Beautiful monument. The so-called Temple of Minerva Medica is located in the Esquilino district, in Via Giolitti, next to the Rome-Pantano urban railway line.It was so named in the 16th century, when a statue of Minerva with the snake was found, erroneously attributed to the building in via Giolitti, actually found in Campo Marzio.It is a large imperial brick building dating back to the early decades of the fourth century AD, consisting of a covered domed hall with a twelve-sided plan, on each of which, except the entrance, there are semicircular niches. Ten large windows open on the walls of the room.The building that had a dome of about 25 meters in diameter, the third largest in ancient Rome, after that of the Pantheon and the Baths of Caracalla, was probably a representative pavilion or a nymphaeum (monumental fountain) that was part of the complex degli Horti Liciniani, a large villa that takes its name from the emperor Licinius Gallienus (260-268 AD).The construction represents the development that took place in Roman architecture in the context of buildings with a central plan, which anticipates forms and aspects of Paleobyzantine...
Read moreIl cosiddetto Tempio di Minerva Medica, purtroppo non visitabile e abbandonato a se stesso, è l'unico resto evidente del Palatium Licinianum, sepolto sotto la Stazione Termini e Via Giolitti è il cosiddetto tempio di Minerva Medica, sino a poco tempo fa era ritenuto un ninfeo: il ritrovamento recente di un vasto ipocausto, sistema di riscaldamento usato nell'antica Roma, consistente nella circolazione di aria calda entro cavità poste nel pavimento e nelle pareti, ha però rimesso in discussione tale interpretazione.
Probabilmente, l'edificio poteva essere una triclinio invernale, oppure, come aveva ipotizzato Baldassarre Peruzzi, uno spazio a carattere termale, un calidarium e le esedre associate svolgere il ruolo di laconicum, sudatio (ambienti surriscaldati per provocare la sudorazione) e l'alveum (vasca per il bagno in acqua calda).
L'edificio consiste in una vasta sala a pianta decagonale coperta da una cupola sostanzialmente emisferica ma con centro ribassato, che - con il suo diametro di 25 metri - è la terza a Roma per dimensioni.
Su nove lati del perimetro si aprono delle nicchie semicircolari, non tutte conservate, che sporgono esternamente e che forse ospitavano statue, mentre sul decimo lato, a nord, si trova l'ingresso sovrastato da un arco a tutto sesto. In tal modo la cupola appoggia sostanzialmente su dieci pilastri posti ai vertici del decagono.
Dai bolli laterizi appare come l'edificio sia stato realizzato all'epoca di Massenzio, che ha cominciato i lavori e Costantino, che li ha portati a termine, consolidando la cupola con due contrafforti, quando si integrò in un unico complesso il Palatium Licinianum e il Sessorianum.
Il tutto fu costruito su precedenti strutture dell'epoca Repubblicana, di cui poco si riesce a capire
La cupola era originariamente rivestita da mosaici in pasta vitrea, poi ricoperti da un sottile strato d'intonaco; da quello che sappiamo, dalle descrizione di Giuliano di Sangallo, dovevano esservi rappresentati motivi floreali, animali e figure simboliche
I pavimenti erano decorati in opus sectile realizzato conmarmi bianchi, abbinati al rosso antico africano e al verde porfido spartano, mentre le pareti erano movimentate da elementi di decorazione architettonica quali trabeazioni, lesene e colonne forse d'ordine corinzio, rivestite con lastre di marmo (crustae) allettate nella classica preparazione di malta e frammenti di coccio (cocciopesto).
Qualcosa è anche rimasto della decorazione scultorea, ritrovata durante gli scavi del 1879: le statue più importanti sono un Dionisio con pantera, un satiro danzante, una fanciulla seduta, copia di un originale di Lisipp e soprattutto i due magistrati rappresentati nell'atto di dar inizio alle gare del Circo Massimo, nei quali un'ipotesi molto suggestiva riconosce Quinto Aurelio Simmaco e suo figlio Memmio, il che potrebbe far ipotizzare un passaggio di proprietà del Palatium ai tempi di...
Read moreIL "tempio " di Minerva Medica è un edificio romano situato in via Giolitti, nel rione Esquilino di Roma. L'imponente costruzione a cupola risale presumibilmente all'inizio del IV secolo e si trova oggi stretta tra i binari ferroviari ed i palazzi costruiti alla fine del XIX secolo per il nuovo quartiere Esquilino. L'edificio non è un tempio, come fu creduto per lungo tempo per errore, ma una sala monumentale entro il recinto di una lussuosa residenza extraurbana che occupava in antico la zona, tra la chiesa di Santa Bibiana e Porta Maggiore, sull'asse viario che usciva dalla Porta Esquilina, corrispondente al complesso degli Horti Liciniani. Fino alla metà del XVI secolo l'edificio fu fantasiosamente ritenuto intitolato ai filii adoptivi di Augusto, Gaio e Lucio Cesari (Basilica, thermae Gai et Luci) o ad Ercole Callaico (Terme Gallice), da cui deriva la corruzione popolare del toponimo in «Le Galluzze», «Galluccie» o «Galluce» attestato nella cartografia storica e nei trattati di erudizione. Secondo Rodolfo Lanciani, la confusione che fece identificare il padiglione come tempio risale al XVII secolo, quando si attribuì a questi scavi una statua di Minerva con ai piedi un serpente (animale sacro ad Esculapio), trovata in realtà in Campo Marzio (ora ai Musei Vaticani). Ma la denominazione è anteriore, utilizzata già nel XVI secolo da Pirro Ligorio, che studiò l'edificio e ne disegnò la pianta indicandovi i luoghi di ritrovamento di statue e colonne. Ragione dell'equivoco potrebbe essere stata un'interpretazione delle fonti che indicavano un tempio di Minerva nell'area o il rinvenimento di un ricco corredo votivo nei pressi della vicina via Labicana. La costruzione, a pianta centrale decagonale, era probabilmente un ninfeo, forse uno spazio a carattere termale, considerato il vasto ipocausto rinvenuto sotto una parte dell'aula principale, oppure di una sala triclinare. Il padiglione doveva probabilmente far parte di un più articolato complesso edilizio, forse di proprietà imperiale, con funzione di rappresentanza e di svago (specus aestivus). A partire dal V secolo, in conseguenza del completo spopolamento della zona dell'Esquilino, esso rimase in stato di abbandono come isolata ed incongrua presenza monumentale nella campagna. Nel corso del Rinascimento, poiché la sua struttura si presentava in buone condizioni di conservazione, il monumento fu oggetto d'interesse da parte di diversi architetti (Giuliano da Sangallo, Baldassarre Peruzzi, Sallustio Peruzzi e Palladio), che lo disegnarono indicandolo come modello per alcuni progetti fiorentini, in particolare quelli della rotonda della basilica della Santissima Annunziata e della Rotonda di Santa Maria degli Angeli di Filippo Brunelleschi. Pare che il Brunelleschi avesse studiato l'edificio durante i suoi viaggi a Roma proprio per escogitare il modo di costruire la cupola di Santa...
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