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Grazia Deledda's Museum — Attraction in Nuoro

Name
Grazia Deledda's Museum
Description
Nearby attractions
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Grazia Deledda's Museum
ItalySardiniaNuoroGrazia Deledda's Museum

Basic Info

Grazia Deledda's Museum

Via Grazia Deledda, 42, 08100 Nuoro NU, Italy
4.7(659)
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spot

Ratings & Description

Info

Cultural
Accessibility
attractions: Spazio Ilisso, Museo del Costume Nuoro, restaurants: Montiblu, Ristorante Su Nugoresu, Pizzeria su Connottu, Ristorante Pizzeria Tascusì di Gianfranco Pranteddu, BiblioPizza, Il Sogno Di Zeus, L'Artigiano - La Cucina Tipica Sarda di Nonna Rosa, Il Portico, Mastro Pizza Nuoro, Trattoria La Locanda
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Benedetta de VitoBenedetta de Vito
Tra Siniscola e Nuoro, c’è soltanto una lunga solitudine di aspri monti, che sembrano vivi, nel verde di velluto, in forma di ginepri e lentischi, che li ricopre. Ecco, il mio cuore fuso a forre e valli, in corsa tra le rocce e i muschi e l’erbe. In azzurra lontananza, altri monti a rincorrersi fin dove l’occhio arriva, ma io sono seduta nella corriera, accanto a mio marito, e insieme contiamo i chilometri che ci separano da Nuoro dove andremo a visitare la casa dove visse Grazia Deledda bambina e che ora è un piccolo-grande museo. Se è vero che sono seduta nell’abitacolo del panciuto bus color vinaccia, vero è anche che il mio cuore corre libero lassù tra i monti barbaricini e mentre corre incontra le grandi pietre che paiono aver volti umani. Ecco i giganti, mi dico, quelli che i sardi immaginavano abitassero tra le montagne e che scendevano a valle in forma di mammuttones! Corro e incontro nel mio andar veloce anche le fate nane e, oh meraviglia, esse assomigliano tanto, lo scopro all’arrivo lì nel Rione San Pietro dove s’aprono le porte della casa natale di Cosima (uno dei tanti nomi della Deledda, ma che è titolo della sua autobiografia), somigliano tutte quante, dicevo, a Grazia Deledda. Sì la piccola, rotonda Grazia con la sua pelliccetta nel freddo di Stoccolma a ritirare il Nobel. Una “jana” in Svezia Così quando mi trovo nella sua stanza da letto, all’ultimo piano, della casina-museo (che pare lei pure “una domus de jana”), mi pare, chiudendo gli occhi, di rivederla viva. S’alza dal lettuccio, un occhio alla Madonnina incoronata con il Bambinello in braccio, e in mano tutt’e due gli scapolari), si segna volando e poi via alla finestrella che guarda occhi negli occhi il monte Orthobene, con quel suo bel nome bizantino, e che ha in cima il Redentore. E apro una parentesi piccina per raccontar di quando mia madre, alla metà d’agosto, dichiarava solenne che “quest’anno, cascasse il mondo, andremo a Nuoro alla festa del Redentore”. Tutta elettrica, tra me e me, sognavo la festa, le bancarelle, il torrone morbido alle noci, dopo mesi di solitudine a Cala Girgolu e contavo i giorni che mancavano al 29 agosto. Che puntualmente arrivava, un giorno come gli altri, giù sulla spiaggia. Nuoro, per me, un miraggio nel deserto delle vacanze al mare. Non arrivava mai però. E ora sì. Torno da Grazia e la vedo, ancora a piedi scalzi, tra lo scaffale di libri suoi e lo scrittoio “tutto di ebano autentico e intarsiato d’avorio”, poi scendere giù, correndo, nella cucina che è ricostruita qui col braciere nudo al centro della stanza e sopra il graticciato che serviva ad affumicare il cacio. Qualcosa da metter sotto i denti e via nell’orto che era concluso lì dove oggi c’è un giardino spoglio, ma protetto dal sole da due grandi alberi secolari. Dal muretto a secco, che s’erge a protezione della proprietà, si vede spuntare il nasino, di nuovo, del monte Orthobene. Ed è presenza viva, la montagna, come un amico gradito che viene a trovarti, fragrante di vita, alla mattina presto per un caffè nero e zuccherato! Più in basso, scesi pochi gradini, c’è, ricostruito tale e quale a come era, lo studio di Grazia a Roma nel villino che abitò da signora Madesani, in Via di Porto Maurizio dalle parti di Piazza Bologna. Spiccano sul tavolo bruno, come scuri sono sempre i mobili tradizionali sardi, due bamboline, maschio e femmina, in costume tradizionale. Un’altra bambolina, sempre in costume tradizionale, mi guarda, sbigottita, e mi ricorda che, se non mi sbrigo a salutar Grazia e casa sua non farò in tempo a visitare l’altro museo, quello del costume tradizionale, che, come tutto qui a Nuoro, chiude all’ora di pranzo.
Piero PoddaPiero Podda
✒️ "Grazia Deledda e la lotta contro il #patriarcato: un'eredità ancora attuale." Il #25novembre, Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, è un'occasione per riflettere su un problema ancora troppo diffuso e radicato nella nostra società. 👠 ❓️E chi meglio di Grazia Deledda, la prima donna italiana a vincere il Premio Nobel per la Letteratura, può aiutarci a comprendere le radici di questa violenza e a immaginare un futuro diverso? 👵 📚 Nelle sue opere, Deledda ha spesso descritto con cruda sincerità la condizione femminile in Sardegna, una società patriarcale dove le donne erano spesso relegate a ruoli subordinati e vittime di soprusi. 👠 📎 Attraverso i suoi romanzi, ha denunciato le violenze domestiche, le discriminazioni di genere e le limitazioni imposte alle aspirazioni femminili. La scrittrice sarda, con la sua penna potente, ha dato voce a quelle donne che non ne avevano, raccontando storie di sofferenza, ma anche di ribellione e di speranza. 