Un autentico gioiello di architettura romanica del XII sec., e, secondo alcuni scritti, forse anche dell’XI sec., fino ad un recente passato anche sede diocesana, deve la sua dedica al periodo di dominio spagnolo o meglio aragonese come consacrata a S. Maria di Monserrat, ancora consacrata e funzionante quasi più per simbolo che per reale funzione diocesana vista la rovina diffusa ed abbandono del vecchio centro abitato di Tratalias del quale residuano solo poche abitazioni nei dintorni della chiesa. L’originale abitato di Tratalias è stato infatti quasi completamente demolito a seguito delle copiose infiltrazioni dovute all’innalzamento del livello della falda freatica originale conseguente alla formazione dell’invaso artificiale di Monte Prano che aveva comportato la totale insalubrità dell’abitato. L’attuale abitato è stato infatti interamente ricostruito ad una quota più alta nelle vicinanze del vecchio centro ed è completamente indipendente da questo. Sopravvivono dell’antico borgo alcune abitazioni ed alcuni palazzetti signorili a due piani, la relativa viabilità e slarghi tutti recuperati con un attento restauro comprendente anche la pavimentazione. In uno di questi ha trovato accoglienza il piccolo museo etnografico con un grande plastico (pletorico quest’ultimo rispetto alla restante documentazione esposta - ndr) del vecchio palazzo comunale demolito ed una ricca documentazione fotografica della vita del vecchio centro di Tratalias; nel vano d’ingresso è stata sistemata anche la biglietteria per la visita guidata alla chiesa ed al museo con una piccola raccolta di testi di interesse locale. Da segnalare che la guida incaricata dalla cooperativa di gestione del sito di accompagnare i turisti è ben preparata, piacevole e disponibile, puntuale nella descrizione delle caratteristiche costruttive della chiesa e delle vicende storiche legate alla stessa. L’edificio, in pietra trachitica locale e qualche sporadico inserimento in pietra calcarea tutte cavate nel territorio circostante, è impostato su un corposo zoccolo perimetrale di base; l’interno è a tre navate divise da pilastri massicci ed archi che sostengono mura di grosso spessore nel quale sono ricavate una serie di monofore sia sulle navate laterali comprese le absidi che sulla maggiore altezza della navata centrale dove una graziosa bifora nell’abside corrisponde al rosone in facciata. Sia le navate laterali che quella centrale riportano all’esterno a coronamento delle murature, quasi a sostegno della linea di gronda, ed in facciata, a marcare il doppio ordine della facciata, un merletto di archetti strombati sostenuti da mensoline con foglie stilizzate (archetti e mensoline decorate sono una costante nelle coeve chiese romaniche della Sardegna quasi tutte edificate da frati e monaci di origine “continentale” e spesso Liguri o Lombardi – ndr) All’interno sorprendono delle rampe di scala costituite da grossi conci a sbalzo che paiono nascere dal nulla e finire nel nulla. Anche all’esterno si nota una piccola rampa che dall’imposta del timpano proprio sopra il rosone in facciata sembra portare verso il tetto, ma … manca la porta di accesso! Si racconta che tali “sorprendenti” realizzazioni siano state opera di un mastro addetto alla costruzione in un periodo di assenza del capomastro e, per di più, senza la sua preventiva autorizzazione. La punizione inflitta al colpevole mastro fu di farlo salire fino al gradino più alto e poi gettarlo nel vuoto. Fuori dalla legenda, si cerca di dare un senso a tale scala con l’Ascensione di Maria titolare della chiesa. L’interno è spoglio, per di più con l’originale e coevo altare in marmo asportato e sostituito con un altro modesto e disadorno per dare luogo al nuovo rito conciliare frontale rispetto ai fedeli (!?! lasciarlo in situ, come è stato fatto in moltissime chiese, proprio non era possibile?!? – ndr) Resiste un armonioso trittico ad olio su legno di scuola locale. Una scaletta aperta sulla destra del coro sembra portare ad una cripta, ma è una soluzione dell'800 per ricavare...
