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Palazzo Fetta di Polenta — Attraction in Turin

Name
Palazzo Fetta di Polenta
Description
Casa Scaccabarozzi, commonly known as Fetta di Polenta, is a historic building located in the Vanchiglia neighborhood of the northern Italian city of Turin. It is famous for its unusual and very thin trapezoidal plan and for being only 54 centimetres at its narrowest.
Nearby attractions
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Corso S. Maurizio, 69 bis/G, 10124 Torino TO, Italy
HABANERO
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Palazzo Fetta di Polenta
ItalyPiedmontTurinPalazzo Fetta di Polenta

Basic Info

Palazzo Fetta di Polenta

Via Giulia di Barolo, 9, 10124 Torino TO, Italy
4.4(483)
Open 24 hours
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spot

Ratings & Description

Info

Casa Scaccabarozzi, commonly known as Fetta di Polenta, is a historic building located in the Vanchiglia neighborhood of the northern Italian city of Turin. It is famous for its unusual and very thin trapezoidal plan and for being only 54 centimetres at its narrowest.

Cultural
Scenic
attractions: Mole Antonelliana, Museo Nazionale del Cinema, Fondazione Accorsi - Ometto - Museo di Arti Decorative, Museum of Radio and Television RAI, Casa Mollino, Department of Philosophy and Educational Sciences, Church of the Most Holy Annunciation, Chiesa Parrocchiale della Gran Madre di Dio, Room Escape Turin Mystery House, International Students Office Unito, restaurants: Touberi Restaurant, Scugnizzo, Rock Burger® Torino, La Panzerotteria - Apulian Street Food, Qui in vanchiglia, Curry & Co, Brace Pura, Mamma mia, Piccolo Lord, HABANERO
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AndreaAndrea
Casa Scaccabarozzi, conosciuta a Torino come “Fetta di polenta”, è un edificio unico nel suo genere, situato nel quartiere Vanchiglia, all’angolo tra corso San Maurizio e via Giulia di Barolo. Il soprannome deriva sia dal colore giallo ocra delle facciate, sia dalla pianta trapezoidale estremamente sottile in cui uno dei lati misura appena 54 centimetri. Negli anni Quaranta dell’Ottocento, su impulso dei marchesi di Barolo, prese forma il nuovo sobborgo di Vanchiglia, allora chiamato “Quartiere del Moschino” per la presenza di insetti dovuta alla vicinanza dei fiumi Po e Dora Riparia. I lavori furono affidati alla Società Costruttori di Vanchiglia, cui aderì anche l’architetto Alessandro Antonelli (1798-1888), già impegnato in altri progetti nel quartiere e futuro autore della Mole Antonelliana. Come compenso per la sua attività, Antonelli ricevette un minuscolo lotto all’angolo dell’attuale via Giulia di Barolo, un appezzamento angusto e difficile da valorizzare in cui ogni tentativo di ampliamento, acquistando i terreni adiacenti, fallì. A quel punto, per provocazione e per dimostrare la propria abilità, Antonelli decise comunque di costruirvi un edificio da reddito, ricavando un appartamento per ciascun piano e, dove mancava spazio in larghezza, recuperò in altezza. La costruzione procedette in fasi: nel 1840, furono realizzati i primi quattro piani, successivamente ne furono aggiunti altri due e, infine, nel 1881 fu completato l’attuale ultimo piano, portando l’edificio a nove livelli complessivi (sette fuori terra e due interrati), per un’altezza di 24 metri. A lavori ultimati, Antonelli lo donò alla moglie Francesca Scaccabarozzi, nobildonna originaria di Cremona da cui il nome ufficiale. Nonostante l’aspetto fragile, l’edificio dimostrò una sorprendente solidità strutturale: Antonelli stesso vi abitò per un periodo, sfidando chi ne dubitava, e la casa resistette indenne all’esplosione della polveriera di Borgo Dora nel 1852, al terremoto del 1887 ed ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che lesionarono gravemente molti degli isolati circostanti. Oltre alla sua struttura unica, la “Fetta di polenta” ha anche un valore storico poiché, al piano terreno, ospitò il Caffè del Progresso, punto di ritrovo di Carbonari e patrioti risorgimentali