A Palermo una mostra dedicata a a Michele Catti di anna scorsone alessandri
A 100 anni dalla scomparsa di Michele Catti (1855-1914), la Fondazione Sant’Elia, con il patrocinio della Provincia Regionale di Palermo ed altri Enti, hanno reso omaggio a questo illustre artista con la mostra “Michele Catti 1855-1914”: allestita nella sua città, nel piano nobile di palazzo Sant’Elia con una esposizione di oltre 130 opere provenienti in massima parte da collezioni private, ma anche pubbliche. un museo nascosto che diventa visibile.
Artista sensibile e raffinato, Michele Catti sembrava avvertire la dicotomia nella quale si dibatteva la società dell’epoca, avvertiva quasi un presagio, il senso del declino di una cultura e di un’epoca, la coscienza di trovarsi alla fine di un ciclo. L’agire della grande imprenditoria locale, stigmatizzata nella parabola dei Florio la cui fortuna era destinata a dissolversi in breve tempo, così come anche la città che si era espansa a dismisura al di là delle sue mura, la città stessa era stata teatro del mutare dei tempi. Nel giro di cinquat’anni erano stati costruiti due grandi teatri, la Palermo dei quartieri nuovi che si arricchiva delle costruzioni liberty che facevano bella mostra di sé. Ma bastava spostarsi a pochi centinaia di metri dallo sfarzo e dallo sfavillio dei palazzi nobiliari per assistere ad una Palermo vecchia con case fatiscenti in una condizione di degrado che non trovava eguali nel resto d’Europa. Nella poetica di Catti affiora come un presagio, una sorta di pessimistica realtà, scandita dai ritmi lenti della narrazione che segnano lo scorrere del ricordo. I colori solari, cromie calde ed avvolgenti della natura siciliana cedono il passo ad ampie velature di grigio che offuscano la visione e formano fra gli alberi una sottile nebbiolina. Personaggi muti riconoscibili nei raffinati abiti di fattura parigina come all’epoca usavano uomini e donne della ricca borghesia. Una tela raffigura Via Libertà dove rigogliosi aranceti hanno via, via, ceduto il passo alle dimore della ricca borghesia. È la scena di Michele Catti in “Ultime foglie”, dove uno scorcio di paesaggio urbano appare in un’atmosfera alquanto inconsueta, avvolta in una luce autunnale, carico di malinconia: le foglie giallo dorato si accumulano mestamente sul selciato bagnato, mentre una piccola folla è intenta alla quotidiana passeggiata nel famoso centro cittadino. Ogni azione è descritta nei suoi tratti essenziali. Analoga atmosfera si ritrova in “Autunno”,; una figura femminile, appena abbozzata, ricoperta da uno scialle colorato. In tutte le opere di Catti si trovano queste atmosfere autunnali e invernali molto diverse dalla solarità isolana. Una delle sue ultime opere è “Due novembre”: l’opera si colloca nell’ultimo tempo della pittura della vita dell’artista che si esprime in un dolore non gridato ma malinconicamente sofferto e nell’accettazione di una fine ormai prossima. L’oscuro addensarsi dei colori, la cadenza delle ombre compatte che si sviluppa in parallelo con gli alti cipressi scuri sullo sfondo impediscono la visione del paesaggio al di là della balaustra e fanno un tutt’uno con le nere figurine indistinte che si agitano come ombre sulla scena e che ne sottolineano gli ultimi anni di vita vissuta in travagliata solitudine. La sua stagione più feconda si svolge fra il 1890 e il 1910, cinque delle sue opere vennero acquistate dalla Casa Reale. I suoi successi espositivi trovano successo negli ambienti aristocratici. Ma Catti non condividerà fino in fondo i fasti e l’opulenza della società borghese e aristocratica della quale pure fa parte. Dalla sua città egli coglie altri aspetti e altri umori, di solitudine, di disagio, di modernità come crisi. Provato da lutti e ristrettezze vende i piccoli lavori a poco prezzo tenendo per sé le opere più impegnative per poi separarsene sempre con dolore. Gli ultimi quadri sono presagio di morte che avviene a Palermo il 4 luglio del 1914. Anna...
