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Senza Pretese — Restaurant in Turin

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Senza Pretese
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Via Giuseppe Garibaldi, 25, 10122 Torino TO, Italy
Palazzo Falletti di Barolo
Via delle Orfane, 7/A, 10122 Torino TO, Italy
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Via San Domenico, 11, 10122 Torino TO, Italy
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Italia, Via delle Orfane, 7/A, 10122 Torino TO, Italy
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Donburi House 丼 Stampatori - Ramen Izakaya
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Senza Pretese things to do, attractions, restaurants, events info and trip planning
Senza Pretese
ItalyPiedmontTurinSenza Pretese

Basic Info

Senza Pretese

Via Stampatori, 10, 10122 Torino TO, Italy
4.1(356)
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spot

Ratings & Description

Info

attractions: Chapel of the Merchants, Palazzo Falletti di Barolo, Museum of Oriental Art, Piazza Solferino, Palazzo Saluzzo di Paesana, Church Of Saint Francis of Assisi, MUSLI - Museo della Scuola e del Libro per l'Infanzia, Egyptian Museum, Piazza San Carlo, Santuario della Consolata, restaurants: LAO 老, Donburi House 丼 Stampatori - Ramen Izakaya, Soup & go, Le Scodelle cucina e vini, Feroza, Roses and Tea, Le Vigne, Ristorante Consorzio, Volver, Focacceria Genovese Sant'Agostino
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Chapel of the Merchants

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Open until 12:00 AM
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LAO 老

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(623)

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Donburi House 丼 Stampatori - Ramen Izakaya

