ponte romano meglio conservato, il Fabricio, fu costruito nel 62 a.C., in sostituzione di una più antica struttura lignea già esistente, secondo quanto dice Livio, nel 192 a.C. ma sicuramente antecedente.
Era infatti necessaria per raggiungere l’isola, dove nel 291 a.C., era stato dedicato il tempio ad Esculapio. Il nome del costruttore è ripetuto quattro volte nelle ghiere degli archi L(ucius) Fabricius G ( aii) f ( ilius) cur ( ator) via ( rum) faciundumcoeravit; nell’arcata di piena del pilone centrale è inciso: idemqueprobavit:
Il ponte, danneggiato presumibilmente da due inondazioni rimaste famose per la loro gravità, nel 23 e 22 a.C., fu restaurato nel 21 a.C. ad opera di M. Lollio e Q. Lepido, com’è ricordato in due iscrizioni, incise al di sotto delle epigrafi di Fabricio, nei due fianchi dell’arcata di terra .M ( arcus) Lollius M ( arcii) f ( ilius) Q ( uintus ) Lepidus M ( anii) f ( ilius ) co ( n) s ( ules) ex s( enatus) C ( onsulto) probaverunt.
Subì sicuramente alcuni interventi di restauro e manutenzione in età imperiale, com’è comprovato dai tipi di cementizio rinvenuti nel corso dei recenti lavori di restauro.
Fu restaurato dal papa Eugenio IV nel 1447 e, nuovamente, nel 1679 ad opera di Innocenzo XI che provvide al consolidamento della struttura e al rifacimento dei parapetti, com’è ricordato nell’iscrizione inserita nel muro d’ala.
La costruzione consta di due fornici a sesto leggermente ribassato, inframmezzati da una grossa pila nella quale si apre l’arco di piena; molto lunghe erano le rampe che raccordavano la struttura a terra, sorretta da archi più piccoli, due specularmente uguali ai lati oltre un terzo verso il Ghetto, visti alla fine dell’800, quando furono effettuati i lavori alle sponde del fiume per la costruzione dei muraglioni e delle banchine; in seguito gli archetti furono obliterati; attualmente sono visibili due tratti delle spalle del ponte pertinenti alla parte terminale della rampa verso l’isola Tiberina, nelle cantine del ristorante Sora Lella e dell’Antico Caffè dell’Isola.
Il ponte è costruito in cementizio e opera quadrata di pietra gabina e tufo, rivestito per ampio tratto in lastre di travertino, usato anche nelle modanature architettoniche, quali le lesene che inquadrano l’arco di piena e la cornice di base del parapetto, mentre in laterizio sono gli interventi più tardi ; erme quadrifronti di marmo decorano il parapetto che in epoca romana era configurato in modo diverso, forse con balaustre metalliche.
I recenti lavori di restauro, condotti in occasione del Grande Giubileo del 2000, hanno consentito di comprendere meglio la struttura interna ed esterna del ponte: il nucleo di cementizio è completamente rivestito di grandi blocchi di travertino che pavimentano anche il piano superiore della pila nel versante a monte, mentre i piloni ed i sottarchi sono costruiti in grandi blocchi di pietra gabina.
L’analisi ravvicinata dei paramenti laterizi ha permesso di acquisire importanti risultati sull’epoca di realizzazione, essi sono infatti pertinenti ad un restauro di età moderna, forse da attribuire ai due papi già ricordati, e sugli interventi di restauro antico delle...
