La parrocchiale di S. Simplicio è nell’abitato di Olbia, il cui territorio documenta la continuità insediativa dal Neolitico antico all’Altomedioevo. Secondo fonti mitografiche di età classica, città e poleonimo sarebbero da riferire a fondazione greca. La voce Ulbia sembra però di sostrato mediterraneo, mentre l’archeologia ha potuto verificare la frequentazione precoloniale fenicia (VI sec. a.C.) e la struttura urbana punica (III sec. a.C.) nello stesso sito della città romana. La sede diocesana vi è attestata con la denominazione Fausiana alla fine del VI secolo (quand’è vacante) e come Civita dal 1113-16 (quand’è documentato il vescovo Villanus) al 1503, quand’è unita a quella di Ampurias e traslata a Castelgenovese (oggi Castelsardo). Nell’area della necropoli occidentale, utilizzata dalla fine del I secolo al Medioevo, fu impiantata la cattedrale intitolata al “Simplicius presbyter”, che il “Martyrologium Hieronimianus” dice martirizzato in Sardegna; risale forse al momento della ricostruzione romanica la tradizione agiografica che lo vorrebbe vescovo di Fausiana e vittima della persecuzione dioclezianea. Il toponimo Fausiana potrebbe riferirsi alla cittadella vescovile, sorta nell’immediato entroterra come polo ecclesiastico, contrapposto a quello giudicale rappresentato dal distrutto “castrum Terrae Novae” o castello di Terranova, a cinta quadrata con torri angolari e al centro dei lati, una delle quali superstite fino al 1817. Il toponimo Civita sarebbe da riferire al ripristino della cattedra nel “cimitero sancti Semplici” (ricordato in un documento del 1113-16), dove fu intrapresa la fabbrica romanica in due tempi costruttivi entro il primo quarto del XII secolo. All’impianto trinavato, in grandi conci di granito locale, appartengono i muri perimetrali (tranne la parte mediana della facciata) e i setti divisori ad arcate su pilastri e colonne. Si prevedevano absidi contrapposte, nella navata mediana tetto ligneo e nelle navatelle volte a botte in cantonetti granitici. Un probabile crollo o cedimento della volta nella navatella destra determinò la rinuncia al sistema alternato dei sostegni e l’abbandono del granito in favore di paramenti in cotto, interpolati per alleggerire le volte e le murature portanti, con arcatelle in laterizio, sovrapposte agli archetti litici dell’abside e dei fianchi. Nel medesimo corso d’opera dovettero completarsi i muri alti della navata mediana, rinunciando all’abside orientata (sostituita dalla facciata), talché l’attuale risulta a nordovest. All’interno, le colonne hanno abaco a tavoletta e capitello in granito. Uno è ad angoli smussati secondo tipologia protolombarda; un altro ha protomi d’ariete; un altro protomi umane. Sono spie della formazione toscana delle maestranze il telaio strutturale e i dettagli nei paramenti murari esterni. Fra larghe paraste d’angolo, lo zoccolo a scarpa è interrotto da plinti dadiformi che innalzano le basi delle lesene; gli archetti poggiano con ritmo alterno su queste e su robusti peducci sgusciati, modanati o con decoro figurato. Nello specchio mediano dell’abside, la monofora ha davanzale con cornice modanata. Nella facciata, il portale è architravato e ha arco di scarico a sesto rialzato, in asse con la grande trifora, entro un’arcata sovrastata da quattro alloggi per bacini ceramici disposti a croce; altri bacini si disponevano nelle vele fra le centine gradonate, nascenti dai corposi capitelli delle colonnine ofitiche e degli stipiti. Nelle testate delle navatelle, alcuni archetti ospitano rilievi marmorei a decoro geometrico o figurato. Nell’aula si conservano lacerti di affreschi romanici....
Read moreLa basilica di San Simplicio, ad Olbia, è il più importante ed antico monumento religioso della Sardegna nord-orientale .e una testimonianza della diffusione del cristianesimo sull'isola. Cattedrale fino al 1839, chiesa parrocchiale dal 1955, è stata insignita del titolo di basilica minore, nel 1993, dal papa Giovanni Paolo II.