Read moreWithout a doubt the single biggest disappointment of our visit to Palermo. Not worth a cent unless you're REALLY into modern art...and even then you're pushing it. This'll put you out 5 Euros and even half the art gallery is closed to the public; absolutely criminal that they're continuing to charge money for entry as there's literally nothing to see in this place.
Sant'Elia Palace is a beautifully designed, built and externally maintained piece of architecture in the heart of the city. Having survived heavy bombing during the Second World War, it's a miracle so much of it is left. I got great joy from looking at it from outside.
What a pity it is, then, that once you get inside the photos and publicity on here are completely misleading and the entire building is in fact nothing but ugly white-washed plywood walls, locked doors, badly restored corridors and ultra modernist artwork hap-hazardly placed over original the most beautiful 18th century frescos and carved features.
Simply put, if you're even the vaguest bit interested in history or architecture, please do yourself a favour and visit one of the countless FREE or cheaper palaces scattered around the city which are much more lovingly presented than this. Attached are photos of the very best parts of this...
Read moreSe c'è un aggettivo per definire palazzo Sant'Elia è meraviglioso: la sua storia prende le mosse nei primi decenni del XVI secolo, quando il “ magnificus” Vincenzo Imbarbara barone di Alia comprava “un tenimentum magnum domorum cum cortilibus” posto all’incirca all’angolo tra la Ruga Magna dell’Albergheria e l’antica ruga Divisorum (le attuali via del Bosco e via Divisi).
Nel XVII secolo, cioè in concomitanza del taglio della strada Nova o Maqueda, il palazzo del marchese di Santa Croce, fu soggetto a una prima ristrutturazione: il palazzo all'epoca era costituito dagli appartamenti nobili al primo piano e da corpi adiacenti di servizio, le scuderie il forno, una cappella, un ampio giardino retrostante e forse anche l’originaria scala escuberta. Tra il 1720 e il 1750, il complesso subisce, sotto la direzione di un ignota architetto, un ampliamento, che dal 1756, su commissione del marchese Giovan Battista Celestri e Grimaldi, viene preso in carico dal al “ regio ingegnero” Nicolò Anito, che trasforma il palazzo in un gioiello del rococò.
Anito progetta nuovo monumentale fronte con doppio portale su via Maqueda e un nuovo cortile nell’area del preesistente giardino; nel 1760 il suo posto è preso dall'ingegnere Giovan Battista Cascione, che completa la facciata, realizzando la scenografica sequenza di “finestroni” dai timpani spezzati arcati e triangolari adorni di decorazioni in stucco, con le ringhiere a petto d’oca, la corte d’onore, il secondo cortile e lo scalone d’onore a doppia rampa con gradini in marmo rosso di Castelvetrano. In più coordina la complessa decorazione degli interni, che come spesso accade a Palermo, è ispirata alla simbologia massonica
Il palazzo è rimasto di proprietà dei marchesi di S.Croce fino al 1866 quando l’ultima erede del casato donna Marianna Celestri e Grimaldi principessa di Montevago priva di eredi diretti istituice suo erede universale il nipote Romualdo Trigona e Gravina principe di S.Elia, personaggio illustre, ma anche molto discusso, della Sicilia post-unitaria, il cui omonimo nipote, sindaco di Palermo, amico di Ignazio Florio e zio di Tomasi di Lampedusa, è coinvolto in uno scandalo della Roma umbertina: l 2 marzo 1911 la moglie, che era prima dama d'onore della regina Elena, è uccisa dall'amante, il barone Vincenzo Paternò, tenente di cavalleria, in una camere dell'Hotel Rebecchino, nel rione Esquilino
I Trigona di Sant’Elia mantengono la proprietà fino al 1920 quando donna Laura Trigona decide di vendere la parte più rappresentativa dell’immobile, che decade rapidamente, finché nel 1997 non viene acquistato dalla Provincia di Palermo che avvia nel 2000 un complesso restauro. Nel 2013, è affidato fondazione Sant'Elia, che ha trasformato il palazzo in polo culturale ed espositivo, sede di...
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