Uno degli scrigni di arte e fede più preziosi di Arezzo. Intorno al 1240 i frati domenicani si stanziarono nella parte nord della città, iniziando la costruzione di un convento con la relativa chiesa, i cui lavori andarono avanti fino agli inizi del Trecento. Alla realizzazione concorsero le potenti famiglie aretine degli Ubertini e dei Tarlati. L’edificio, che presenta alcune analogie stilistiche con la Basilica di Santa Maria Novella a Firenze, si presenta al suo interno solenne. Le pareti interne furono per tutto il Trecento e il primo Quattrocento la principale “palestra” per la scuola pittorica locale, influenzata dai linguaggi senese e fiorentino ma con caratteristiche distintive. All'interno della basilica si possono ammirare: ° Un affresco di Spinello Aretino di fine Trecento che raffigura le “Storie dei SS. Filippo e Giacomo” sormontate da una lunetta con il “Matrimonio mistico di Santa Caterina” e il suo “Martirio”. ° Il “San Vincenzo Ferreri” attribuito in passato a Lazzaro Vasari. ° Le “Storie di San Cristoforo” di scuola spinelliana e il raffinato “Matrimonio mistico di Santa Caterina” di Parri di Spinello, tutti di primo Quattrocento. ° Tre opere della prima metà del XV secolo assegnate a Giovanni d’Agnolo di Balduccio. Sono la “Madonna con il Bambino tra San Clemente e San Lorenzo”, la “Annunciazione” e il “Crocifisso tra i SS. Giovanni e Michele Arcangelo”. ° “San Pietro, San Paolo e San Domenico” di fine XIII secolo attribuiti a Montano d’Arezzo. ° Trittico trecentesco del Maestro del Vescovado con “San Michele Arcangelo tra i SS. Domenico e Paolo”. Alla sua sinistra una “Madonna con il Bambino” di primo Cinquecento attribuita ad Angelo di Lorentino. ° La cappella maggiore è dominata dal “Crocifisso” di Cenni di Pepo detto Cimabue. L’opera, collocabile tra il 1265 e il 1268, è un capolavoro giovanile di colui che Giorgio Vasari indicò come il primo grande innovatore della pittura occidentale. ° Nella cappella sinistra dell’area absidale si ammirano la “Annunciazione” di Spinello Aretino del 1386 e la “Crocifissione tra la Madonna, San Giovanni e due cavalieri” della prima metà del Trecento del Maestro delle Sante Flora e Lucilla. Nella cappella è collocata anche la “Madonna con il Bambino” in pietra degli anni Trenta del XIV secolo che proteggeva Porta San Biagio. ° “Cristo Giudice e la Madonna del Popolo” del Maestro del Vescovado, risalente alla prima metà del XIV secolo. ° Affresco rovinato di Parri di Spinello della prima metà del Quattrocento, del quali si sono salvati gli “Angeli musicanti”. ° Un affresco di scuola spinelliana con “Santa Caterina d’Alessandria, San Lorenzo e Santa Barbara” anticipa la terracotta invetriata con “San Pietro Martire”, eseguita nel 1515-20 da Giovanni e Girolamo della Robbia. ° “Predica del Beato Ambrogio Sansedoni” di fine Duecento di Montano d’Arezzo. ° Cappella Dragomanni, scolpita da Giovanni di Francesco Fetti tra il 1360 e il 1377. Al centro dell’edicola si trova l’affresco con la “Disputa tra Gesù e i dottori nel tempio” di Donato e Gregorio d’Arezzo eseguito dopo il 1321. ° Alcune pitture frammentarie trecentesche, tra le quali si riconoscono una “Adorazione dei Magi” e una “Deposizione”, mentre in una nicchia si apprezza una “Madonna con il Bambino” in terracotta policroma del XVI secolo. ° “Crocifisso tra la Madonna, San Nicola, San Giovanni e San Domenico” e le “Storie di San Nicola” nella lunetta, capolavoro di primo Quattrocento di Parri di Spinello. Stralcio dal sito...
