Esame per Prefit II Psicologia degli aspetti affettivi e relazionali della gestione del gruppo classe. 26 maggio 2018 Arrivo al parcheggio alle 7.45. Arrivo davanti all’aula 32 per l’identificazione alle 7.55. Decine di persone aspettano davanti a una scrivania con sopra uno scatolone con la scritta PREFIT II; un’assistente parla senza microfono a una platea non silenziosa. Dopo le 8.10 iniziano le identificazioni, in ritardo. Vengono spiegate, “sperando” che tutti sentano, le modalità di identificazione. Veniamo identificati e ci troviamo in 100 in aula alle 9.20 (un’ora e 10 minuti per identificare 100 persone o poco meno). 4 persone hanno avuto disguidi legati alla registrazione, quindi si deve continuare ad aspettare. Alle 9.30 le assistenti iniziano la spiegazione delle modalità d'esame. Soltanto in questo momento viene detto: “potete consegnare le prove solo alla conclusione dei 60 minuti”. Quindi nel caso in cui qualcuno avesse finito la prova in 30 minuti avrebbe dovuto attendere 30 minuti guardando nel vuoto. Tale comunicazione non ha forse causato nessun disguido a chi ha avuto problemi di iscrizione, ma a chi si è comportato secondo le regole, iscrivendosi per tempo e arrivando in orario, sì. Dal momento che l’esame è iniziato alle 9.40 e io, avendo parcheggiato alle 7.45, ho pagato per un parchimetro fino alle 10.37 (2 ore e 52 minuti), concludendosi alle 10.40 l’esame, io avrei potuto subire una multa a causa del parcheggio. Dopo aver concluso la mia prova, ragiono su questi argomenti e mi rendo conto del mio ritardo sul parcheggio. Vado dall'assistente e comunico la questione. Lei dice che DEVO ritirarmi, se voglio uscire dall'aula. DEVO firmare il ritiro. Non vorrei firmare un ritiro dato che l’esame l’ho svolto, ma devo firmare per forza, altrimenti non posso andare via. Non possono restituirmi il mio telefono se non firmo il ritiro. Per me è una firma estorta, ma non sono un giurista, forse mi sbaglio. Mentre firmo, l’assistente sorridendo mi dice “io al posto suo avrei rischiato la multa”. Io credo che in un ambiente educativo come quello universitario non sia una buona idea il consigliare un atteggiamento di cattivo senso civico. Ma forse mi sbaglio. Quindi comunico che farò un reclamo. Vengo allora invitato a parlare con le due professoresse. Vorrei parlare con loro fuori dall’aula per non disturbare i colleghi, ma loro preferiscono parlare in aula. Inizio a spiegare le mie ragioni, ma dopo poco tempo mi interrompono e, incalzandomi alzando la voce, dicono che loro a lezione avevano comunicato la possibilità di tali disagi. Provo a spiegare che io non sono frequentante, che ho il diritto che mi venga comunicata un’informazione di questo tipo in altro modo, ma a loro non interessa. Una volta compreso che le professoresse dell’esame di psicologia “degli aspetti affettivi e relazionali della gestione del gruppo classe” non hanno intenzione di ASCOLTARE, dico “vorrei andar via”; loro rispondono quasi all’unisono “Ecco, vada!”. Credo che si potesse organizzare meglio un esame per 100 persone. Perché anche se il corso era di 1000 persone, è stato suddiviso in classi da 100. E ogni 100 persone c’erano 3 assistenti. (Posso sbagliare con questi numeri, non conosco l’organizzazione delle altre classi ma suppongo che la nostra non fosse privilegiata dato che è stata una delle ultime a iniziare l’esame). Ho sostenuto più di 30 esami scritti presso l'Università degli Studi di Torino e non mi sono mai trovato in condizioni organizzative di questo tipo. Il mio consiglio è di rivedere tali processi. Ammetto che potrei sbagliarmi, e che forse l’organizzazione di tale esame è stata impeccabile. Forse sono io che avrei dovuto pagare un parchimetro di 12 ore. Forse la comunicazione online è sopravvalutata e si dovrebbe tornare alla carta. Chiedo scusa per lo sfogo e auguro una buona...