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Soup & go

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Matteo NicoliniMatteo Nicolini
Cena all’hosteria senza pretese. Siamo arrivati puntuali, siamo entrati e ci è venuto incontro un cameriere che dopo aver preso il nostro nome della prenotazione delle 19:30 è stato risucchiato a fare altro - ogni tanto passava e ci diceva “arrivo subito”; lo chiameremo svicolo perché, nonostante fosse passato più volte ci è dovuto venire incontro un secondo cameriere che ci ha chiesto nuovamente se avessimo prenotato e ci ha fatti accomodare al tavolo dieci, alle 19:40. Abbiamo preso come antipasti: due supplì, un fave e pecorino ed un pane burro e alici. La panatura e la frittura dei supplì era perfetta: non erano minimamente unti e risultavano croccanti, una volta aperti il riso era ben definito in chicchi però non “telefonava”, probabilmente non è stato fritto sul momento o non era stato lasciato a temperatura ambiente a sufficienza - non sono un esperto -, invece non mi è piaciuta la sua eresia con il limone perché l’ho trovato molto coprente, non riuscivo più a sentire il formaggio né il sugo. Fave e pecorino ottime, ben bilanciate e condite, l’olio usato come condimento era ottimo, infatti ho chiesto il pane - Cerea Bakery - per fare scarpetta: deliziosa la loro accoppiata. Pane burro e alici, ottimo; il burro lavorato a spuma si stende in maniera uniforme su tutta la fetta di pane, per ogni fetta ci sono due filetti di alici per un totale di quattro filetti su due fette di pane, da piemontese direi ottime materie prime: top. Lisa e Simone hanno preso l’amatriciana, che ho assaggiato da loro: una ottima amatriciana, la pasta era al dente come da tipica tradizione romana, il pecorino era abbondante così come il sugo e il guanciale e la porzione del piatto era veramente abbondante; unico neo: a me non piace il guanciale affumicato. Come secondo abbiamo preso due polli alla cacciatore e una coda alla vaccinara: il secondo ha iniziato a mettermi in crisi. Il pollo alla cacciatora non era cotto in maniera uniforme, c’erano alcune parti più rosate che sapevano di cottura non uniforme e crudo e il pollo non sapeva di nulla, si sentiva solo il gusto delle olive nel sugo che era molto ristretto ma non aveva corpo; era spaziale la crosticina fatta a regola d’arte nel suo avvolgere il pollo quanto insipido e non cotto in maniera uniforme, a tratti crudo, il pollo in sé e per sé. La coda alla vaccinara si presentava anche lei benissimo ma, parare personale, era molto “addomesticata”, nei ricordi della coda alla vaccinara di mia zia c’era un gusto più marcato di “coda”, non so come spiegarvelo in altro modo; cotta alla perfezione: “si taglia con un grissino”. Ho preso come contorno la cicoria ripassata: ottima, fatta bene; strizzata a dovere e ripassata egregiamente, l’ho gradita molto volentieri. Arrivando al dolce abbiamo preso una zuppa inglese e un tiramisù. La zuppa inglese è stato un colpo al cuore: NCSP, l’alchermes non si sentiva come gusto con cui è stato bagnato il pan di spagna, era solo “colorato”, le due creme sembravano più budini che crema pasticcera e crema al cioccolato. Con 3 antipasti, 2 primi, 3 secondi, 1 contorno, 2 dolci e 3 birre medie alla spina abbiamo speso 123 euro - circa 41 a testa. Penso di aver speso eccessivamente per ritrovare quello di cui sopra, non ci fossero stati il pollo non cotto in maniera uniforme, se la zuppa inglese fosse stata una vera zuppa inglese - e se l’arancino avesse “telefonato” - non avrei avuto da ridire, una spesa che paga anche “franchino” oltre alla qualità dei piatti. Coperto, acqua e pane offerti - pane ottimo, di Cerea Bakery - Il mio voto è 6 meno meno meno meno meno però pieno. P.S. Della zuppa inglese ne abbiamo parlato con Alessandro e mi ha dato ragione dicendomi che però ci sono delle evidenti necessità tecniche/preparatorie, però da amante della zuppa inglese concordava con me. Non pretendo che sia la zuppa inglese con sassolino e alchermes ma che almeno l’alchermes sia presente è un prerequisito per chiamarsi “zuppa inglese”
Alex T. PisapiaAlex T. Pisapia