inoltre, nel 1859, vi soggiornò Niccolò Tommaseo, ricordato da una lapide commemorativa. Dal punto di vista architettonico, l’edificio è costruito in pietra e mattoni, con una stretta scala a forbice in pietra e fondamenta molto profonde, che garantiscono la stabilità dell’insieme. Il lato più stretto, privo di finestre, ospita un cortile dove sono collocati i condotti e, originariamente, anche i servizi igienici. I prospetti principali, invece, sono arricchiti da ampie finestre, balconi aggettanti e cornici sporgenti, che Antonelli sfruttò per aumentare il volume interno. Lo stile architettonico è Eclettico, con elementi neoclassici e motivi geometrici in rilievo e alcuni dettagli raccontano la sua evoluzione costruttiva, come la cornice all'altezza del quarto piano, che corrispondeva al primo tetto, prima delle sopraelevazioni. Fino alla fine degli anni Settanta del Novecento, l’edificio era suddiviso in unità indipendenti poi fu trasformato in un’unica abitazione dall'architetto e scenografo Renzo Mongiardino, che lo definì “una torre formata dalla sovrapposizione di molti vagoni ferroviari”. Un ulteriore restauro, seguito al passaggio di proprietà per asta giudiziaria, ha preservato gli elementi originali antonelliani e valorizzato alcune delle decorazioni più significative di Mongiardino. L’edificio ha ospitato anche una galleria d'arte prima di tornare ad essere una residenza privata, pur mantenendo all’interno installazioni artistiche visitabili su appuntamento. Oggi, tutelata dalla Soprintendenza, la “Fetta di polenta” è uno degli edifici più caratteristici e originali di Torino e rappresenta una sfida architettonica trasformata in simbolo cittadino.
KrifesamKrifesam
Costruzione particolarissima e caratteristica di Torino, viene così chiamato per il suo colore giallo e la forma a sezione trapezoidale tipica di una fetta di polenta, appunto! Fu progettato dall'architetto Antonelli, lo stesso della Mole, a seguito di una sorta di sfida; Antonelli infatti faceva parte di un gruppo di architetti dediti alla progettazione del quartiere Vanchiglia e come compenso per i lavori eseguiti gli fu ceduto un piccolo appezzamento di terreno all'angolo con l'attuale via Giulia di Barolo e, falliti i tentativi di acquistare il terreno adiacente per ingrandirlo, Antonelli decise di costruire un palazzo da reddito sfruttando lo spazio in altezza. Nonostante l'altezza di soli 23 metri infatti Casa Scaccabarozzi (dal cognome di sua moglie) presenta 7 piani esterni (di altezze differenti) e 2 sotterranei collegati da una scala interna. Il lato su Corso San Maurizio è largo poco più di 4 metri (ed è pure lievemente pendente), quello su via Giulia di Barolo 16, mentre il lato opposto solo 54 centimetri!! L'Antonelli, sempre per sfida, vi abitò con la moglie per poco più di un anno; attualmente è di proprietà privata e non è visitabile all'interno.
Molinelli OsteofisioMolinelli Osteofisio
4 stelle perché è veramente particolare come conformazione. Probabilmente il palazzo più stretto d' Italia che per via della sua profondità e per il colore giallo ocra viene chiamato dai torinesi: la fetta di polenta. Venne progettato da Alessandro Antonelli la quale era stato dato come pagamento di alcuni lavori fatti un piccolissimo appezzamento di terreno in questa zona. Non riuscendo ad acquistare i terreni adiacenti Antonelli , nel 1840, decise di progettare un edificio con un solo appartamento per piano rialzando poi fino a 27 metri seppur largo solo 4 metri e mezzo sul fronte di corso Maurizio. Il nome Scaccabarozzi proviene dalla moglie di Alessandro Antonelli al quale venne donato dal marito dopo la sua costruzione. Ci furono " critiche " relative all'edificio e molti ne misero in dubbio la stabilità. Fu così che Antonelli e la moglie vi si trasferito o per un periodo in modo da fugare i dubbi dei detrattori. A dispetto delle critiche l'edificio è ancora lì pur avendo subito dei rischi non da poco come ad esempio un terremoto nel 1887. Da vedere e sarebbe bello anche vederlo da dentro però purtroppo non ci sono riuscito
