Palazzo Citterio: Between Potential and Disarray
The visit to Palazzo Citterio leaves mixed feelings. The general impression is of a space with immense potential, hindered by curatorial and logistical choices that lack coherence and attention to the visitor’s experience.
One of the main issues is the distribution of the artworks: too much or too little, without a sense of balance. Some rooms feel overly crowded, creating visual overload, while others are so sparsely arranged that they seem to lack a clear narrative thread. This inconsistency negatively impacts the experience, leaving visitors disoriented. Even the placement criteria of the works, presumably carefully considered, remain unclear to the general public. According to ICOM guidelines, a museum’s goal is also to educate, yet here education seems to take a backseat to an aesthetic that is hard to interpret.
Another critical point concerns the captions: they are difficult to read and often hard to find. In a context where inclusivity should be a priority, this becomes a tangible barrier. It is paradoxical that the bathroom signage is more visible and functional than the information accompanying the artworks.
From an architectural perspective, there are interesting elements, such as the staircases and the room dedicated to Pellizza da Volpedo, which evoke a certain brutalist charm. However, from an exhibition standpoint, these spaces fail to convince: the aesthetic impact is there, but the educational or narrative function is lacking. It feels more like stepping into a design store than a place dedicated to the enhancement of art. Have you visited the Bershka flagship store designed by Rem Koolhaas? That’s the vibe.
Finally, a logistical note: the lack of a cloakroom is a surprising omission, especially for a venue of this importance. It might seem like a minor detail, but it adds to a general sense of disorganization.
In summary, Palazzo Citterio is a space rich in significant artworks, but its potential is heavily limited by suboptimal curatorial and logistical management. A deeper reflection is needed to make the experience more accessible, educational, and fulfilling...
Read moreUltimo tassello del progetto "Grande Brera" e ultimo nato tra i musei pubblici milanesi, è stato infatti inaugurato a dicembre 2024 dopo 50 anni di attesa (il palazzo era stato acquistato dallo Stato nel 1972, proprio per allargare la sede espositiva della Pinacoteca). Per il momento il museo è aperto solo dal giovedì alla domenica dalle 14.00 alle 19.00. Come per la Pinacoteca di Brera, anche qui è obbligatoria la prenotazione online. Personalmente, ritengo che 12 euro di biglietto sia esagerato rispetto a quanto offerto (e più sotto spiego perché). Andateci solo se siete appassionati di arte moderna e contemporanea e, possibilmente, aspettate che inseriscano il biglietto cumulato con la Pinacoteca (si vocifera di 20 euro per entrambi a partire da maggio o giugno 2025). La collezione permanente di Palazzo Citterio è prettamente di arte moderna: al 90% sono opere del Novecento italiano ed è formata principalmente da due importanti lasciti (le collezioni Jesi e Vitali) che purtroppo, tra le loro clausole, prevedono che ogni collezione sia trattata come un unicum e quindi indivisibile. Questo impatta negativamente sulla visita, avendo tolto ai curatori la possibilità di creare un percorso più coerente e lineare. Inoltre, le opere sono poche, un palazzo intero è sprecato: la collezione occupa solo il primo piano. Al piano terra c'è l'accoglienza, al -1 uno spazio espositivo temporaneo (vi si accede dal cortile del civico 12) ed un auditorium; il secondo piano è dedicato interamente alle mostre temporanee. Anche la fruibilità della collezione permanente non mi ha soddisfatta: al contrario della Pinacoteca, qui non ci sono descrizioni ad accompagnare (almeno) le opere più importanti. C'è solo una spiegazione generica della singola sala, tra l'altro montata su un cartello troppo in alto e scritto troppo piccolo, è quasi illeggibile. Inoltre, in alcune sale c'è un cartello unico che comprende tutte le didascalie della sala. Entrambe queste scelte non aiutano durante la visita e creano capannelli di persone e code in attesa di leggere le (poche) informazioni disponibili. Sinceramente non ho apprezzato nemmeno l'intervento di restauro: tonnellate di cemento armato a vista in stile brutalista fanno a pugni con l'elegante palazzo Settecentesco e con i suoi meravigliosi soffitti al...
Read moreUn edificio nobiliare risalente al 1764 (probabilmente realizzato unendo due edifici più antichi) con una lunga fronte su Via Brera, che presenta (sui tre piani) balconcini di ferro arabescati: stile barocchetto. Due ingressi, al n. 12 e al n. 14; da uno di essi si ha la visuale completa degli spazi esterni di pertinenza del palazzo: il cortile a rizzada, intorno al quale corrono i portici settecenteschi, nel quale si apre una modernissima scala in cemento armato che conduce ai piani sotterranei, e il giardino, avvolto dai moderni palazzi di via fratelli Gabba, su cui si affaccia anche l’Osservatorio di Brera.
Il palazzo, dal 1972 proprietà dello Stato, dopo oltre 40 anni di lavori è stato inaugurato l’11 aprile 2018; verrà aperto al pubblico durante il Salone del Mobile, dal 18 al 20 aprile, con visite guidate (dalle 17.30 alle 20); poi verranno effettuati i necessari collaudi e, presumibilmente in giugno, sarà consegnato alla Pinacoteca di Brera che dovrebbe trasferire in questa nuova sede le collezioni del Novecento e/o allestirvi esposizioni temporanee, come previsto dal progetto iniziale.
Si tratta di 6.500 metri quadri di spazio; una successione di ambienti molto diversi tra loro: una scala modernissima, a rampe a forbice; sale contraddistinte dai soffitti a cassettoni in calcestruzzo ed altre coperte a shed; sale storiche con dipinti murali (a tempera) e stucchi settecenteschi o con grandi specchi; sale sotterranee in cemento armato, bagno (elegantissimo) con pareti e pavimenti in marmo (anni Settanta?). E un giardino in cui si può passeggiare percorrendo le scalinate costruite con materiali di recupero che salgono sulla montagnola di aiuole (la “collina di Ermes”), costeggiando il “muro longobardo” costruito (anch’esso con materiali di recupero) da Mimmo Paladino.
Contrasti fortissimi in qualunque senso si proceda nella visita (dalle sale storiche a quelle moderne o viceversa; dal cortile/giardino all’interno o viceversa) eppure non sgradevoli, non fastidiosi: visitare il palazzo è come fare un viaggio nel tempo, accostandosi a gusti e...
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