Spesso rimaniamo fuorviati da luoghi fatti di trambusto e clamore e del tutto privi di classe, sostanza ma soprattutto...anima. Osteria Senza Pretese, al contrario, è un delizioso locale in un luogo meraviglioso fatto di storia, cultura, tradizione, amore per le cose che durano, è il luogo dove l'anima, il cuore e la mente dialogano tra loro tramite le emozioni trasmesse dai sapori meravigliosi, ideati dal cuore e dall'anima di un cuoco e la sua brigata che amano ciò che fanno. Questi sentori e queste emozioni si concretizzano in piatti più che speciali perché intrisi di semplicità e sentimenti ma soprattutto di TRADUZIONE. La cottura ad arte, più che perfetta, si lega perfettamente con gli ingredienti di altissima qualità che la cucina utilizza con incredibile maestria. Tutto ciò rende non comune...un piatto comune. Per Alessandro, il proprietario e per i suoi dipendenti, la cucina è una vera e propria arte, è un viaggio attraverso la vista, l’olfatto e il gusto ma soprattutto attraverso i sentimenti e le emozioni che possono nascere in coloro che gustano i sapori di un tempo, quelli semplici e genuini. La cucina di "Osteria Senza Pretese" è talento puro, è la riscoperta di una tradizione verace, tutta italiana. Emozioni dell’anima vengono avvalorate dai sorrisi e dalla gentilezza infinita di tutto il personale di sala. Il servizio è connotato da un altissmo livello professionale estremamente raro da incontrare proprio perché informale ma puntuale e preciso, sempre. I piatti del menù sono caratterizzati da un bouquet e persistenza al palato di altissima qualità e delicatezza. Un flusso continuo di sapori ed emozioni che iniziano dalla consistenza degli elementi utilizzati per poi sfociare nella perfezione dell'evoluzione al primo boccone. Due sono gli elementi predominanti: la tecnica di preparazione e le materie prime di eccelsa qualità. La tecnica è un'ampia e sapiente dimostrazione di conoscenza di cosa significhi il verbo “cucinare” per uno chef. Questo standard qualitativo permette al cliente di godere appieno dei sapori. Gli elementi secondari non vengono mai posti a coprire l'elemento principale del piatto ma lo accompagnano, sempre, in modo da permettere al palato di distinguere i sapori uno dall'altro. Gli ingredienti si rivelano decisivi nell'esaltare i sapori che, in bocca, appaiono netti, corposi ma allo stesso tempo delicati e persistenti. Ricchezza, sapiditá, dolcezza, croccantezza. Questo è il feel rouge di qualsiasi piatto si posi sulla tavola. Vino, sia bianco che rosso, egregio e perfetto per le pietanze scelte. Secco, fresco, fruttato al punto giusto, si lega in armonia con i sapori della tradizione romana, esaltandone i sapori in entrata e al fin di bocca. La mise en place è semplice e senza fronzoli ma assai delicata e discreta, fatta di colori che si abbinano perfettamente al contesto generale. La qualità dei prodotti è probabilmente tra le migliori che si possano sperimentare, perché selezionati con attenzione maniacale. Qualsiasi cosa è IMPECCABILE e scoprirete che vi sono dettagli unici che non troverete in nessun altro luogo e non sto parlando di dettagli della mise en place, bensì di dettagli che fanno la differenza tra il cucinare ed il SAPER cucinare. Vorrei poter trasportare questo luogo in ogni dove, insieme a coloro che ne fanno parte, per rendere ogni istante unico e meraviglioso. Senza dubbio il massimo che si possa desiderare ed andrà sempre ben oltre le migliori aspettative possibili. Ecco perché il ringraziamento è per quel che sarà e per quel che è già stato. Grazie di cuore, Alessandro 🙏🏾🫂
Carlo ScibiliaCarlo Scibilia
This is a place that chose its name "Senza pretese" with a pinch of understatement, but has much to give back on the surprise side. The caption beneath the restaurant name reads it all: "A popular Roman cuisine", where "popular" refers to a very short menu, which is a sign of care and quality, and one that is very tied to the Roman cuisine tradition of the owner, a Roman guy, himself a trendy food influencer, who chose to live in Torino because of the city's better quality of life. Four of us got there, without a booking, and nonetheless they accommodated us nicely, being able to serve us quite a set of samplings of their specialties, all tasty and balanced, seasoned with simple ingredients and the friendliness of the managers and owner. I had an IPA draft beer, from a Roman craft brewery, that was great: fresh, rather bitter and hoppy, as it should be, but also aromatic and scented with citrus hints, to enhance its thirst-quenching qualities. The table service was quick and, although we had to remind them about our drinks order, really friendly and nice.