È dedicata a san Simplicio, presunto protovescovo della città e martire sotto l'imperatore Diocleziano, oggi patrono della diocesi di Tempio-Ampurias e di Olbia. La chiesa è stata studiata con metodo archeologico ed ha rivelato di 5 fasi costruttive, a discapito delle 3 sino ad ora evidenziate. In origine era costituita da un edificio trinavato, più corto (quattro coppie di archi) e più basso e con la copertura in legno. La seconda fase ha visto la creazione delle volte a botte nelle navatelle, mentre nella terza fase è avvenuta l’elevazione della copertura. La quarta fase corrisponde all’allungamento dell’aula di due coppie di arcate con lo spostamento della facciata all’ultima coppia di pilastri. La quinta fase ha visto la predisposizione di una torre campanaria con l’ulteriore spostamento della facciata nella posizione attuale accorpando la nuova costruzione. Tuttora la Basilica mostra lo stile finale tipico delle ultime maestranze operanti: lo stile romanico lombardo, sorge su una piccola collina, situata un tempo fuori dalle mura e utilizzata dall'epoca repubblicana fino al Medioevo come area cimiteriale. Dubbie le congetture sull'esistenza di un edificio di culto paleocristiano, eretto probabilmente tra il 594 e il 611 dato che la fonte è del 1600 circa. La chiesa è costruita per la maggiore in granito locale, a parte degli interventi di accrescimento realizzati in opera laterizia.
Della chiesa originaria non si conosce, allo stato attuale delle ricerche, la data precisa di fondazione. L'indagine archeologica recente ha evidenziato, subordinatamente alle tecniche murarie e alle unità di misura, una prima fase costruttiva precedente all'XI secolo in cui le maestranze hanno eretto l'abside, parte dei muri perimetrali, quattro colonne interne e quattro pilastri a sorreggere le prime quattro arcate. Le coperture a botte in mattoni delle navatelle laterali sono il risultato di migliorie architettoniche per risolvere questioni di infiltrazioni e stabilità come la sopraelevazione del claristorio alla quota attuale. Alla fine del XI secolo, probabilmente a seguito della Riforma della Chiesa e della legatoria pontificia, è stato effettuato l'allungamento della navata centrale e delle navatelle di due coppie di archi con maestranze e unità di misura diverse dalla fase precedente. L'ultima fase, probabilmente attuata nel XIII secolo vede un ulteriore allungamento e il posizionamento della facciata attuale e in seguito lo sfondamento per l'apertura della trifora.
L'edificazione della chiesa e i suoi committenti sono sconosciuti mentre l'ampliamento si deve forse ai legati pontifici del papa Alessandro II oppure Gregorio VII. Congettura sinora priva di fondamento scientifico è l'ipotesi che accanto alla futura basilica - unico elemento superstite della Civita medievale - sorgesse probabilmente la cancelleria giudicale, mentre, in considerazione dell'architettura e dei riscontri archeologici, è verosimile considerare che annesso vi fosse il palazzo vescovile o ambienti a carattere clericale, secondo un'idea di Insula...
Read moreLa basilica di San Simplicio sorge in un contesto che purtroppo non le rende onore: un'arida e assolata piazza circondata da brutte abitazioni. In realtà, in passato, questa era la zona cimiteriale dell'antico abitato, tanto che sotto la pavimentazione della basilica e, in generale, sotto la piazza stessa, sono presenti numerose sepolture, una parte delle quali sono visitabili, a pagamento, proprio a due passi da qui. Diciamo subito che in confronto alle altre chiese romaniche visitate nel nord Sardegna, come Sant'Antioco di Bisarcio, San Lussorio a Fordongianus e la basilica maggiore di San Gavino a Porto Torres, quella di San Simplicio è sicuramente meno scenografica, specie in esterno. Tuttavia, la facciata ed i prospetti laterali conservano gli stilemi tipici del romanico pisano, non alterati da superfetazioni o aggiunte successive, il che consente di fare degni paragoni con le chiese toscane coeve. All'interno sono degni di nota un paio di capitelli longobardi che, insieme ad una lastra in facciata, costituiscono tracce materiali del rimaneggiamento dell'originaria chiesa che, ab origine, era molto più corta e bassa (lo si vede bene osservando la muratura il laterizio che arriva alla seconda campata). Interessanti anche due lacerti di affreschi staccati, di matrice bizantina, e riposizionati sull'abside. Per il resto la chiesta si presenta oggi molto spoglia, ma con la visita guidata, compresa nel biglietto di 4 euro, il giro si fa più interessante. L'archeologa che ci ha accompagnato era molto appassionata e, da studiosa, ha elaborato alcune teorie che ci ha esposto, specie sull'iconografia dei reperti longobardi. Da storica dell'arte ho apprezzato. Se invece non siete interessati alla visita, potete avvalervi della brochure e del materiale multimediale informativo che fornisce l'operatore all'ingresso, che credo essere il marito. In conclusione, se passate per Olbia e magari state aspettando il traghetto di ritorno, vale la pena arrivare fin qui e ascoltare la storia di quella che un tempo fu la chiesa in cui venne sepolto San Simplicio (che deve ancora essere...
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