La basilica di San Domenico Maggiore è una chiesa monumentale di Napoli sita in posizione pressoché centrale rispetto al decumano inferiore, nella piazza omonima.
Voluta da Carlo II d'Angiò ed eretta tra il 1283 e il 1324, divenne la casa madre dei domenicani1] nel regno di Napoli e chiesa della nobiltà aragonese.
La basilica, splendido esempio di architettura gotico-angioina, assieme al suo adiacente convento, costituisce uno dei più grandi e importanti complessi religiosi della città, sia sotto il profilo storico, che artistico che culturale.
StoriaModifica


San Tommaso d'Aquino e Giordano Bruno, il legame che ebbero col convento fu cruciale per la loro formazione filosofica
Nel 1231 i domenicani, con a capo Fra Tommaso Agni da Lentini, giunsero a Napoli e non disponendo di una sede propria si stabilirono nell'antico monastero della chiesa di San Michele Arcangelo a Morfisa, gestita dai padri benedettini, prendendone possesso.[2
La consacrazione della basilica a San Domenico avvenne nel 1255 per volere di papa Alessandro IV, come attestato da una lapide posta alla destra dell'ingresso principale. La costruzione della basilica fu voluta da re Carlo II[1] per un voto fatto alla Maddalena durante la prigionia patita nel periodo dei vespri siciliani. La prima pietra fu posta il 6 gennaio del 1283, con i lavori che si protrassero sino al 1324, seguiti nella fase definitiva dagli architetti francesi Pierre de Chaul e Pierre d'Angicourt.[2]
La basilica fu eretta secondo i classici canoni del gotico, con tre navate, cappelle laterali, ampio transetto e abside poligonale, e fu realizzata in senso opposto alla chiesa preesistente, vale a dire con l'abside rivolta verso la piazza, alle cui spalle fu aperto un ingresso secondario durante il periodo aragonese.
Nel corso dei secoli importanti personalità hanno avuto legami con il complesso; vi insegnò infatti san Tommaso d'Aquino, la cui cella è tutt'oggi visitabile nell'edificio,[3] mentre tra gli alunni illustri si ricordano su tutti i filosofi Giovanni Pontano, Giordano Bruno[3] e Tommaso Campanella.[2]

Il convento visto da San Martino
Numerosi interventi succedutisi nei secoli ne hanno alterato la struttura e le originarie forme gotiche: nel periodo rinascimentale terremoti e incendi avviarono i primi rifacimenti; nonostante tutto nel 1536 Carlo V ricevette accoglienza nel tempio. Ancora più incisivi furono i rifacimenti barocchi del Seicento, tra i quali spiccano la sostituzione del pavimento con quello progettato da Domenico Antonio Vaccaro, poi completato nel XVIII secolo.
Con l'avvento a Napoli di Gioacchino Murat il complesso fu destinato tra il 1806 e il 1815 ad opera pubblica, provocando in questo modo danni alla biblioteca e al patrimonio artistico. Un tentativo di ripristino invece fu messo in atto con i restauri ottocenteschi di Federico Travaglini, che tuttavia portarono ad un complessivo snaturamento dell'originale spazialità della basilica.
Ulteriori danni furono subiti dal complesso durante il periodo della soppressione degli ordini religiosi, quando i padri domenicani dovettero nuovamente abbandonare il convento (1865-1885) a causa di alcuni riadattamenti discutibili che si intese dare alle strutture (palestre, istituti scolastici, ricovero per mendicanti e sede del tribunale).
Nel febbraio del 1921 papa Benedetto XV elevò la chiesa al rango di basilica minore.[4]
I restauri del 1953 eliminarono i segni dei bombardamenti del 1943, ripristinando il soffitto a cassettoni, i tetti, le balaustre delle cappelle, la pavimentazione e l'organo settecentesco e riportando alla luce anche gli affreschi del Cavallini, mentre interventi più recenti (1991) si sono avuti sulla scala esterna in piperno e sulla...
Read moreLa Basilica di San Domenico Maggiore è ubicata nell’omonima Piazza del centro storico di Napoli.
Storia
Il monumentale edificio, voluto da Carlo II d’Angiò fu costruita in stile gotico fra il XIII e XIV secolo, in parte inglobando una chiesa preesistente.
Nella chiesa vi sono molte significative opere di grandi artisti, inoltre è stata frequentata da grandi studiosi e filosofi, quali Giordano Bruno e Tommaso Campanella e vi ha vissuto San Tommaso d’Aquino (n.1225 m.1274), del quale è possibile visitare la cella dove stette per oltre un anno.
Purtroppo nel corso dei secoli per terremoti e incendi la chiesa fu ricostruita più volte, perdendo la sua fisionomia originaria, dallo stile gotico si andò verso quello barocco.
Altro notevole danno, in comune con altre chiese di Napoli, si ebbe con i bombardamenti della II guerra mondiale.
Esterno
La parte principale dell’edificio si affaccia sul Largo San Domenico Maggiore posta dalla parte dell’abside, assomiglia più ad un castello che ad una chiesa con tanto di merlatura.
Mentre l’accesso principale si trova su Vico San Domenico, accedendovi per un cortile, dove è presente un pronao, che copre il bellissimo portale gotico e il maestoso portale ligneo.
Sulla destra si trova il campanile su più ordini del XVIII secolo.
Interno
Ha una forma non lineare, avendo inglobato una chiesa preesistente, semplificando la descrizione si presenta, con una forma Basilicale con tre navate con abside semicircolare e transetto.
Vi sono molte cappelle disposte lungo la pianta:
• 7 cappelle per lato sulle navate (14) • 4 per lato nei due transetti (8) • 1 per lato sulla controfacciata (2) • 1 sotto l’abside • Più altri piccoli ambienti e altari
Da segnalare:
La Cappella Brancaccio, con un ciclo di dipinti del pittore Pietro Cavallini (della prima metà del XIV secolo) Vi sono raffigurate le Storie di San Giovanni Evangelista, la Crocifissione e Storie di altri Santi.
Particolare è la zona dell’abside, di tipo gotico che ospita l’altare maggiore in stile barocco con marmi policromi (XVII secolo) e con una bella balaustra.
Significativo e di rara bellezza il candelabro pasquale del XVI secolo.
Soffitto a cassettoni dorati di tipo barocco con al centro lo stemma...
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