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Cena all’hosteria senza pretese. Siamo arrivati puntuali, siamo entrati e ci è venuto incontro un cameriere che dopo aver preso il nostro nome della prenotazione delle 19:30 è stato risucchiato a fare altro - ogni tanto passava e ci diceva “arrivo subito”; lo chiameremo svicolo perché, nonostante fosse passato più volte ci è dovuto venire incontro un secondo cameriere che ci ha chiesto nuovamente se avessimo prenotato e ci ha fatti accomodare al tavolo dieci, alle 19:40. Abbiamo preso come antipasti: due supplì, un fave e pecorino ed un pane burro e alici. La panatura e la frittura dei supplì era perfetta: non erano minimamente unti e risultavano croccanti, una volta aperti il riso era ben definito in chicchi però non “telefonava”, probabilmente non è stato fritto sul momento o non era stato lasciato a temperatura ambiente a sufficienza - non sono un esperto -, invece non mi è piaciuta la sua eresia con il limone perché l’ho trovato molto coprente, non riuscivo più a sentire il formaggio né il sugo. Fave e pecorino ottime, ben bilanciate e condite, l’olio usato come condimento era ottimo, infatti ho chiesto il pane - Cerea Bakery - per fare scarpetta: deliziosa la loro accoppiata. Pane burro e alici, ottimo; il burro lavorato a spuma si stende in maniera uniforme su tutta la fetta di pane, per ogni fetta ci sono due filetti di alici per un totale di quattro filetti su due fette di pane, da piemontese direi ottime materie prime: top. Lisa e Simone hanno preso l’amatriciana, che ho assaggiato da loro: una ottima amatriciana, la pasta era al dente come da tipica tradizione romana, il pecorino era abbondante così come il sugo e il guanciale e la porzione del piatto era veramente abbondante; unico neo: a me non piace il guanciale affumicato. Come secondo abbiamo preso due polli alla cacciatore e una coda alla vaccinara: il secondo ha iniziato a mettermi in crisi. Il pollo alla cacciatora non era cotto in maniera uniforme, c’erano alcune parti più rosate che sapevano di cottura non uniforme e crudo e il pollo non sapeva di nulla, si sentiva solo il gusto delle olive nel sugo che era molto ristretto ma non aveva corpo; era spaziale la crosticina fatta a regola d’arte nel suo avvolgere il pollo quanto insipido e non cotto in maniera uniforme, a tratti crudo, il pollo in sé e per sé. La coda alla vaccinara si presentava anche lei benissimo ma, parare personale, era molto “addomesticata”, nei ricordi della coda alla vaccinara di mia zia c’era un gusto più marcato di “coda”, non so come spiegarvelo in altro modo; cotta alla perfezione: “si taglia con un grissino”. Ho preso come contorno la cicoria ripassata: ottima, fatta bene; strizzata a dovere e ripassata egregiamente, l’ho gradita molto volentieri. Arrivando al dolce abbiamo preso una zuppa inglese e un tiramisù. La zuppa inglese è stato un colpo al cuore: NCSP, l’alchermes non si sentiva come gusto con cui è stato bagnato il pan di spagna, era solo “colorato”, le due creme sembravano più budini che crema pasticcera e crema al cioccolato. Con 3 antipasti, 2 primi, 3 secondi, 1 contorno, 2 dolci e 3 birre medie alla spina abbiamo speso 123 euro - circa 41 a testa. Penso di aver speso eccessivamente per ritrovare quello di cui sopra, non ci fossero stati il pollo non cotto in maniera uniforme, se la zuppa inglese fosse stata una vera zuppa inglese - e se l’arancino avesse “telefonato” - non avrei avuto da ridire, una spesa che paga anche “franchino” oltre alla qualità dei piatti. Coperto, acqua e pane offerti - pane ottimo, di Cerea Bakery - Il mio voto è 6 meno meno meno meno meno però pieno. P.S. Della zuppa inglese ne abbiamo parlato con Alessandro e mi ha dato ragione dicendomi che però ci sono delle evidenti necessità tecniche/preparatorie, però da amante della zuppa inglese concordava con me. Non pretendo che sia la zuppa inglese con sassolino e alchermes ma che almeno l’alchermes sia presente è un prerequisito per chiamarsi “zuppa inglese”
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Carlo Scibilia

