Il Colle dell'Infinito Nella solitudine di Recanati, di un mondo ristretto e immobile dal quale il giovane Leopardi anela allontanarsi, dopo anni di studi fiologici e letterari compiuti in gran parte da autodidatta nascono i primi Idilli. Tra i piu amosi, nella primavera del 1819, il poeta scrive l'infinito. L'infinito trova il suo riferimento spaziale sull'ermo colle, l'altura solitaria del monte Tabor, sovrastante Recanati, dove Leopardi passeggia e medita. In realtà, il luogo reale del colle, con la siepe che esclude allo sguardo un lembo di orizzonte, è pretesto e simbolo di quei limiti umani che la ragione pone, Riporta l'uomo di continuo al mistero del vivere che è anche pena, male, non-senso. Come l'occhio desidera scoprire dietro la siepe l'orizzonte nascosto, così il cuore aspira, in un momento di fuggevole contemplazione, a liberarsi dai lacci di una filosofia fredda, spietatamente consequenziaria, che sancise l'infelicità degli uomini e il vuoto del mondo gettando sconforto nel giovane poeta. Allora il mirar lontano, oltre la siepe, diventa un immaginare, un fingere: "io nel pensiero mi fingo". Leopardi non si limita ad osservare i dati del reale; crea con la fantasia "interminati spazi e sovrumani silenzi" e nelle profondità di queste immagini evocate il suo cuore sembra quasi smarrirsi. Questo è il paesaggio che abbiamo davanti. Sul colle il sentimento non si arresta, ma si allarga a comprendere anche l'infinito temporale che viene, percontrasto, dallo stornir del vento tra le piante, voce dell'attimo presente e della stagione viva. Il vento evoca lo scorrere del tempo, rimanda alle morte stagioni e canta quella presente. E' ancora il paesaggio dell'infinito, luogo intensamente vero. L'animo si immerge in questo dolce mare, si oblia. Appare sconfinato il piccolo cerchio dell'esistenza di ogni uomo. Il monte Tabor di venta così il colle dell'infinito al volgere del primo quarto di secolo. Morto Leopardi, nel 1846 viene aperto aperto il viale del colle dell'infinito...Il paesaggio respira e cresce, vero organismo vivente...Leopardi ha associato a questo colle un momento assoluto che...
Read moreNon potrò mai dimenticare la mia prima visita a Recanati, oltre vent'anni fa. Parcheggiai l'auto all'ingresso del paese e, seguendo un cartello, mi diressi verso il Colle dell'Infinito. Dopo una passeggiata in salita in quello che mi sembrava un giardino pubblico con panchine, mi trovai di fronte ad un muro con la scritta "SEMPRE CARO MI FU QUEST'ERMO COLLE". Istintivamente mi girai per guardare da lì il panorama sottostante e circostante e non potei fare a meno di dire a mio marito che, se Giacomo Leopardi, avesse avuto davanti a sé lo stesso scenario, non avremmo mai avuto un capolavoro come "L’Infinito". Che delusione! Pure quest'anno, lo scorso settembre, ho raggiunto l'orto dell'antico Monastero di S. Stefano dall'alto, percorrendo una stradina da Palazzo Leopardi e, durante il breve percorso, ho potuto osservare il Sacello leopardiano. È stata una tappa d'obbligo nelle ultime due vacanze...
Read moreNon vorrei fare commenti negativi perché in effetti Leopardi mi fa tanta tenerezza: un giovane 21enne con una coltura ineguagliabile ma anch'essa complice di altri fattori che portavano il ragazzo a sentirsi tanto solo e forse prigioniero di un corpo e, all'epoca dell'Infinito, anche di un paesello di campagna che non lo facevano andare oltre e appagare le sue emozioni. Quindi deduco che, vivendo lì, PER LUI quello che vedeva da quel colle era l'INFINITO! E sinceramente vorrei sapere cosa ha provato poi quando, giunto a Napoli, avrà visto per esempio Posillipo... Quindi, in poche parole, il colle non è niente di che, ci sono pure degli alberi sottostanti che coprono il paesaggio e punti panoramici nel paese stesso nettamente migliori ma se ci si immedesima nel poeta e si prova a respirare l'aria oziosa del luogo lo si può...
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