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Casa Scaccabarozzi, conosciuta a Torino come “Fetta di polenta”, è un edificio unico nel suo genere, situato nel quartiere Vanchiglia, all’angolo tra corso San Maurizio e via Giulia di Barolo. Il soprannome deriva sia dal colore giallo ocra delle facciate, sia dalla pianta trapezoidale estremamente sottile in cui uno dei lati misura appena 54 centimetri. Negli anni Quaranta dell’Ottocento, su impulso dei marchesi di Barolo, prese forma il nuovo sobborgo di Vanchiglia, allora chiamato “Quartiere del Moschino” per la presenza di insetti dovuta alla vicinanza dei fiumi Po e Dora Riparia. I lavori furono affidati alla Società Costruttori di Vanchiglia, cui aderì anche l’architetto Alessandro Antonelli (1798-1888), già impegnato in altri progetti nel quartiere e futuro autore della Mole Antonelliana. Come compenso per la sua attività, Antonelli ricevette un minuscolo lotto all’angolo dell’attuale via Giulia di Barolo, un appezzamento angusto e difficile da valorizzare in cui ogni tentativo di ampliamento, acquistando i terreni adiacenti, fallì. A quel punto, per provocazione e per dimostrare la propria abilità, Antonelli decise comunque di costruirvi un edificio da reddito, ricavando un appartamento per ciascun piano e, dove mancava spazio in larghezza, recuperò in altezza. La costruzione procedette in fasi: nel 1840, furono realizzati i primi quattro piani, successivamente ne furono aggiunti altri due e, infine, nel 1881 fu completato l’attuale ultimo piano, portando l’edificio a nove livelli complessivi (sette fuori terra e due interrati), per un’altezza di 24 metri. A lavori ultimati, Antonelli lo donò alla moglie Francesca Scaccabarozzi, nobildonna originaria di Cremona da cui il nome ufficiale. Nonostante l’aspetto fragile, l’edificio dimostrò una sorprendente solidità strutturale: Antonelli stesso vi abitò per un periodo, sfidando chi ne dubitava, e la casa resistette indenne all’esplosione della polveriera di Borgo Dora nel 1852, al terremoto del 1887 ed ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che lesionarono gravemente molti degli isolati circostanti. Oltre alla sua struttura unica, la “Fetta di polenta” ha anche un valore storico poiché, al piano terreno, ospitò il Caffè del Progresso, punto di ritrovo di Carbonari e patrioti risorgimentali inoltre, nel 1859, vi soggiornò Niccolò Tommaseo, ricordato da una lapide commemorativa. Dal punto di vista architettonico, l’edificio è costruito in pietra e mattoni, con una stretta scala a forbice in pietra e fondamenta molto profonde, che garantiscono la stabilità dell’insieme. Il lato più stretto, privo di finestre, ospita un cortile dove sono collocati i condotti e, originariamente, anche i servizi igienici. I prospetti principali, invece, sono arricchiti da ampie finestre, balconi aggettanti e cornici sporgenti, che Antonelli sfruttò per aumentare il volume interno. Lo stile architettonico è Eclettico, con elementi neoclassici e motivi geometrici in rilievo e alcuni dettagli raccontano la sua evoluzione costruttiva, come la cornice all'altezza del quarto piano, che corrispondeva al primo tetto, prima delle sopraelevazioni. Fino alla fine degli anni Settanta del Novecento, l’edificio era suddiviso in unità indipendenti poi fu trasformato in un’unica abitazione dall'architetto e scenografo Renzo Mongiardino, che lo definì “una torre formata dalla sovrapposizione di molti vagoni ferroviari”. Un ulteriore restauro, seguito al passaggio di proprietà per asta giudiziaria, ha preservato gli elementi originali antonelliani e valorizzato alcune delle decorazioni più significative di Mongiardino. L’edificio ha ospitato anche una galleria d'arte prima di tornare ad essere una residenza privata, pur mantenendo all’interno installazioni artistiche visitabili su appuntamento. Oggi, tutelata dalla Soprintendenza, la “Fetta di polenta” è uno degli edifici più caratteristici e originali di Torino e rappresenta una sfida architettonica trasformata in simbolo cittadino.
