IL PALAZZO DI TEODERICO
In questo edifico si conservano frammenti di mosaico pavimentale provenienti dall' area del palazzo di Teoderico. Questo severo rudere non è infatti la presunta dimora del re goto ma è interpretato da alcuni studiosi come il nartece antistate la chiesa di San Salvatore (VIII-IX secolo), una grande costruzione a tre navate i cui mori poggiano su altri muri più larghi di un edificio antecedente che, secondo le ipotesi più accreditate, deve essere messo in relazione con la reggia teodericiana. Secondo le fonti letterarie il complesso palaziale era ubicato in prossimità della cinta muraria; costituiva probabilmente l'ampliamento del palazzo imperiale di Valentiniano III. Una vasta indagine archeologica condotta da G. Ghirardini all'inizio del XX secolo a sud-est della chiesa palatina di Teoderico, dedicata dal IX secolo a Sant' Apollinare Nuovo, ha messo in luce numerosi mosaici pavimentali di almeno quattro fasi edilizie e altri materiali ora conservati presso il Museo Nazionale di Ravenna. Le pavimentazioni musive rinvenute hanno permesso di riconoscere un vano monoabsidato una sala da pranzo ufficiale (triclinio) a tre absidi, ambienti termali e altre stanze residenziali e di servizio. All'interno del triclinio (5) doveva trovarsi, in particolare, un tappeto musivo figurato con Bellerofonte sul cavallo alato Pegaso nell'atto di uccidere la Chimera, circondato dalle personificazioni delle Stagioni. Delle quattro fasi edilizie la prima, attestata nel settore meridionale del complesso, è precedente a Teoderico e si data a partire dal I secolo d.C. Per questo livello preteodericiano si ipotizza un'attribuzione delle strutture alla dimora del pretore o del Prefectus Classis Ravennatis. A seguito della riconquista bizantina del 540 il complesso divenne sede degli Esarchi. Rimase sicuramente in uso fino al 751, essendovi attestata in quell'anno la temporanea presenza del re longobardo Astolfo. Alla fine dell'VIII secolo papa. Adriano lo concesse a Carlo Magno di asportare dal palazzo decorazioni e materiali parietali e pavimentali destinati alla costruzione della dimora imperiale di Aquisgrana (Aachen, Germania).
I MOSAICI DEL PALAZZO DI TEODERICO
MOSAICO n. 8 dal portico A'- frammento n. 2 Il portico, largo m. 5,80, fu esplorato per una lunghezza di m. 28. Ne sono conservati 4 frammenti. Le tessere piccole e ben tagliate sono di nero d'Italia e bianco d'Istria. Nel frammento esposto (n. 2), la balza marginale è a filari obliqui di tessere nere. Corrono in senso rettilineo solo i due filari a contatto con la cornice costituita da una fascia bianca di cinque file di tessere e da una nera di quattro. Il resto dell'ordito, in campo bianco, è obliquo.
MOSAICO n. 9 soglia tra le stanze Ce D' La decorazione geometrica di questo pannello a fondo bianco è costituita da esagoni adiacenti delineati da un filare di tessere nere. L'incorniciatura è data da un listello nero di quattro file di tessere.
MOSAICO n. 10 dal portico A'- frammenti nn. 7-10 Scena di caccia al cinghiale. Della rappresentazione rimangono un largo tratto marginale e parzialmente alcune figure centrali. Sono parte di un'unica grande decorazione musiva a cui appartengono anche i frammenti 4 e 6 del mosaico n. 11.
MOSAICO n. 11 dal portico A'- frammenti nn. 4-6 (metà del V secolo) Scena di caccia al cinghiale. Si riallaccia al mosaico n. 10. Al centro di un motivo a rete ci doveva essere la successione, molto lacunosa, di tre cavalieri all'inseguimento di altrettante fiere.
MOSAICO n. 12 dal portico A' - frammento n. 1 Costituiva il rinfascio lungo il lato meridionale del tessellato figurato. La decorazione della fascia è data dal succedersi di motivi a diamante su un fondo diversamente colorato dove si compongono...
Read moreCon il nome di Palazzo di Teoderico si fa comunemente riferimento ai resti architettonici prospicienti l’attuale via di Roma, situati in prossimità della chiesa di Sant'Apollinare Nuovo. Quest'area fu oggetto di studio a partire dalla metà del diciannovesimo secolo, a seguito del rinvenimento fortuito di alcuni tratti pavimentali a mosaico.
Secondo alcuni studiosi l’edificio sarebbe il resto di un corpo di guardia (VII-VIII secolo) costruito per sorvegliare l’accesso al palazzo al tempo in cui era abitato dagli esarchi (così erano denominati i governatori delle provincie italiane su mandato dell’imperatore di Bisanzio). La fabbrica doveva imitare un analogo edificio di Costantinopoli chiamato Calce (ossia bronzo) per la sua monumentale porta bronzea e da qui scaturirebbe la denominazione di Calce o ad Calchi per l’edificio ravennate. Secondo altri, invece, si tratterebbe dei resti dell’atrio-porticato (ardica) antistante la chiesa di San Salvatore ad Calchi. Questo edificio di culto, documentato nelle fonti medievali e ubicato in prossimità dell’ingresso del palazzo e della chiesa di Sant'Apollinare Nuovo, risulta quasi del tutto distrutto in un documento del 1503.
Attualmente, attraverso una scala a chiocciola, inserita nella torre rotonda che fiancheggia la porta sul lato est, è possibile accedere alla sala superiore dove sono stati collocati in più riprese, e a partire dalla fine del secolo scorso, numerosi tratti di pavimentazioni musive rinvenute e distaccate durante le campagne di scavi archeologici nell’area del palazzo imperiale teodoriciano. Frammenti musivi si trovano anche al pianterreno nella stretta...
Read moreIl Palazzo di Teodorico, o meglio ciò che resta di esso, si presenta come un frammento di storia incastonato nel tessuto urbano di Ravenna. La sua facciata, con arcate in mattoni e una nicchia absidata, conserva un’austerità che sembra portare con sé il peso del tempo. È un luogo che incuriosisce, ma che lascia anche con la sensazione di un enigma irrisolto. L’edificio, situato proprio di fronte alla Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, è legato alla figura di Teodorico, il re ostrogoto che governò Ravenna nel VI secolo. Tuttavia, gli studi suggeriscono che le strutture visibili oggi siano più tarde, risalenti al periodo bizantino. L’idea di un palazzo regale, con le sue sale sontuose e i suoi mosaici, resta quindi più un’ipotesi evocativa che una certezza. Osservarlo dall’esterno significa immaginare, ricostruire mentalmente ciò che poteva essere, lasciandosi trasportare dalla suggestione della storia. Nonostante l’imponenza della facciata, è difficile non percepire un senso di incompletezza, come se il tempo avesse cancellato troppe tracce, lasciandoci solo un indizio di ciò che fu. Un luogo che affascina, ma che richiede più immaginazione...
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