Read moreSanta Maria di Tratalias, un tempo cattedrale, rappresenta uno degli edifici più intatti e anche per questo importanti nel panorama romanico sardo. La sua storia si lega alle vicende della diocesi di Sulcis, di cui Tratalias fu sede entro il 1218 dopo Sant'Antioco, a seguito dello spopolamento del sito costiero, e prima del trasferimento a Iglesias nel 1503. Dopo la caduta del giudicato di Cagliari nel 1258, la "villa" di Tratalias passò alla famiglia pisana dei signori della Gherardesca, che ne mantennero la proprietà, come feudo concesso dai sovrani catalano-aragonesi, anche dopo il 1324. Due iscrizioni (1213 e 1282) segnano l'inizio e la fine dei lavori di costruzione della cattedrale: la prima è all'interno dell'abside e la seconda è riferibile al pulpito scomparso, anticamente addossato al terzo pilastro a sinistra. La chiesa (m 30 x 13, alta 12 m circa), in pietra sedimentaria e vulcanica locale, ha pianta a tre navate divise da arcate a tutto sesto impostate su pilastri quadrangolari sagomati agli spigoli. L'abside è a N/O. La copertura è lignea. La facciata si articola in due ordini. Il primo è diviso in tre specchi: i laterali sono lisci, se si eccettua la presenza di due rombi scolpiti in negativo, mentre quello centrale è occupato dal portale, con stipiti che reggono un architrave e un arco di scarico a tutto sesto concluso da un sopracciglio scolpito con motivi vegetali. Lo schema si ripete nei portali laterali: quello N si segnala per l'arco di scarico a sesto acuto e soprattutto per l'architrave in cui campeggiano due leoni affrontati in rilievo. Il secondo ordine di facciata conta un solo specchio nel quale si apre il rosone lobato. Conclude il prospetto un frontone con scala. In entrambi gli ordini si dispongono archetti su peducci con soggetti vegetali, presenti anche nei prospetti laterali e in quello absidale. Questi a loro volta ripropongono, mediante l'uso delle lesene, la stessa suddivisione in specchi. Un frontone liscio e forato da una luce a croce conclude il prospetto absidale. A s. e a d. entrando nell'aula, sono murate nella controfacciata due epigrafi, una delle quali reca il nome di Guantino Cavallino. Nella navatella N è appeso un trittico pittorico cinquecentesco....
Read moreLa chiesa di Santa Maria venne eretta in stile romanico pisano tra il 1213 e il 1282, secondo quanto testimoniano le due epigrafi apposte in occasione dell'inizio e della conclusione dei lavori, ancora conservate all'interno del tempio. Nella prima metà del XIII secolo Tratalias, all'epoca fiorente borgo, divenne sede della diocesi sulcitana, qui traslata da Sant'Antioco. Santa Maria fu quindi cattedrale sino al 1503, anno in cui Iglesias divenne sede vescovile. L'attuale intitolazione alla Madonna di Monserrato risale all'epoca della dominazione catalano-aragonese. La chiesa sorge al centro di quel che rimane dell'antico villaggio che costituiva l'abitato di Tratalias, prima di essere abbandonato nella seconda metà del XX secolo, in seguito alle infiltrazioni d'acqua e i cedimenti del terreno successivi alla formazione dell'invaso artificiale di Monte Pranu, e rifondato poco distante. Gli edifici del borgo vengono attualmente riqualificati a scopo turistico. L'ex cattedrale è l'unico edificio superstite della medievale Tatalia. L'edificio, in calcare e trachite, si basa su un alto zoccolo in cui si innestano le paraste angolari e le lesene che ne scandiscono esternamente i lati. La facciata è divisa in due ordini. La zona inferiore è tripartita e presenta gli specchi laterali lisci, decorati solo da una losanga, mentre al centro si trova il portale, architravato e sormontato da un arco a tutto sesto con ghiera decorata a motivi vegetali. Nell'ordine superiore si apre il rosone, dall'oculo polilobato. Il timpano sopra il secondo ordine presenta un'apertura da cui partono alcuni gradini che dall'interno della chiesa consentono di raggiungere il tetto. Sia la facciata che le pareti laterali sono decorati da archetti pensili, i quali poggiano su peducci scolpiti. Il portale laterale del prospetto sud è simile a quello in facciata, mentre il portale a nord è sormontato da un...
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