Dalle origini al XIX secolo[modifica | modifica wikitesto] La diocesi di Ugento è documentata con certezza a partire dal XII secolo. Studi recenti di André Jacob hanno dimostrato l'esistenza del vescovo Giovanni, vissuto in epoca imprecisata tra il 1125 e il 1175.[4] Il necrologio cassinense menziona la morte di Symon episcopus et monachus de Ogenti, avvenuta il 23 settembre di un anno ignoto, ma comunque negli ultimi decenni del secolo.[5] Inoltre, una lettera di papa Innocenzo III, del 23 giugno 1198, cita Ugento quale diocesi suffraganea dell'arcidiocesi di Otranto, provincia ecclesiastica alla quale Ugento rimarrà legata fino al Novecento.[6]
Incerta e lacunosa è la cronotassi dei vescovi diocesani nel XIII secolo. Dopo alcuni vescovi anonimi nella prima metà del secolo, è noto il vescovo Lando, eletto nel 1253 e morto tra il 1280 ed il 1282. Il capitolo della cattedrale è documentato per la prima volta in occasione della nomina del vescovo Goffredo nel 1282, elezione capitolare confermata da papa Martino IV.[7]
Risalgono al XV secolo gli insediamenti dei primi religiosi in diocesi, con l'arrivo dei francescani minori a Ugento e dei conventuali a Specchia e la fondazione del monastero benedettino femminile di Ugento, unica presenza religiosa femminile in diocesi fino all'Ottocento.
Tra il 1500 ed il 1800 tutti i presuli di Ugento sono stati presentati all'episcopato dai re di Napoli. Tra i presuli del Cinquecento si distinsero Antonio Minturno (1559-1565), che prese parte alla terza sessione del concilio di Trento e celebrò un sinodo diocesano nel 1564; e Desiderio Mazzapica (1566-1593), che fu tra i teologi consultori al concilio tridentino. Altri sinodi diocesani furono celebrati da Geronimo Martini nel 1645 e da Antonio Carafa nel 1680; un altro sinodo fu indetto e presieduto dal vicario capitolare Giuseppe Salzedo nel 1720. Durante il Cinquecento, la diocesi si arricchì della presenza di numerosi ordini religiosi: «i carmelitani si insediarono a Torrepaduli (1560) e a Presicce (1566), i cappuccini a Salve (1579) e a Ruffano (1621), i francescani minori a Presicce (1603) e i domenicani a Specchia (1608)».
Le relazioni per le visite ad limina, quelle delle visite pastorali e le costituzioni sinodali rappresentano «le fonti "privilegiate" per la storia della diocesi, della sua organizzazione istituzionale ed assistenziale, dell'attività dei vescovi e della religiosità dell'ambiente».[9] La prima relazione redatta per la visita ad limina e giunta fino a noi è quella consegnata personalmente a Roma dal vescovo Juan Bravo Lagunas nel 1620; del vescovo Antonio Carafa (1663-1704), gli archivi vaticani conservano ben dodici relazioni; dal 1620 al 1777 sono in tutto 31 le relazioni fatte per la Curia romana dai vescovi ugentini.
Numerose furono anche le visite pastorali dei vescovi ugentini nel territorio diocesano. La prima documentata è quella del vescovo Antonio Minturno nel 1559; seguono altre visite nel 1628 e nel 1637; a partire dall'ultimo quarto del Seicento le visite hanno una scadenza quasi annuale, indizio dell'interesse e della cura dei vescovi per la corretta amministrazione della propria diocesi.
Il seminario vescovile, reso obbligatorio dal concilio di Trento, fu istituito tardivamente e risale solo al 1752 per opera del vescovo Tommaso Mazza; le scarse rendite della mensa vescovile e la difficoltà a reperire i fondi necessari per il suo mantenimento, procrastinarono di due secoli la fondazione del seminario. Dalla visita pastorale compita dal vicario capitolare De Rossi nel 1711 si conoscono, anche nominativamente, gli oltre 400 ecclesiastici, di cui 225 sacerdoti, che costituivano lo status clericorum della diocesi, su una popolazione diocesana di circa diecimila fedeli; da questo censimento erano tuttavia escluse le città di Ugento e di Gemini, per cui il numero dei chierici era...
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