Villaggio Mombello, appunto, considerato come uno dei dieci luoghi più spaventosi del mondo. Al massimo della capienza, arrivò a ospitare oltre 3 mila pazienti, fra i quali anche il figlio illegittimo di Mussolini, Benito Albino, morto internato nel 1942. A separare il manicomio dal resto del mondo ci pensava un muro di cinta alto due metri e lungo tre chilometri entrato a far parte dell’immaginario locale. “Se non fai il bravo, ti porto de la del mur” dicevano i nonni ai nipotini irrequieti. Ogni tanto qualche paziente lo scavalcava per scappare. Oggi, invece, lo scavalcano per entrare. Non a caso, è finito anche su Tripadvisor, uno dei siti più cliccati per quanto riguarda escursioni fuori porta e vacanze, con tanto di commenti fra l’entusiasta e lo spaventato dei visitatori. Entrare a Mombello è facile, farsi male altrettanto. Per terra è pieno di cocci, vetri in frantumi, sporcizia di ogni genere. I cunicoli sono bassi e rivestiti d’amianto. Il soffitto è un susseguirsi di squarci giganteschi. I muri pieni di scritte hanno ispirato writer di ogni rango. Si leggono parolacce, bestemmie, frasi senza senso, messaggi d’amore. Le stanze messe meglio sono state trasformate in bivacchi per senza tetto e tossici. Poi letti sfondati, solchi sui muri, materassi rancidi, armadi pancia al suolo. E ancora cassettiere rotte, sanitari incrostati, cartelle cliniche, radiografie e registri. Nel 2015 quattro ragazzini arrivati apposta da Brescia si persero nei sotterranei, per recuperarli fu necessario l’intervento dei carabinieri. Al massimo della capienza, arrivò a ospitare oltre 3 mila pazienti, fra i quali anche il figlio illegittimo di Mussolini, Benito Albino, morto internato nel 1942. I ricoverati erano suddivisi sulla base del comportamento: “tranquilli”, “agitati”, “sudici”, “lavoratori” e così via. Solo i cosiddetti “agitati” erano tenuti in isolamento: tutti gli altri erano impiegati in attività lavorative considerate “terapeutiche”. Dentro era organizzato come una cittadella: uffici amministrativi, panificio, lavanderia, un teatro e persino a una piccola ferrovia per trasportare le merci e nel luglio 1880 nacque anche un giornale interno, la Gazzetta del Manicomio della Provincia di Milano in Mombello, che venne stampato per 25 anni.
Insomma, Mombello era il manicomio più grande d’Italia, un vero microcosmo, città nella città, la cui proprietà oggi è divisa in tre: l’azienda ospedaliera Salvini, proprietaria del manicomio vero e proprio, la Asl e la Provincia di Monza, che da Milano ha ereditato Villa Crivelli, oggi occupata dall’istituto statale agrario Castiglioni. All’interno del manicomio di Mombello nel luglio 1880 nacque anche un giornale, la...
Read moreA truly fascinating place to visit! This ex-mental hospital is open to the public and offers a unique, suggestive atmosphere. Part of the complex is untouched and overgrown with plants, while other areas are well-kept and still in use. The hospital sits inside a stunning park, and there's even a climbable water tank. One of Napoleon's former residences can also be found here.
The abandoned sections are full of graffiti and have an eerie, empty charm; perfect for a fun and adventurous exploration. I recommend sticking to the ground floor, as some of the upper floors are inhabited by homeless people and drug addicts. We had an exciting experience but did encounter a few individuals — one of whom yelled at us after we accidentally woke him up. Nothing too unexpected given the setting, but definitely go with a group and stay cautious.
As for the underground, I didn’t explore it myself, but I heard it’s a dangerous labyrinth where people used to get lost. Overall, it was an exciting and unforgettable visit. Highly recommended for urban exploration enthusiasts — just come prepared and stay aware of your...
Read moreWhen we were just about to enter the first building trough an open door, we were "greeted" by (what appeared to be) homeless people doing drugs, who immediately shouted something at us when they saw us entering. We turned around and did not enter any other buildings, because honestly I got a little bit scared and also we didn't want to bother them 🙈 It also appeared that there were more people staying permanently in the other buildings/rooms. Since we didn't really get to see anything and everything seemed a little sketchy/dangerous, I can't recommend this lost place. There are better...
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