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Cena all’hosteria senza pretese. Siamo arrivati puntuali, siamo entrati e ci è venuto incontro un cameriere che dopo aver preso il nostro nome della prenotazione delle 19:30 è stato risucchiato a fare altro - ogni tanto passava e ci diceva “arrivo subito”; lo chiameremo svicolo perché, nonostante fosse passato più volte ci è dovuto venire incontro un secondo cameriere che ci ha chiesto nuovamente se avessimo prenotato e ci ha fatti accomodare al tavolo dieci, alle 19:40. Abbiamo preso come antipasti: due supplì, un fave e pecorino ed un pane burro e alici. La panatura e la frittura dei supplì era perfetta: non erano minimamente unti e risultavano croccanti, una volta aperti il riso era ben definito in chicchi però non “telefonava”, probabilmente non è stato fritto sul momento o non era stato lasciato a temperatura ambiente a sufficienza - non sono un esperto -, invece non mi è piaciuta la sua eresia con il limone perché l’ho trovato molto coprente, non riuscivo più a sentire il formaggio né il sugo. Fave e pecorino ottime, ben bilanciate e condite, l’olio usato come condimento era ottimo, infatti ho chiesto il pane - Cerea Bakery - per fare scarpetta: deliziosa la loro accoppiata. Pane burro e alici, ottimo; il burro lavorato a spuma si stende in maniera uniforme su tutta la fetta di pane, per ogni fetta ci sono due filetti di alici per un totale di quattro filetti su due fette di pane, da piemontese direi ottime materie prime: top. Lisa e Simone hanno preso l’amatriciana, che ho assaggiato da loro: una ottima amatriciana, la pasta era al dente come da tipica tradizione romana, il pecorino era abbondante così come il sugo e il guanciale e la porzione del piatto era veramente abbondante; unico neo: a me non piace il guanciale affumicato. Come secondo abbiamo preso due polli alla cacciatore e una coda alla vaccinara: il secondo ha iniziato a mettermi in crisi. Il pollo alla cacciatora non era cotto in maniera uniforme, c’erano alcune parti più rosate che sapevano di cottura non uniforme e crudo e il pollo non sapeva di nulla, si sentiva solo il gusto delle olive nel sugo che era molto ristretto ma non aveva corpo; era spaziale la crosticina fatta a regola d’arte nel suo avvolgere il pollo quanto insipido e non cotto in maniera uniforme, a tratti crudo, il pollo in sé e per sé. La coda alla vaccinara si presentava anche lei benissimo ma, parare personale, era molto “addomesticata”, nei ricordi della coda alla vaccinara di mia zia c’era un gusto più marcato di “coda”, non so come spiegarvelo in altro modo; cotta alla perfezione: “si taglia con un grissino”. Ho preso come contorno la cicoria ripassata: ottima, fatta bene; strizzata a dovere e ripassata egregiamente, l’ho gradita molto volentieri. Arrivando al dolce abbiamo preso una zuppa inglese e un tiramisù. La zuppa inglese è stato un colpo al cuore: NCSP, l’alchermes non si sentiva come gusto con cui è stato bagnato il pan di spagna, era solo “colorato”, le due creme sembravano più budini che crema pasticcera e crema al cioccolato. Con 3 antipasti, 2 primi, 3 secondi, 1 contorno, 2 dolci e 3 birre medie alla spina abbiamo speso 123 euro - circa 41 a testa. Penso di aver speso eccessivamente per ritrovare quello di cui sopra, non ci fossero stati il pollo non cotto in maniera uniforme, se la zuppa inglese fosse stata una vera zuppa inglese - e se l’arancino avesse “telefonato” - non avrei avuto da ridire, una spesa che paga anche “franchino” oltre alla qualità dei piatti. Coperto, acqua e pane offerti - pane ottimo, di Cerea Bakery -