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Casa Scaccabarozzi, conosciuta a Torino come “Fetta di polenta”, è un edificio unico nel suo genere, situato nel quartiere Vanchiglia, all’angolo tra corso San Maurizio e via Giulia di Barolo. Il soprannome deriva sia dal colore giallo ocra delle facciate, sia dalla pianta trapezoidale estremamente sottile in cui uno dei lati misura appena 54 centimetri. Negli anni Quaranta dell’Ottocento, su impulso dei marchesi di Barolo, prese forma il nuovo sobborgo di Vanchiglia, allora chiamato “Quartiere del Moschino” per la presenza di insetti dovuta alla vicinanza dei fiumi Po e Dora Riparia. I lavori furono affidati alla Società Costruttori di Vanchiglia, cui aderì anche l’architetto Alessandro Antonelli (1798-1888), già impegnato in altri progetti nel quartiere e futuro autore della Mole Antonelliana. Come compenso per la sua attività, Antonelli ricevette un minuscolo lotto all’angolo dell’attuale via Giulia di Barolo, un appezzamento angusto e difficile da valorizzare in cui ogni tentativo di ampliamento, acquistando i terreni adiacenti, fallì. A quel punto, per provocazione e per dimostrare la propria abilità, Antonelli decise comunque di costruirvi un edificio da reddito, ricavando un appartamento per ciascun piano e, dove mancava spazio in larghezza, recuperò in altezza. La costruzione procedette in fasi: nel 1840, furono realizzati i primi quattro piani, successivamente ne furono aggiunti altri due e, infine, nel 1881 fu completato l’attuale ultimo piano, portando l’edificio a nove livelli complessivi (sette fuori terra e due interrati), per un’altezza di 24 metri. A lavori ultimati, Antonelli lo donò alla moglie Francesca Scaccabarozzi, nobildonna originaria di Cremona da cui il nome ufficiale. Nonostante l’aspetto fragile, l’edificio dimostrò una sorprendente solidità strutturale: Antonelli stesso vi abitò per un periodo, sfidando chi ne dubitava, e la casa resistette indenne all’esplosione della polveriera di Borgo Dora nel 1852, al terremoto del 1887 ed ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che lesionarono gravemente molti degli isolati circostanti. Oltre alla sua struttura unica, la “Fetta di polenta” ha anche un valore storico poiché, al piano terreno, ospitò il Caffè del Progresso, punto di ritrovo di Carbonari e patrioti risorgimentali inoltre, nel 1859, vi soggiornò Niccolò Tommaseo, ricordato da una lapide commemorativa. Dal punto di vista architettonico, l’edificio è costruito in pietra e mattoni, con una stretta scala a forbice in pietra e fondamenta molto profonde, che garantiscono la stabilità dell’insieme. Il lato più stretto, privo di finestre, ospita un cortile dove sono collocati i condotti e, originariamente, anche i servizi igienici. I prospetti principali, invece, sono arricchiti da ampie finestre, balconi aggettanti e cornici sporgenti, che Antonelli sfruttò per aumentare il volume interno. Lo stile architettonico è Eclettico, con elementi neoclassici e motivi geometrici in rilievo e alcuni dettagli raccontano la sua evoluzione costruttiva, come la cornice all'altezza del quarto piano, che corrispondeva al primo tetto, prima delle sopraelevazioni. Fino alla fine degli anni Settanta del Novecento, l’edificio era suddiviso in unità indipendenti poi fu trasformato in un’unica abitazione dall'architetto e scenografo Renzo Mongiardino, che lo definì “una torre formata dalla sovrapposizione di molti vagoni ferroviari”. Un ulteriore restauro, seguito al passaggio di proprietà per asta giudiziaria, ha preservato gli elementi originali antonelliani e valorizzato alcune delle decorazioni più significative di Mongiardino. L’edificio ha ospitato anche una galleria d'arte prima di tornare ad essere una residenza privata, pur mantenendo all’interno installazioni artistiche visitabili su appuntamento. Oggi, tutelata dalla Soprintendenza, la “Fetta di polenta” è uno degli edifici più caratteristici e originali di Torino e rappresenta una sfida architettonica trasformata in...

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