Cucina jazz al top Direte: che c’entra la musica? Il titolo è ispirato all’accoglienza con un sottofondo di buon jazz, che cambierà poi in rythm&blues. Ma il jazz soprattutto vale a metafora della filosofia del cibo in questo eccezionale ristorante di mare. Il jazz è improvvisazione, sorretta da talento e passione, è ritmo tradotto in armonia mai banale, è originalità che valorizza il virtuosismo e la sapiente fantasia degli esecutori. È anima (soul, come bene rende il termine che lo contraddistinse ai primordi, a New Orleans). Tutto quello che si ritrova gustando i piatti al Buonumore. Scordatevi la costruzione dei sapori che – cucina gourmet docet – va di moda. Si ritorna alle origini e si innova nel rispetto dei sapori autentici e naturali. La forza delle proposte gastronomiche sta nella capacità di trattare una materia prima genuina, locale, fresca, con un tocco di genialità, attento a preservarne la verità (e la varietà) attraverso cotture leggere (che non alterano i sapori e conservano i valori nutrizionali) se non crude e l’essenzialità dei condimenti (che non stemperano né, tanto meno, coprono il gusto originario). Il risultato è un’esperienza culinaria unica. Sapori delicati, sapidità che restituiscono l’essenza del mare, morbidità e croccantezze sublimi. Perché, come spiega Simona – che sta ai fornelli a rilanciare e rinvigorire la scuola del babbo Amelio – i fornitori sono tutti produttori di base: pescatori e contadini. Tant’è che, se la pesca non s’è potuta fare per le condizioni atmosferiche, il ristorante non apre. Cucina per palati fini. Non per tutti. Non per chi cerca sapori forti, il salato e gli zuccheri e le salse a colpire le papille gustative, diseducate dal cibo industriale e dalla rincorsa al tradimento della naturalità della nutrizione travestita da originalità. Abbiamo goduto il menu degustazione, percorso tra le delizie offerte dal nostro mare, preparate con cura e amore. Fantastico il piatto dei crudi, cui fa da contrappunto la presentazione delle medesime specialità di mare cotte con mano lieve; leggero e stuzzicante il fritto; fantastico il piatto definito “provocazione”; squisito il sorbetto alla pera; appetitoso e seducente tutto il resto, incluso il pane fatto in casa. Da provare, per chi sceglie di conoscere quel che la natura propone e che rimanda al rapporto tra cibo e territorio, che a Viareggio vuol dire profumo di mare, vini non trattati, verdure e frutta stagionali. Un modo di affinare il palato, di recuperare la dimensione naturale del cibo, di unire il piacere al benessere a tavola. In buona compagnia, perché il mangiare, se non è conviviale, non...
Read moreI dont leave any star for the food since we didn't manage to eat. As soon as we sat the owner(I gues he was) brought the menu written on a blackboard. We asked info about the plates at which the guy replied he didn't want to explain and that we had to trust him. He then went on saying that in case we didn't like what he was saying we could go somewhere else. We tried to understand the situation but the guys kept on saying that if we didn't like we had to leave. He actually repeated that phrase 4 times!! We just surrendered and left the place. The whole experience lasted no more than 5min and was just hilarious. I guess the guy has mental problems, which actually made me think it wasn't just worth getting mad. The only think I have to say is "I feel sorry...
Read moreOriginalità nel cibo e nell'atmosfera, ma il proprietario rovina l'esperienza.
Il cibo e l'atmosfera di questo ristorante sono senza dubbio originali, su questo non c'è nulla da dire. Tuttavia, il proprietario è un personaggio problematico, il classico esempio di ego eccessivo. La sua filosofia è chiara: o ti dimostri all'altezza del suo ristorante o, secondo lui, sarebbe meglio se te ne andassi. Non è una mia interpretazione: te lo dice proprio in faccia.
La nostra esperienza è iniziata con un monologo infinito e paternalistico su quanto lui, con i suoi 40-50 anni di esperienza in cucina, sia insuperabile. Ci ha quasi obbligato a scegliere il menù degustazione, ovviamente il più costoso, nonostante avessimo espresso il desiderio di ordinare piatti specifici perché non avevamo molta fame. La nostra scelta non è stata per nulla apprezzata. Ci ha definiti "omologati" e "paurosi", persone senza voglia di sperimentare. A quel punto, per lui eravamo già mentalmente catalogati e il rapporto si è fatto impossibile.
Ci ha invitato ad andarcene o a entrare pienamente nella filosofia del ristorante. Eravamo tentati di alzarci e andarcene, ma un misto di educazione, incredulità e spaesamento ci ha trattenuti. Siamo rimasti giusto il tempo di consumare le poche portate ordinate. Ogni tanto tornava al tavolo per provocare, con un'arroganza mai vista. Ad un certo punto, notando il malumore che aveva generato, mi ha addirittura detto che se avessimo potuto leggerci nei pensieri, "uno di noi sarebbe finito all'ospedale"! 😂 E tutto questo senza che io avessi detto quasi nulla di provocatorio, visto che mi interrompeva costantemente per tornare ad adorare il suono della propria voce.
Concludendo, trovo assurdo che con la scusa dello slow food e della cucina ricercata, alcune persone si sentano in diritto di trattare i clienti in modo così irrispettoso. Come se far sentire i clienti a proprio agio non fosse parte integrante dell'arte della ristorazione. E non venga a giustificarsi dicendo che era tutto ironico: l'intento aggressivo era palese. Per finire, il cibo era buono, ma dopo tutta la premessa di eccezionalità che ci è stata fatta, non era poi nulla di così...
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