Read moreIl Castello del Valentino è un un edificio storico di Torino situato nell'ononimo Parco del Valentino sulle rive del Po e patrimonio dell'umanità come elemento parte del sito UNESCO, Residenze Sabaude. Acquistato come Casina di caccia dal Duca Emanuele Filiberto di Savoia, che iniziò i lavori di trasformazione, passò, alla sua morte, all'erede Carlo Emanuele I, sposo poi di Caterina d'Austria. Carlo Emanuele I dono', con il matrimonio del figlio Vittorio Amedeo I di Savoia, il Castello alla nuora Maria Cristina di Borbone, figlia del Re di Francia Enrico IV. Alla morte del marito, divenuta reggente del Ducato, prima Madama Reale, si occupò della trasformazione della dimora che assunse la sua forma attuale su progetto di Carlo ed Amedeo Castellamonte. Dopo vicissitudini varie e una importante trasformazione nel XIX in previsione della VI Esposizione Nazionale dei Prodotti per l'industria. Nel 1869, infine, divenne sede ufficiale della Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri ed oggi è proprietà del Politecnico di Torino ed ospita i corsi di laurea in Architettura. L'edificio è caratterizzato da una sala a PT, detta Sala delle Colonne che riceve gli saloni di entrata, lato Po, quando la facciata principale era proprio quella, che divenne secondaria dopo la trasformazione dell'edificio in concomitanza con l'esposizione. All'uscita, lato città, di questa sala due scaloni simmetrici portano al 1* piano ai due appartamenti che si di dipartono dal Salone centrale delle feste: l'appartamento d'oro verso sud occupato dalla Madama Reale, l'appartamento bianco verso nord occupato dal marito. L'appartamento d'oro è costituito da 5 stanze: "Verde", "Delle Rose", "Dello Zodiaco", "Della Nascita dei Fiori", "Dei Gigli" e "Dal Gabinetto dei Fiori Indorato". L'appartamento bianco, anch'esso è costituito da 5 stanze ossia: "Della Guerra", "Del Negozio", "Delle Magnificenze", "Della Caccia", "Delle Feste" ed infine "Il Gabinetto delle Fatiche d'Ercole. Tutte le stanze dell'appartamento della Madama Reale sono ricche di affreschi di tipo floreali ed alchemici, mentre querele del Duca sono ricche di stucchi veramente belli ed interessanti. Ritengo che questa dimora meriti anche più di una visita per cogliere meglio le...
Read moreSono iscritto all'università di Torino da non frequentante. Se ci state pensando anche voi, lasciate perdere. Gettate la spugna, iscrivetevi all'università popolare dove sono più organizzati, iscrivetevi a un corso online erogato da Coursera o chi per loro, dove la passione non manca. Sono in linea con gli esami, ho una buona media, faccio i salti mortali perchè vivo e lavoro in un'altra città. Non vorrei essere privilegiato per questo, ma nemmeno penalizzato. In questi tre anni l'università ha rappresentato una lotta costante per qualsiasi cosa: lo studio è sì un diritto, ma la burocrazia universitaria una fatica. Sì, lo so, è una cosa che si sente dire anche troppo: ma è vera! Lasciatemi dire che, da lavoratore a contatto con le persone, se svolgessi il mio lavoro come lo svolge la segreteria o la maggior parte dei professori (si parla del polo linguistico) sarei licenziato in tempo zero. Ci sono alcuni professori validissimi, che ti seguono, ti incoraggiano, apprezzano l'interesse trasversale e collaterale alla materia.. Tolti quei due, ci sono tutti gli altri. Svogliati, incapaci di rispondere ad una mail se non con un "deve rivolgersi alla segreteria" o "non è di mia competenza". Vivere l'università di Torino, soprattutto da non frequentante, non è una sfida è una lotta all'ultimo sangue. La segreteria è gestita da non si capisce bene chi, c'è un'unica persona in grado di risolvere i problemi (grandissima signora Anna non la ringrazierò mai abbastanza) mentre gli altri sembrano messi lì per caso, come se un giorno avessero preso 10 persone per strada e avessero chiesto loro "sai rispondere al telefono?" e loro avessero risposto di no. La professionalità di alcuni professori si perde in piccolezze, disorganizzati a livelli che mi fa paura l'idea che sono loro a doverci formare. Non so dove troverò la forza di continuare e prendere questa laurea: con me quest'università ha fallito su...
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