🖋🚫 📚 La sue opere, ancora oggi, ci invitano a riflettere sulla persistenza di modelli culturali che legittimano la violenza di genere e sull'importanza di promuovere una cultura del rispetto e dell'uguaglianza. 🙌🙌🏿 ✒️ Come scriveva in "Cenere": "Eppure, sotto la cenere di quella vita, bruciava un fuoco di rivolta". 🔥 🗣 Le sue parole continuano a risuonare oggi, ricordandoci che la lotta contro la violenza sulle donne è una battaglia che ci riguarda tutti e che richiede un impegno costante e condiviso. 🌹 📢 In questo #25novembre, rendiamo omaggio alla sua figura e riprendiamo il suo testimone per costruire un futuro più equo e giusto per tutte le donne. ⚖️⚘️ 📷 Nelle stanze intime della sua casa museo a #Nuoro, l'eco delle parole di #GraziaDeledda aleggia ancora. Ogni angolo della città sembra custodire un frammento della sua anima, ma è sul Monte Ortobene che la sua presenza si fa più intensa, come un'ombra gentile che veglia sulla sua terra. ❤️
Giulio MentucciaGiulio Mentuccia
Assolutamente da visitare. Una volta entrati sembra di essere catapultati indietro nel tempo e di navigare lentamente tra ricordi, pagine di poesia, profumi, oggetti e frammenti di storia vissuta. Se amate la Sardegna non potete non visitare questa meraviglia. "Noi siamo sardi Noi siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi, romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi. Siamo le ginestre d’oro giallo che spiovono sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese. Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo, lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto. Siamo il regno ininterrotto del lentisco, delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell’immensità del mare. Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta. Noi siamo sardi." Grazia Deledda
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Tra Siniscola e Nuoro, c’è soltanto una lunga solitudine di aspri monti, che sembrano vivi, nel verde di velluto, in forma di ginepri e lentischi, che li ricopre. Ecco, il mio cuore fuso a forre e valli, in corsa tra le rocce e i muschi e l’erbe. In azzurra lontananza, altri monti a rincorrersi fin dove l’occhio arriva, ma io sono seduta nella corriera, accanto a mio marito, e insieme contiamo i chilometri che ci separano da Nuoro dove andremo a visitare la casa dove visse Grazia Deledda bambina e che ora è un piccolo-grande museo. Se è vero che sono seduta nell’abitacolo del panciuto bus color vinaccia, vero è anche che il mio cuore corre libero lassù tra i monti barbaricini e mentre corre incontra le grandi pietre che paiono aver volti umani. Ecco i giganti, mi dico, quelli che i sardi immaginavano abitassero tra le montagne e che scendevano a valle in forma di mammuttones! Corro e incontro nel mio andar veloce anche le fate nane e, oh meraviglia, esse assomigliano tanto, lo scopro all’arrivo lì nel Rione San Pietro dove s’aprono le porte della casa natale di Cosima (uno dei tanti nomi della Deledda, ma che è titolo della sua autobiografia), somigliano tutte quante, dicevo, a Grazia Deledda. Sì la piccola, rotonda Grazia con la sua pelliccetta nel freddo di Stoccolma a ritirare il Nobel. Una “jana” in Svezia Così quando mi trovo nella sua stanza da letto, all’ultimo piano, della casina-museo (che pare lei pure “una domus de jana”), mi pare, chiudendo gli occhi, di rivederla viva. S’alza dal lettuccio, un occhio alla Madonnina incoronata con il Bambinello in braccio, e in mano tutt’e due gli scapolari), si segna volando e poi via alla finestrella che guarda occhi negli occhi il monte Orthobene, con quel suo bel nome bizantino, e che ha in cima il Redentore. E apro una parentesi piccina per raccontar di quando mia madre, alla metà d’agosto, dichiarava solenne che “quest’anno, cascasse il mondo, andremo a Nuoro alla festa del Redentore”. Tutta elettrica, tra me e me, sognavo la festa, le bancarelle, il torrone morbido alle noci, dopo mesi di solitudine a Cala Girgolu e contavo i giorni che mancavano al 29 agosto. Che puntualmente arrivava, un giorno come gli altri, giù sulla spiaggia. Nuoro, per me, un miraggio nel deserto delle vacanze al mare. Non arrivava mai però. E ora sì. Torno da Grazia e la vedo, ancora a piedi scalzi, tra lo scaffale di libri suoi e lo scrittoio “tutto di ebano autentico e intarsiato d’avorio”, poi scendere giù, correndo, nella cucina che è ricostruita qui col braciere nudo al centro della stanza e sopra il graticciato che serviva ad affumicare il cacio. Qualcosa da metter sotto i denti e via nell’orto che era concluso lì dove oggi c’è un giardino spoglio, ma protetto dal sole da due grandi alberi secolari. Dal muretto a secco, che s’erge a protezione della proprietà, si vede spuntare il nasino, di nuovo, del monte Orthobene. Ed è presenza viva, la montagna, come un amico gradito che viene a trovarti, fragrante di vita, alla mattina presto per un caffè nero e zuccherato! Più in basso, scesi pochi gradini, c’è, ricostruito tale e quale a come era, lo studio di Grazia a Roma nel villino che abitò da signora Madesani, in Via di Porto Maurizio dalle parti di Piazza Bologna. Spiccano sul tavolo bruno, come scuri sono sempre i mobili tradizionali sardi, due bamboline, maschio e femmina, in costume tradizionale. Un’altra bambolina, sempre in costume tradizionale, mi guarda, sbigottita, e mi ricorda che, se non mi sbrigo a salutar Grazia e casa sua non farò in tempo a visitare l’altro museo, quello del costume tradizionale, che, come tutto qui a Nuoro, chiude all’ora di pranzo.
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Giulio Mentuccia

