In età romana gli ingressi allo spazio urbano, i punti di passaggio dall’esterno all’interno, avevano una loro autonomia architettonica che spesso corrispondeva anche a un’evoluzione del tutto separata da quella delle cortine murarie. In diversi casi, come probabilmente è accaduto ad Augusta Taurinorum, la porta poteva essere costruita ben prima che si elevasse la cinta muraria, con il solo scopo di monumentalizzare l’ingresso allo spazio urbano. Verso la fine dell’età repubblicana si fa largo la porta con cavedio, trattasi di porte doppie con un cortile aperto centrale e il lato verso l’esterno chiuso da una saracinesca o da battenti; alte torri laterali poligonali fungevano da rinforzo prima solo della cortina esterna e poi anche di quella interna. Il cortile interno, circondato da alte mura, aveva la funzione di monumentale vestibolo d’ingresso alla città, posto di controllo e probabilmente di riscossione dei dazi, e di eventuale trappola per gli assedianti che fossero riusciti a forzare la prima porta.La struttura è del tutto simile a quella della porta ”Decumana” inglobata in Palazzo Madama: due torri a sedici lati, alte ancora oggi più di trenta metri, erette su una base quadrata, affiancano un corpo centrale lungo circa venti metri nel quale si aprono due fornici carrai centrali e due più piccoli fornici pedonali laterali. Nel corpo centrale (interturrio) si trovano due ordini sovrapposti di finestre, ad arco il primo e con piattabanda piana il secondo. Le torri, oggi vuote, conservano all’interno le tracce dei solai originali in legno; quattro ordini di finestre ad arco si aprono su lati alterni. Sulle pareti interne dei passaggi sono ancora visibili le guide di scorrimento delle grate di chiusura delle porte, che venivano manovrate dal piano superiore. La muratura ha paramenti esterni in mattoni sesquipedali e un conglomerato interno di ciottoli e malta; a intervalli regolari il piano è segnato da un corso di mattoni. Mentre la facciata interna è liscia, motivi decorativi architettonici movimentano quella esterna: i fornici sono delimitati in alto da una fascia di pietra chiara e da una cornice aggettante con gocciolatoio a dentelli. Alla facciata interna era addossato il cavaedium, l’avancorpo quadrato a corte interna aperta che monumentalizzava l’ingresso in città; le poche tracce superstiti fanno ipotizzare una profondità di circa dodici metri. La porta mantiene a lungo la sua funzione, anche se sembra sia stata trasformata in castrum già nell’XI secolo. Nel XII secolo è nota come porta Doranea o Doranica, mentre il suo nome attuale si impone probabilmente verso la fine del secolo seguente. All’inizio del XV secolo viene completata da merli a scopo difensivo. Il cavaedium sembra non esistere più già nel XVI secolo, ma la porta continua a funzionare, se pure con un solo fornice percorribile, fino all’inizio del XVIII secolo. Le ristrutturazioni settecentesche e il completamento della nuova cortina difensiva modificano radicalmente l’assetto urbanistico dell’area e la porta perde il suo ruolo di via di accesso alla città. Nel 1724 il re Vittorio Amedeo II (1666-1733) cede la porta e gli edifici che nel tempo le si erano addossati al comune, che trasforma il complesso in carcere. Già nel 1861, avviato il progetto per la costruzione delle Carceri Nuove, il comune si interroga sulla destinazione da prevedere per il complesso ormai fatiscente della Porta Palatina. Viene deciso di liberare la struttura antica dagli edifici addossati e di riaprire i due fornici centrali. Nel 1872, con l’entrata in funzione delle Carceri Nuove, è possibile passare all’attuazione completa del progetto di restauro, realizzando anche un edificio destinato ad ospitare aule scolastiche addossato alla facciata interna. Nei primi anni del Novecento si decide di procedere alla completa liberazione del monumento antico, demolendo tutte le strutture posteriori e scavando l’area...
