Grazia Deledda's Museum
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Tra Siniscola e Nuoro, c’è soltanto una lunga solitudine di aspri monti, che sembrano vivi, nel verde di velluto, in forma di ginepri e lentischi, che li ricopre. Ecco, il mio cuore fuso a forre e valli, in corsa tra le rocce e i muschi e l’erbe. In azzurra lontananza, altri monti a rincorrersi fin dove l’occhio arriva, ma io sono seduta nella corriera, accanto a mio marito, e insieme contiamo i chilometri che ci separano da Nuoro dove andremo a visitare la casa dove visse Grazia Deledda bambina e che ora è un piccolo-grande museo. Se è vero che sono seduta nell’abitacolo del panciuto bus color vinaccia, vero è anche che il mio cuore corre libero lassù tra i monti barbaricini e mentre corre incontra le grandi pietre che paiono aver volti umani. Ecco i giganti, mi dico, quelli che i sardi immaginavano abitassero tra le montagne e che scendevano a valle in forma di mammuttones! Corro e incontro nel mio andar veloce anche le fate nane e, oh meraviglia, esse assomigliano tanto, lo scopro all’arrivo lì nel Rione San Pietro dove s’aprono le porte della casa natale di Cosima (uno dei tanti nomi della Deledda, ma che è titolo della sua autobiografia), somigliano tutte quante, dicevo, a Grazia Deledda. Sì la piccola, rotonda Grazia con la sua pelliccetta nel freddo di Stoccolma a ritirare il Nobel. Una “jana” in Svezia Così quando mi trovo nella sua stanza da letto, all’ultimo piano, della casina-museo (che pare lei pure “una domus de jana”), mi pare, chiudendo gli occhi, di rivederla viva. S’alza dal lettuccio, un occhio alla Madonnina incoronata con il Bambinello in braccio, e in mano tutt’e due gli scapolari), si segna volando e poi via alla finestrella che guarda occhi negli occhi il monte Orthobene, con quel suo bel nome bizantino, e che ha in cima il Redentore. E apro una parentesi piccina per raccontar di quando mia madre, alla metà d’agosto, dichiarava solenne che “quest’anno, cascasse il mondo, andremo a Nuoro alla festa del Redentore”. Tutta elettrica, tra me e me, sognavo la festa, le bancarelle, il torrone morbido alle noci, dopo mesi di solitudine a Cala Girgolu e contavo i giorni che mancavano al 29 agosto. Che puntualmente arrivava, un giorno come gli altri, giù sulla spiaggia. Nuoro, per me, un miraggio nel deserto delle vacanze al mare. Non arrivava mai però. E ora sì. Torno da Grazia e la vedo, ancora a piedi scalzi, tra lo scaffale di libri suoi e lo scrittoio “tutto di ebano autentico e intarsiato d’avorio”, poi scendere giù, correndo, nella cucina che è ricostruita qui col braciere nudo al centro della stanza e sopra il graticciato che serviva ad affumicare il cacio. Qualcosa da metter sotto i denti e via nell’orto che era concluso lì dove oggi c’è un giardino spoglio, ma protetto dal sole da due grandi alberi secolari. Dal muretto a secco, che s’erge a protezione della proprietà, si vede spuntare il nasino, di nuovo, del monte Orthobene. Ed è presenza viva, la montagna, come un amico gradito che viene a trovarti, fragrante di vita, alla mattina presto per un caffè nero e zuccherato! Più in basso, scesi pochi gradini, c’è, ricostruito tale e quale a come era, lo studio di Grazia a Roma nel villino che abitò da signora Madesani, in Via di Porto Maurizio dalle parti di Piazza Bologna. Spiccano sul tavolo bruno, come scuri sono sempre i mobili tradizionali sardi, due bamboline, maschio e femmina, in costume tradizionale. Un’altra bambolina, sempre in costume tradizionale, mi guarda, sbigottita, e mi ricorda che, se non mi sbrigo a salutar Grazia e casa sua non farò in tempo a visitare l’altro museo, quello del costume tradizionale, che, come tutto qui a Nuoro, chiude all’ora di pranzo.
Benedetta de VitoBenedetta de Vito
20
Assolutamente da visitare. Una volta entrati sembra di essere catapultati indietro nel tempo e di navigare lentamente tra ricordi, pagine di poesia, profumi, oggetti e frammenti di storia vissuta. Se amate la Sardegna non potete non visitare questa meraviglia. "Noi siamo sardi Noi siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi, romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi. Siamo le ginestre d’oro giallo che spiovono sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese. Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo, lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto. Siamo il regno ininterrotto del lentisco, delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell’immensità del mare. Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta. Noi siamo sardi." Grazia Deledda
Giulio MentucciaGiulio Mentuccia
00
Bellissima esperienza. Trovato aperto anche se su Google dava come chiuso (in accettazione ci hanno detto che è dovuto al fatto che di norma il lunedì è chiuso ma siccome era festa, hanno aperto). Prezzo ingresso irrisorio: intero €3. Consiglio di prendere a noleggio l'audioguida (solo €2 utilizzabile in 2) perché spiega accuratamente ciò che si va a vedere, inoltre suggestive le descrizioni delle varie stanze tratte da "Cosima". Meticolosa la ristrutturazione. Mi sono piaciute le foto di famiglia, l'esposizione della corrispondenza e del premio Nobel. Innamorata del glicine nel cortile e nella facciata. Super consigliato
Daniela PisceddaDaniela Piscedda
10
La casa natale di Grazia Deledda sorge a poche centinaia di metri dal belvedere, dal Corso Garibaldi e da Piazza Satta. Le due guide sono accoglienti, simpatiche e ben informate sulla biografia dell'artista. L'abitazione consta di tre livelli. Al pian terreno la cucina e l'ampio cortile dove il padre della scrittrice legava i cavalli, utili alla sua attività di commerciante. Notevoli lo studio trasportato direttamente da Roma, i documenti autografi e la camera da letto, dove da poco è stato ricostruito l'abito da sposa lilla argento.
Vincenzo SodduVincenzo Soddu
20
È stato un'esperienza sensoriale: Grazia Deledda con il suo semplice modo di scrivere ha dato delle immagini cosi dettagliate di luoghi e oggetti, che è stato possibile riprodurli e renderli autententici. C'è davvero la cucina con il tavolo pieno di salumi e il formaggio a stagionare. Si annusano u profumi di un tempo di cucina genuina, si tocca con mano un passato con vite realmente vissute, sembra di sentire le voci di ogni persona da Grazia descritta. Esperienza che rifarei volentieri. Consigliatissima
Isabella LopreteIsabella Loprete
00
Museo assolutamente da vedere se andate a Nuoro
MicheleMichele
00
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