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Tra Siniscola e Nuoro, c’è soltanto una lunga solitudine di aspri monti, che sembrano vivi, nel verde di velluto, in forma di ginepri e lentischi, che li ricopre. Ecco, il mio cuore fuso a forre e valli, in corsa tra le rocce e i muschi e l’erbe. In azzurra lontananza, altri monti a rincorrersi fin dove l’occhio arriva, ma io sono seduta nella corriera, accanto a mio marito, e insieme contiamo i chilometri che ci separano da Nuoro dove andremo a visitare la casa dove visse Grazia Deledda bambina e che ora è un piccolo-grande museo. Se è vero che sono seduta nell’abitacolo del panciuto bus color vinaccia, vero è anche che il mio cuore corre libero lassù tra i monti barbaricini e mentre corre incontra le grandi pietre che paiono aver volti umani. Ecco i giganti, mi dico, quelli che i sardi immaginavano abitassero tra le montagne e che scendevano a valle in forma di mammuttones! Corro e incontro nel mio andar veloce anche le fate nane e, oh meraviglia, esse assomigliano tanto, lo scopro all’arrivo lì nel Rione San Pietro dove s’aprono le porte della casa natale di Cosima (uno dei tanti nomi della Deledda, ma che è titolo della sua autobiografia), somigliano tutte quante, dicevo, a Grazia Deledda. Sì la piccola, rotonda Grazia con la sua pelliccetta nel freddo di Stoccolma a ritirare il Nobel. Una “jana” in Svezia