Read moreLa Porta Palatina, una delle più significative testimonianze dell’epoca romana a Torino, risale al I secolo a.C., faceva parte della cinta muraria della colonia Iulia Augusta Taurinorum e rappresentava l’accesso settentrionale della città lungo il cardo maximus, l’asse viario principale nord-sud. Si compone di due torri angolari alte oltre trenta metri, dotate di una base quadrata e una sezione superiore a sedici lati mentre il corpo centrale, lungo circa venti metri, ospita due grandi aperture centrali per il passaggio dei carri e due ingressi pedonali laterali. Le finestre sono disposte su due livelli: il primo con aperture ad arco, il secondo con architravi piani e i passaggi interni conservano ancora le scanalature delle antiche grate di chiusura. La muratura esterna è costituita da mattoni con un nucleo interno di ciottoli e malta e presenta decorazioni architettoniche mentre i fornici sono incorniciati da una fascia di pietra chiara. Nel corso dell’XI secolo, la Porta Palatina fu trasformata in una struttura fortificata (castrum) mantenendo la sua funzione di accesso cittadino. Nel XII secolo, era conosciuta come Porta Doranea o Doranica mentre assunse il nome attuale nel secolo successivo, forse in riferimento alla vicinanza con un palazzo reale o comunque importante. Nel XV secolo furono aggiunti elementi difensivi e, nel 1404, il Comune ordinò il rifacimento della merlatura delle torri e, nel XVI secolo, la porta rimase con una sola apertura percorribile. Durante la grande trasformazione urbanistica barocca di Torino, perse il suo ruolo di principale accesso cittadino a favore di Porta Palazzo e nel 1724 Vittorio Amedeo II, convinto dall’ingegnere militare Antonio Bertola a non demolirla, cedette la struttura al Comune che la trasformò in carcere. Durante l’età napoleonica divenne una prigione militare e successivamente un istituto di reclusione femminile. Nel XIX secolo, gli architetti Carlo Promis e Davide Bertolotti presentarono un progetto di restauro e nel 1872 iniziarono i lavori: furono demoliti gli edifici adiacenti e riaperte le due aperture centrali mentre la struttura fra le due torri fu utilizzata come scuola di musica e disegno fino a quando, nel 1903, nuovi restauri portarono alla luce le strutture antiche. Nel 1906, sotto la direzione di Alfredo d’Andrade e Cesare Bertea, furono effettuati scavi e demolizioni di aggiunte moderne ma i lavori si interruppero nuovamente nel 1915 a causa della prima guerra mondiale. Negli anni '30, abbattuti alcuni edifici antistanti per creare un ampio piazzale, furono collocate le statue bronzee di Cesare Augusto e Giulio Cesare, tradizionali fondatori di Augusta Taurinorum ed effettuati importanti restauri pur in un contesto di interventi discutibili dal punto di vista storico. Successivamente, negli anni '90, si è proceduto al consolidamento delle parti originali e di quelle aggiunte negli interventi precedenti e nel 2006, in occasione dei XX Giochi Olimpici Invernali, l'area circostante la Porta Palatina è stata trasformata in un parco archeologico. Il progetto, curato dagli architetti Aimaro Isola, Giovanni Durbiano e Luca Reinerio, ha inserito il monumento in un ampio giardino delimitato da mura e filari di alberi come una sorta di ingresso ideale alla Torino romana, testimone dell'evoluzione della città nel...
Read moreCompare nelle recensioni, ma è la narrazione di un memento. Saliamo sulla "macchina del tempo" e spostiamoci indietro di alcuni anni. Non ci sono ancora le recinzioni metalliche intorno alle torri palatine, di giorno si vedono ancora i ragazzi giocare a calcio davanti alle antiche mura dopo aver appoggiato a terra i loro indumenti in eccesso per ricavarne delle improvvisate porte. Di sera è un'altra storia, le antiche torri diventano aulico sfondo per i carretti del mercato all'aperto più grande d'Europa. Io sono più giovane e non possiedo ancora una vettura e siccome non ho i soldi per uscire con la ragazza, invento una scusa e vado al cinema, i soldi per questo sono sufficienti. Non mi può trovare, non esistono i cellulari e a casa hanno l'ordine di mentire..! uscito dal cinema dopo l'ultimo spettacolo vado a prendere il magico caffè, quello che da l'illusione che la notte continui, anche se sei alla fermata dell'autobus aspettando quello che ti riporta a casa. Edward Hopper non ha inventato niente.. La fermata è su un fianco delle torri, lato duomo. A quel tempo le auto possono ancora girarci intorno e attraversare le porte palatine, che poi sarebbe "la porta", ma l'accezione comune è al plurale. I lampioni illuminano una notte autunnale, quando, a un certo punto, eccola!..dal nulla si materializza una Ferrari..il passo è lento e il rombo, potente, è comunque rispettoso del silenzio della notte, in se non è nulla di eccezionale, ma, non so perché, questa scena si è fissata nella mia mente in maniera indelebile e, direi quasi, poetica. Insomma, è una sospensione onirica... La notte, la Ferrari che a bassa velocità attraversa i dignitosi resti di quell'imperiale passato arrivando da un notturno futuro, quasi che anche quello sconosciuto guidatore volesse gustarsi il momento, le torri palatine, i lampioni che illuminano in maniera complice la notte.. Pare che passato e presente avessero deciso di incontrarsi in quel luogo al di là del tempo... E io ci sono..! Quando il magico insieme si esaurisce, mi accorgo di non essere solo, ci sono anche un lui e una lei, con i miei stessi problemi di trasporto. Lui mi fa un cenno di approvazione, non so se per il tutto o solo per la Ferrari...ricambio... mentalmente però mi complimento con lui per l'ottima scelta della ragazza, una fata!.. Non faccio in tempo a invidiarlo che la mia mente impicciona mi ha già piazzato al suo posto, lui deve essersene accorto, così mi fingo interessato all'orario, mi accontenterò di fare un tratto di bus insieme. E invece no!.. Prendono il bus prima del mio! Così, mentre una visione rimane nei miei occhi, l'altra si perde nella notte... Qualche tempo dopo saprò che le porte palatine sono state anche carcere femminile. Più di recente, invece, mi sono accorto dei solchi nella pavimentazione romana, ancora oggi visibili, che testimoniano il passaggio di molti carri e di una vita che non c'è più.. Ecco, direi che questo luogo rappresenta una delle tante vestigia del.. "da dove veniamo"..e, se fossimo più saggi, le useremmo come lanterna per illuminare il "dove andiamo.." Anche perché la nostra specie, da quando è comparsa sulla terra, non si è distinta come "maestra di cammino"... Nel caso decideste di venire a Torino,...
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