Il mio voto è 6 meno meno meno meno meno però pieno.

P.S. Della zuppa inglese ne abbiamo parlato con Alessandro e mi ha dato ragione dicendomi che però ci sono delle evidenti necessità tecniche/preparatorie, però da amante della zuppa inglese concordava con me. Non pretendo che sia la zuppa inglese con sassolino e alchermes ma che almeno l’alchermes sia presente è un prerequisito per chiamarsi...

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5.0
33w

Spesso rimaniamo fuorviati da luoghi fatti di trambusto e clamore e del tutto privi di classe, sostanza ma soprattutto...anima. Osteria Senza Pretese, al contrario, è un delizioso locale in un luogo meraviglioso fatto di storia, cultura, tradizione, amore per le cose che durano, è il luogo dove l'anima, il cuore e la mente dialogano tra loro tramite le emozioni trasmesse dai sapori meravigliosi, ideati dal cuore e dall'anima di un cuoco e la sua brigata che amano ciò che fanno. Questi sentori e queste emozioni si concretizzano in piatti più che speciali perché intrisi di semplicità e sentimenti ma soprattutto di TRADUZIONE. La cottura ad arte, più che perfetta, si lega perfettamente con gli ingredienti di altissima qualità che la cucina utilizza con incredibile maestria. Tutto ciò rende non comune...un piatto comune. Per Alessandro, il proprietario e per i suoi dipendenti, la cucina è una vera e propria arte, è un viaggio attraverso la vista, l’olfatto e il gusto ma soprattutto attraverso i sentimenti e le emozioni che possono nascere in coloro che gustano i sapori di un tempo, quelli semplici e genuini. La cucina di "Osteria Senza Pretese" è talento puro, è la riscoperta di una tradizione verace, tutta italiana. Emozioni dell’anima vengono avvalorate dai sorrisi e dalla gentilezza infinita di tutto il personale di sala. Il servizio è connotato da un altissmo livello professionale estremamente raro da incontrare proprio perché informale ma puntuale e preciso, sempre. I piatti del menù sono caratterizzati da un bouquet e persistenza al palato di altissima qualità e delicatezza. Un flusso continuo di sapori ed emozioni che iniziano dalla consistenza degli elementi utilizzati per poi sfociare nella perfezione dell'evoluzione al primo boccone. Due sono gli elementi predominanti: la tecnica di preparazione e le materie prime di eccelsa qualità. La tecnica è un'ampia e sapiente dimostrazione di conoscenza di cosa significhi il verbo “cucinare” per uno chef. Questo standard qualitativo permette al cliente di godere appieno dei sapori. Gli elementi secondari non vengono mai posti a coprire l'elemento principale del piatto ma lo accompagnano, sempre, in modo da permettere al palato di distinguere i sapori uno dall'altro. Gli ingredienti si rivelano decisivi nell'esaltare i sapori che, in bocca, appaiono netti, corposi ma allo stesso tempo delicati e persistenti. Ricchezza, sapiditá, dolcezza, croccantezza. Questo è il feel rouge di qualsiasi piatto si posi sulla tavola. Vino, sia bianco che rosso, egregio e perfetto per le pietanze scelte. Secco, fresco, fruttato al punto giusto, si lega in armonia con i sapori della tradizione romana, esaltandone i sapori in entrata e al fin di bocca. La mise en place è semplice e senza fronzoli ma assai delicata e discreta, fatta di colori che si abbinano perfettamente al contesto generale. La qualità dei prodotti è probabilmente tra le migliori che si possano sperimentare, perché selezionati con attenzione maniacale. Qualsiasi cosa è IMPECCABILE e scoprirete che vi sono dettagli unici che non troverete in nessun altro luogo e non sto parlando di dettagli della mise en place, bensì di dettagli che fanno la differenza tra il cucinare ed il SAPER cucinare. Vorrei poter trasportare questo luogo in ogni dove, insieme a coloro che ne fanno parte, per rendere ogni istante unico e meraviglioso. Senza dubbio il massimo che si possa desiderare ed andrà sempre ben oltre le migliori aspettative possibili. Ecco perché il ringraziamento è per quel che sarà e per quel che è già stato.

Grazie di cuore,...

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5.0
35w

This is a place that chose its name "Senza pretese" with a pinch of understatement, but has much to give back on the surprise side. The caption beneath the restaurant name reads it all: "A popular Roman cuisine", where "popular" refers to a very short menu, which is a sign of care and quality, and one that is very tied to the Roman cuisine tradition of the owner, a Roman guy, himself a trendy food influencer, who chose to live in Torino because of the city's better quality of life. Four of us got there, without a booking, and nonetheless they accommodated us nicely, being able to serve us quite a set of samplings of their specialties, all tasty and balanced, seasoned with simple ingredients and the friendliness of the managers and owner. I had an IPA draft beer, from a Roman craft brewery, that was great: fresh, rather bitter and hoppy, as it should be, but also aromatic and scented with citrus hints, to enhance its thirst-quenching qualities. The table service was quick and, although we had to remind them about our drinks order, really...

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