Così quando mi trovo nella sua stanza da letto, all’ultimo piano, della casina-museo (che pare lei pure “una domus de jana”), mi pare, chiudendo gli occhi, di rivederla viva. S’alza dal lettuccio, un occhio alla Madonnina incoronata con il Bambinello in braccio, e in mano tutt’e due gli scapolari), si segna volando e poi via alla finestrella che guarda occhi negli occhi il monte Orthobene, con quel suo bel nome bizantino, e che ha in cima il Redentore. E apro una parentesi piccina per raccontar di quando mia madre, alla metà d’agosto, dichiarava solenne che “quest’anno, cascasse il mondo, andremo a Nuoro alla festa del Redentore”. Tutta elettrica, tra me e me, sognavo la festa, le bancarelle, il torrone morbido alle noci, dopo mesi di solitudine a Cala Girgolu e contavo i giorni che mancavano al 29 agosto. Che puntualmente arrivava, un giorno come gli altri, giù sulla spiaggia. Nuoro, per me, un miraggio nel deserto delle vacanze al mare. Non arrivava mai però. E ora sì.

Torno da Grazia e la vedo, ancora a piedi scalzi, tra lo scaffale di libri suoi e lo scrittoio “tutto di ebano autentico e intarsiato d’avorio”, poi scendere giù, correndo, nella cucina che è ricostruita qui col braciere nudo al centro della stanza e sopra il graticciato che serviva ad affumicare il cacio. Qualcosa da metter sotto i denti e via nell’orto che era concluso lì dove oggi c’è un giardino spoglio, ma protetto dal sole da due grandi alberi secolari. Dal muretto a secco, che s’erge a protezione della proprietà, si vede spuntare il nasino, di nuovo, del monte Orthobene. Ed è presenza viva, la montagna, come un amico gradito che viene a trovarti, fragrante di vita, alla mattina presto per un caffè nero e zuccherato! Più in basso, scesi pochi gradini, c’è, ricostruito tale e quale a come era, lo studio di Grazia a Roma nel villino che abitò da signora Madesani, in Via di Porto Maurizio dalle parti di Piazza Bologna. Spiccano sul tavolo bruno, come scuri sono sempre i mobili tradizionali sardi, due bamboline, maschio e femmina, in costume tradizionale. Un’altra bambolina, sempre in costume tradizionale, mi guarda, sbigottita, e mi ricorda che, se non mi sbrigo a salutar Grazia e casa sua non farò in tempo a visitare l’altro museo, quello del costume tradizionale, che, come tutto qui a Nuoro, chiude...

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✒️ "Grazia Deledda e la lotta contro il #patriarcato: un'eredità ancora attuale."

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❓️E chi meglio di Grazia Deledda, la prima donna italiana a vincere il Premio Nobel per la Letteratura, può aiutarci a comprendere le radici di questa violenza e a immaginare un futuro diverso? 👵

📚 Nelle sue opere, Deledda ha spesso descritto con cruda sincerità la condizione femminile in Sardegna, una società patriarcale dove le donne erano spesso relegate a ruoli subordinati e vittime di soprusi. 👠

📎 Attraverso i suoi romanzi, ha denunciato le violenze domestiche, le discriminazioni di genere e le limitazioni imposte alle aspirazioni femminili. La scrittrice sarda, con la sua penna potente, ha dato voce a quelle donne che non ne avevano, raccontando storie di sofferenza, ma anche di ribellione e di speranza. 🖋🚫

📚 La sue opere, ancora oggi, ci invitano a riflettere sulla persistenza di modelli culturali che legittimano la violenza di genere e sull'importanza di promuovere una cultura del rispetto e dell'uguaglianza. 🙌🙌🏿

✒️ Come scriveva in "Cenere": "Eppure, sotto la cenere di quella vita, bruciava un fuoco di rivolta". 🔥

🗣 Le sue parole continuano a risuonare oggi, ricordandoci che la lotta contro la violenza sulle donne è una battaglia che ci riguarda tutti e che richiede un impegno costante e condiviso. 🌹

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If you are not able to understand Italian, don’t go there. Paid 5€ only to hear from this smirking fellow behind the counter that no headset is available, all the texts are in Italian and no translation is available, also no QR code. If you want to visit museums in Nuoro where you will feel welcome; visit the Museo del costume, Museo della ceramica or the Museo...

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