Read moreLa chiesa di San Domenico si trova nella piazza omonima, ad Arezzo; È stata dichiarata basilica minore nell'aprile del 1960 da papa Giovanni XXIII.
La chiesa, uno dei più importanti edifici sacri di Arezzo, fu iniziata nel 1275 e finita nel XIV secolo. Alla sua costruzione concorsero i contributi finanziari delle famiglie Ubertini e Tarlati. Nel gennaio 1276 la chiesa, solo parzialmente completata, ospitò quello che per la Chiesa di Roma fu il primo conclave della storia.
Importanti modifiche all'interno dell'edificio furono apportate nella seconda parte del XVI secolo, in particolare, vennero aggiunti nuovi altari e furono imbiancate le pareti affrescate.
A seguito del tentativo di riforma degli ordini religiosi posto in essere nel Granducato di Toscana nel 1782, la chiesa fu abbandonata fino all'inizio del XX secolo.
In quel periodo cominciarono i lavori di restauro sull'edificio, che comportarono anche la rimozione degli altari aggiunti nel Cinquecento e Seicento e il recupero degli affreschi del Duecento e Trecento, interventi che si conclusero nel 1924. La costruzione del protiro all'ingresso fu realizzata nel 1936 su progetto di Giuseppe Castellucci, allo scopo di proteggere gli affreschi della lunetta posta sopra il portone.
La facciata gotica in pietra forte, asimmetrica, comprende anche il campanile a vela dotato di due campane impostato sulla parte destra di essa. Il protiro moderno protegge la lunetta posta sopra il portone di ingresso nella quale si trova un affresco del 1480 circa di Angelo di Lorentino rappresentante la Madonna col bambino tra San Domenico e San Donato.
L'interno con tetto a capriate ha una sola navata, che prende luce da 6 finestre monofore per lato, la cui distanza reciproca diminuisce via via che ci si avvicina all'abside, conferendo così un maggior senso di profondità all'aula. Sulle pareti della navata la decorazione pittorica interna, prevalentemente trecentesca, è a tutt'oggi bene...
Read moreSi giunge alla chiesa di San Domenico, attraversando un'antica porta aretina addossata ai bastioni e percorrendo una rapida erta che si chiude in una bella piazza, il cui lato corto ospita la facciata, singolare nella sua asimmetria, di San Domenico. Varcato il protiro novecentesco, si accede nell'aula lunga e profonda che accoglie calorosamente fedeli e visitatori, pur in una penombra, rischiarata appena dai finestroni che portano luce all'interno. La navata unica, offre al visitatore, ampio spazio per poter ammirare le decorazioni pittoriche ad affresco, realizzate da artisti locali, i cui nomi oggi risultano affatto misconosciuti ai non addetti ai lavori. Spinello Aretino, Parri di Spinello, Giovanni d'angnolo di Balduccio, Maestro del Vescovado, Donato e Gregorio d'Arezzo, Maestro delle Sante Flora e Lucilla sono nomi che oggi farebbero sorridere per il sol fatto di nominarli, ma nel trecento e nel quattrocento erano sulla cresta dell'onda, nell'ambito delle botteghe dei pittori aretini ed erano richiestissimi dalle autorità ecclesiastiche. E poi Cenni di Pepo detto Cimabue, il cui crocifisso duecentesco campeggia maestoso sull'altare maggiore di San Domenico. È un Cristo patiens, dipinto a tempera da Cimabue, che offre a colui che lo guarda tutta la sua sofferenza, con un corpo che sembra sollevarsi dalla posizione in cui è stato messo e librarsi in un movimento appena percettibile. Lo sguardo del viandante è inchiodato alla figura del crocifisso e ci vuole tempo prima di distaccarsene. L'arte e la spiritualità del luogo sono gli artefici della sospensione atemporale prodotta nel cuore e nella mente...
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