Un'esperienza gastronomica che non dimenticherò facilmente, per tutte le ragioni sbagliate.

Iniziamo dalla trasparenza: il menù era avvolto nel mistero, nessun prezzo in vista.

Ordiniamo una classica carbonara, immaginando di gustare uno dei piatti più amati d’Italia. Al suo arrivo, qualche romano dev'essere svenuto: una pasta scotta, fortunatamente servita in una porzione ridicola da circa 50 grammi (un bonus, direi, considerando il sapore). La pancetta? Sembrava prosciutto cotto. E l’uovo? Fritto, probabilmente in olio di semi di girasole. Non c'è traccia di una componente cremosa, pepe o pecorino. Decisamente non quello che ci si aspetta da una carbonara.

Ma il vero spettacolo arriva con la "cotoletta alla milanese" con "patate in umido". Ho sentito l'impulso di immortalare il piatto, perché a volte la gente si lamenta delle mense ospedaliere, ma questa le batte tutte. (La mano presente per vedere la scala delle porzioni)

Le patate erano forse la parte migliore del piatto: sette tocchetti tristemente freddi, si sono dimenticati di scaldarle. Però devo dare atto che il sapore della salsa era buono.

Ma passiamo alla "cotoletta", una rivelazione. Non so in che mondo la cotoletta alla milanese sia fatta con il petto di pollo, ma evidentemente qui le tradizioni vanno reinterpretate. Per favore, ci vuole un po' di onestà nel menù. L’impanatura? Inesistente, compensata da un bagno d’olio. Il sapore? Neanche l’ombra di un granello di sale.

Il tutto servito in un ambiente dall’atmosfera rustica, dove le zucchine sparse per terra hanno aggiunto un tocco di originalità. Tempi di servizio? Soltanto 1 ora e 10 minuti per sfornare queste meraviglie culinarie.