Read morePonte Fabricio, noto anche come ponte dei Quattro Capi o Pons Judaeorum, è un ponte di Roma sul fiume Tevere. Si tratta di uno dei due ponti della Capitale che non collega direttamente le sponde opposte del fiume: come il suo limitrofo ponte Cestio, infatti, mette in comunicazione l'Isola Tiberina con una delle due sponde, nella fattispecie quella sinistra, all'altezza di lungotevere De' Cenci. Ben conservato, è il più antico della capitale esistente nella sua composizione originaria. Misura 62 metri in lunghezza e 5,5 in larghezza. Nelle quattro arcate si trovano quattro iscrizioni che attestano la costruzione da parte di Lucio Fabricio, un curatore delle strade, nel 62 a.C., e venne restaurato dai consoli Marco Lollio e Quinto Lepido nel 23, in un'iscrizione più piccola sui due lati di una sola arcata, a causa di una piena del fiume. Sotto papa Eugenio IV il ponte fu pavimentato in lastre di travertino, mentre un'iscrizione del 1679 di papa Innocenzo XI si riferisce al rifacimento dei parapetti e al rivestimento in mattoni. Nel XVI secolo per la sua vicinanza al Ghetto fu conosciuto anche come ponte dei Giudei; nei pressi infatti si trova la chiesa di San Gregorio dove erano tenute, durante il regno pontificio, le prediche obbligatorie per gli ebrei. Una delle erme è raffigurata nel vicino monumento dedicato a Giuseppe Gioacchino Belli nel quartiere Trastevere, che mostra il poeta romanesco appoggiato al parapetto del ponte. Una leggenda popolare racconta che il nome "Quattro Capi" sia dovuto ad una profonda discordia fra quattro architetti, che, incaricati da Sisto V del restauro del ponte, finirono per passare alle vie di fatto per futili motivi e, per questo, il Papa, alla fine dei lavori, li condannò alla decapitazione sul posto facendo però erigere, a ricordo del loro lavoro, un monumento con quattro teste in un unico blocco di marmo; tuttavia è da notare che essendo presenti due erme quadrifronti, i volti raffigurati sarebbero otto. Il ponte è costituito da due arcate a sesto ribassato, con una luce di ventiquattro metri e mezzo, poggiate su un pilone mediano con una base a forma di sperone sul lato a monte, ma con forma arrotondata verso valle; sopra il pilone si apre un arco largo sei metri, con lo scopo di alleggerire la pressione delle acque durante le piene fluviali. Alle due estremità si trovavano due piccoli archi di tre metri e mezzo di larghezza, oggi però interrati. Il suo nucleo interno è composto da pietra sperone in tufo, mentre l'esterno è realizzato in travertino; la parte in mattoni si riferisce a un restauro seicentesco. Sono collocate alcune erme quadrifronti, raffiguranti Giano quadrifronte che servivano per delle balaustre probabilmente in bronzo, e che hanno motivato la denominazione moderna. Sul lato dell'isola si trova la Torre Caetani, che ne...
Read moreÈ il ponte romano meglio conservato e, insieme a Ponte Milvio, il più antico ancora in uso. Collega l’Isola Tiberina alla sponda sinistra del Tevere e fu costruito nel 62 a.C. per sostituire un precedente ponte in legno, già esistente nel 192 a.C., secondo quanto racconta lo storico Tito Livio, ma sicuramente antecedente. Quattro iscrizioni a caratteri cubitali incise sulle sue arcate ci hanno tramandato anche il nome del suo costruttore: Lucius Fabricius, all’epoca curator viarum, addetto cioè alla cura e all’amministrazione delle strade. Un’iscrizione più piccola ricorda i restauri a opera di Marco Lollio e Quinto Lepido, nel I secolo a.C., in seguito a due piene del Tevere. Il ponte subì sicuramente altri interventi in età imperiale e il poeta Orazio lo ricorda come il luogo da cui spesso si gettavano nel fiume le persone prese da disperazione. Fu poi restaurato nel 1447 da papa Eugenio IV, che lo fece pavimentare in lastre di travertino, e di nuovo nel 1679 durante il pontificato di Innocenzo XI, che provvide al consolidamento della struttura e al rifacimento dei parapetti. Le sue due grandi arcate, a sesto leggermente ribassato, poggiano su un pilone centrale, nel quale si apre un arco destinato a diminuire la pressione delle acque sulla struttura durante le piene. Il ponte è costruito in cementizio e opera quadrata di pietra gabina e tufo ed è rivestito per un ampio tratto in lastre di travertino. La parte in mattoni è riconducibile ai restauri seicenteschi. Il parapetto è decorato da erme quadrifronti di marmo, da cui deriva la denominazione moderna di Ponte dei Quattro Capi, attestata già ai primi del Cinquecento. Secondo una leggenda popolare, le erme all’ingresso del ponte sarebbero il ricordo dei quattro architetti incaricati da papa Sisto V di restaurare il ponte. Entrati in conflitto e passati alle vie di fatto per futili motivi, alla fine dei lavori vennero fatti decapitare sul posto dal pontefice, che fece erigere un monumento a quattro teste in un unico blocco di marmo, obbligando i quattro a un eterno stretto contatto. Una delle erme è raffigurata nel vicino monumento dedicato a Giuseppe Gioacchino Belli nel rione Trastevere, che mostra il poeta romanesco appoggiato al parapetto del ponte. Quando la comunità ebraica occupò la zona sulla sinistra del Tevere, il ponte fu detto anche dei Giudei. Nei suoi pressi si trova anche la chiesa di San Gregorio dove erano tenute, durante il regno pontificio, le prediche obbligatorie...
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